Lopportuna
riedizione di questo importante volume di Remo
Giazotto a quasi trentanni dalla sua comparsa (1990) ha il merito di
riportare allattenzione di specialisti e appassionati un pregevole esempio di
microstoria, applicata alle vicende del Teatro alla Scala, che ha prodotto e
continua a produrre mirabili frutti. Dobbiamo quindi essere riconoscenti a uno
studioso controverso ma di indubbia statura come Giazotto: autore del falso
darte Adagio di Albinoni e di lavori documentari non sempre verificabili in
archivio, ha licenziato contributi di ricerca che sono ancora oggi dei punti di
riferimento imprescindibili. Dalla monografia albinoniana (1945), su cui poi si
è impiantata in buona parte quella di Michael
Talbot (1990), ai pionieristici studi sulle vicende amministrative dei
palchi dei teatri veneziani tra Sei e Settecento, confluite in un fortunato
trittico uscito a stampa negli anni Sessanta del secolo scorso (La guerra dei palchi in tre “puntate”
per la «Nuova rivista musicale italiana»).
La
riproposta di questo basilare lavoro del musicologo e musicista romano,
lanciata intelligentemente in concomitanza con la bella mostra Nei palchi della Scala su indagini archivistiche
di Franco Pulcini (visitabile on
line), offre il destro per ripensare lopera giazottiana nel più ampio contesto della ricerca storiografica, oltre
che di quella relativa al teatro del Piermarini.
Uno sguardo ancora “parlante”, quello di Giazotto, che sul cammino tracciato
dalla “nuova storia” vaglia con acribia le più diverse tipologie documentali,
costruendo pazientemente una trama impastata con la polvere dellarchivio.
Cronache manoscritte, avvisi, epistolari, contratti, capitolati, registri
contabili, atti notarili e giudiziari attinti di prima mano alla Biblioteca
Trivulziana e in altri luoghi di ricerca della città meneghina si incastrano
perfettamente con le cronologie degli spettacoli, i manifesti ministeriali, i
diari dei viaggiatori, gli articoli di giornale. Ne risulta un mosaico brillantemente
orchestrato che lautore dimostra di saper leggere e interpretare con
correttezza, sia pure talvolta forzando un po la mano a favore di un innato
piglio romanzesco.
Fedele
a sé stesso e al suo credo storiografico, Giazotto rinuncia al glamour del palcoscenico preferendo
intrufolarsi nel dietro le quinte o indugiare sul velluto cremisi dei palchi,
nella convinzione che lo spettacolo sia «anche e soprattutto la conclusione di
un insieme dintese amministrative e disciplinari, sociali e politiche» (p. 1).
Attuando una sorta di ribaltamento rispetto a una tradizione attenta alla
cronologia delle opere e agli artisti che ne fecero la fortuna, lo studioso
abbassa il punto di vista portandolo allaltezza dellimpresario dopera, sulla
scia dei buoni studi di Giovanni
Battista Cavalcaselle e di Gino
Monaldi, giù giù fino a John
Rosselli (tra i pochi citati in bibliografia). Sono loro, i cosiddetti
“appaltatori”, i protagonisti di questa storia; salvo poche eccezioni, i Rossini, i Donizetti, i Bellini, i Verdi, le Malibran, le Strepponi,
i Viganò fanno da mere comparse nel
collante narrativo diluito tra un “appalto” e laltro.
Nellofficina
dellimpresario Giazotto si muove a proprio agio, sviscerando con consumati
strumenti critici le complesse vicende degli “amministratori” della Scala dalla
fondazione del teatro sotto Maria Teresa (1778) allalba dellUnità dItalia
(1863). Da Gaetano Maldonati a Bartolomeo Merelli, passando per Angelo Petracchi, Domenico Barbaja, Carlo
Visconti di Motrone, si analizzano le parabole di titolari di appalti partiti
quasi tutti pieni di belle speranze e finiti anzitempo in un mare di debiti, messi
in ginocchio dalla lotta costante contro le ingerenze delle Direzioni del
Fisco, di Polizia e di quella Teatrale, dagli stipendi onerosissimi dei
cantanti, dalle esigenze di un pubblico, quello scaligero, difficile da accontentare.
Le “angustie” degli impresari sono tutte racchiuse nelle loro pendenze
giudiziarie, nei bilanci in rosso, nelle disperate richieste di sovvenzione e
in altre carte analoghe proposte nel saggio come nellappendice fotografica,
insieme a una più ampia documentazione di contesto su intrighi sovversivi,
manifestazioni di rivolta, incursioni poliziesche e presidi di controllo che accompagnano la turbolenta storia della Milano di questi decenni.
Al di là della scarsa
attenzione per la bibliografia e di qualche enfasi di troppo (qui più
contingentata che altrove), questo prezioso lavoro di Giazotto resta un punto
di partenza essenziale per quanti vogliano addentrarsi in quella grande macchina
sommersa che nellarco di quasi un secolo mosse i fili del «primo Teatro dEuropa» (p. 72).
di Gianluca Stefani
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