Il
regista cileno Pablo Larraín è di
casa a Venezia, che lo ha consacrato nel 2010 con Post mortem e celebrato più
recentemente con Jackie, sempre in concorso sulla
laguna. Attesissimo quindi questo suo ultimo lavoro anche per la curiosa svolta
impressa con il biopic su Jaqueline Kennedy che testimoniava la
ricerca di nuove strade dopo il grande impegno al servizio dellindagine
storica sul recente passato del suo paese (si veda anche limpressionante El club, Orso doro alla Berlinale). Sulla
strada delleclettismo si colloca questultima fatica, girotondo schnitzleriano
di amori e disamori ruotanti sul perno dellinquietudine di Emma, giovane
ballerina in crisi con il compagno coreografo a causa di unadozione finita
male. Di questa fine lei incolpa il partner, che ha pure la responsabilità di
essere sterile.
Una scena del film © Biennale Cinema 2019
Non sapremmo dire cosa succede, e perché, in questa specie di aggiornamento almodovariano delle casistiche amorose. Alla fine questa Lulu aggiornata seduce tutti, dal marito riacciuffato al pompiere incontrato per caso (o non per caso) alla di lui moglie che poi parrebbe anche essere la madre delladottato respinto. Il quale si troverà alla fine tra le braccia un fratellino nato dalla relazione del padre pompiere con lindomita protagonista. © Biennale Cinema 2019 Tra patinate scene di sesso e immaginifici incendi della città abbiamo anche cercato una possibile lettura simbolica. Non labbiamo trovata. E non abbiamo trovato nientaltro se non una stranita delusione.
È questa la maturazione di quel Larraín che avevamo tanto amato e che ci ostiniamo a considerare uno dei talenti più veri del cinema di oggi?
|