Nuovi
restauri, proiezioni di pellicole
rare e poco conosciute, incontri con registi e studiosi internazionali, ma
soprattutto esperienze di visione uniche. Questi gli ingredienti principali del festival
bolognese Il Cinema Ritrovato, che
con la sua XXXI edizione recentemente conclusa si conferma un vero e proprio
«paradiso dei cinefili» (così il suo storico direttore artistico Peter von Bagh), oltre che una delle
più importanti manifestazioni dedicate alla settima arte.
Organizzata
dalla Cineteca di Bologna, in
collaborazione con altre importanti istituzioni nazionali ed estere, la
manifestazione ha proposto ancora una volta un programma fitto e diversificato,
sviluppato questanno nellarco di nove giornate (24 giugno-2 luglio), una in
più rispetto al calendario usuale. Un numero sempre più alto di partecipanti da
tutto il mondo ha potuto scegliere da un ricco carnet di incontri e proiezioni ospitati in contemporanea nelle
storiche sale del festival: il cinema Lumière, il cinema Arlecchino, il cinema
Jolly, ma soprattutto il grande cinema allaperto allestito in Piazza Maggiore.
Ventidue le sezioni dedicate a molteplici
approfondimenti sulla storia del cinema diversificati a livello cronologico, geografico,
autoriale e tematico. Oltre agli incontri con i professionisti del restauro e
della conservazione filmica, hanno tenuto lezioni di cinema noti studiosi e
critici quali Jean Douchet, Bernard Eisenschitz, Kevin Brownlow, Adriano Aprà e Emiliano Morreale. Hanno
incontrato il pubblico registi quali Bernardo
Bertolucci, Marco Bellocchio, Dario Argento, Bill Morrison, Jacques
Rozier, Jacqueline Gozland, D. A. Pennebaker e Agnès Varda.
Blow Up di Michelangelo Antonioni (1966)
Icona maschile di questa edizione è stata Robert Mitchum, controversa star hollywoodiana celebrata con unampia rassegna e con lanteprima del documentario biografico ancora incompleto ( Nice Girls Dont Stay for Breakfast) del regista Bruce Weber. Figura femminile centrale è stata Colette (1873-1954), nota scrittrice francese, mima e attrice, alla quale è stata dedicata una sezione che ne ha fatto conoscere le molteplici collaborazioni con il mondo del cinema.
Particolarmente
ricca la storica sezione Ritrovati e
Restaurati (a cura del direttore della Cineteca di Bologna Gian
Luca Farinelli), dove sono confluiti i migliori restauri, realizzati in
tutto il mondo, sia in pellicola sia in digitale. Per il bianco e nero si
segnalano le bellissime versioni di Scarface
(Howard Hawks, 1932), Mancia competente (Ernst Lubitsch, 1932), Cenere
e diamanti (Andrzej Wajda,
1958), La verità (Henri-Georges Clouzot, 1960) e Frankenstein Jr. (Mel Brooks, 1974). Tra le pellicole a colori spiccano le nuove versioni di Blow Up (Michelangelo Antonioni, 1967), Bella
di giorno (Luis Buńuel, 1967), Il laureato (Mike Nichols, 1967), Luccello
dalle piume di cristallo (Dario
Argento, 1970), Effetto notte (François Truffaut, 1973) e La febbre del sabato sera (John Badham, 1977).
Tra le proiezioni più suggestive riservate
alle serate in Piazza Maggiore ricordiamo LAtalante
(1934), capolavoro sognante di Jean Vigo,
cui è stata dedicata unintera rassegna, cui si aggiungono alcuni capolavori
del cinema muto restaurati con laccompagnamento strumentale dal vivo. LOrchestra
del Teatro Comunale di Bologna ha eseguito le musiche sia per il prologo dellepico
La rosa sulle rotaie (Abel Gance, 1923), sia per una delle pellicole più emblematiche del
cinema davanguardia quale La corazzata
Potëmkin (Sergej M. Ejzenštejn,
1925), sia, infine, per il geniale Io e il ciclone (Charles Reisner, 1928) con Buster
Keaton. Particolarmente coinvolgente la proiezione dellesilarante commedia
Fascino biondo (King Vidor, 1930), accompagnata dalla partitura composta ad hoc da Maud Nelissen ed eseguita dalla pianista insieme a The Sprockets
Film Orchestra.
Fascino biondo di King Vidor (1928) Il vasto panorama del cinema muto è stato
indagato nella rassegna 1897 – Cinema
anno due, attraverso le vedute realizzate in America e in Inghilterra dalla
Mutoscope Biograph, le attualità ricostruite in studio da Méliès, ma soprattutto lampio materiale documentario filmato in
Europa da importanti operatori dei fratelli Lumière (Alexandre Promio, Paul Génard e Constant Girel), ma anche in Africa, in Palestina e in Giappone.
La sezione Cento anni fa – 1917 ha ripercorso mediante il cinema uno degli
anni più turbolenti del “secolo breve”: dalla Russia della Rivoluzione (Stop Sheeding Blood!, Jakov Protazanov) alle ipocrisie delle
piccole comunità nella prima pellicola di Victor
Sjöström (La
ragazza della torbiera); dalla fuga fantastica dallincubo della guerra nel
film danimazione (La guerra e il sogno
di Momi, Segundo de Chomón) fino
alla paura per il mistero e lignoto al centro di una delle prime
interpretazioni di Conrad Veidt (Fear, Robert Wiene).
Alla ricerca del colore
dei film
ha proseguito lapprofondimento
iniziato lo scorso anno sulle pellicole in Kinemacolor, primo processo di
colorazione attuato attraverso la mescolanza additiva di due filtri colorati e usato
per numerose vedute di paesaggi italiani e non. Posseduti dalla Cineteca di
Bologna e recentemente restaurati, tali film (confluiti nel cofanetto I colori ritrovati. Kinemacolor e altre
magie) sono stati mostrati in anteprima. Nella stessa sezione, i colori
accesi del Technicolor hanno brillato nei restauri di Rancho Notorious (Fritz Lang,
1952), La più grande avventura (John Ford, 1939), ma soprattutto di
alcuni dei più noti film di Douglas Sirk
prodotti dalla Universal negli anni Cinquanta: La magnifica ossessione (1954), Secondo
amore (1955) e Come le foglie al
vento (1956).
Secondo amore di Douglas Sirk (1955) Approfondimenti specifici hanno permesso di
scoprire (e riscoprire) registi quali liraniano Samuel Khachikian, autore di thriller finora mai proiettati fuori
dal suo paese; lamericano William K.
Howard, operativo a Hollywood tra gli anni Venti e Trenta; e Nicole Vedrès, autrice francese di
documentari e film di montaggio realizzati con materiali darchivio, quale Paris 1900 (1946-1948), un originale
affresco della vivace atmosfera della belle
époque parigina interrotta dallinizio del ricordato “secolo breve”. Ampio
spazio è stato dedicato ad Augusto Genina,
spesso associato ai suoi film bellici nel periodo fascista, la cui versatilità,
riscoperta da Morreale, è dimostrata da Miss
Europa (1930) e Maddalena (1954).
Degno di attenzione anche il regista tedesco Helmut Käutner, che sul finire del periodo nazista affronta la
tematica damore con un realismo venato di poesia in Sotto i ponti (1945-1948), per poi dipingere con toni più cupi la
lotta per la sopravvivenza di un paese moralmente distrutto quale la Germania
del dopoguerra (Asfalto nero, 1961). Tra le sezioni di questa edizione anche la seconda parte della rassegna dedicata alle produzioni della Universal degli anni Venti e Trenta, iniziata lo scorso anno. Inoltre sono state
approfondite cinematografie lontane nello spazio e nel tempo attraverso
carotaggi sul Film storico nel Giappone
degli anni bui, ma soprattutto su Il
cinema messicano delletà doro, dove oltre a pellicole storiche, politiche
e commedie relative allattualità, trova spazio anche un thriller drammatico
notevole per la gestione chiaroscurale e per gli echi espressionisti come I due monaci (Juan Bustillo Oro, 1934). Infine, è doveroso citare almeno la sezione
relativa al The Film Foundations World
Cinema Project promosso da Martin Scorsese e finalizzato al
sostegno delle cinematografie più fragili, che ha permesso agli spettatori di
vedere altri film “invisibili” come quello sulla resistenza delle comunità
africane al colonialismo in Sarraounia
(1986), presentato dal regista Med Hondo.
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