Endurance to erosion
Ha chiuso la quarta giornata del concorso The Brutalist di Brady Corbet. Il regista ha alle spalle una la lunga carriera attoriale, iniziata nel 2003 con lo scandalistico Thirteen e continuata con Funny Games (Haneke, 2007) e Melancholia (Lars Von Trier, 2011), per poi dedicarsi alla regia esordendo nel 2014 con Childhood of a leader, un “dramma storico” ispirato all'omonimo racconto breve di Sartre (1939). Nel 2018 partecipata alla 75a edizione della mostra del cinema di Venezia, fuori concorso, con Vox Lux, drammatico ritratto di una pop-star (Natalie Portman) che si scontra testardamente contro una realtà abbrutita da violenti sconvolgimenti.
L'infinita trama di The Brutalist ruota attorno alla carismatica figura di László Tóth (Adrien Brody), architetto ebreo di Budapest sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti e appena sbarcato a New York. Ad aprire il film è il suono di una sirena di allarme da bombardamento aereo, un grido di donna e poi un volto femminile emaciato. Sulle parole di una lettera letta ad alta voce apprendiamo la separazione di due coniugi, la presenza di una bambina e quella di un carcere sorvegliato da soldati sovietici. Nel mentre, da un ventre oscuro appare il volto di László Tóth, che brancolando si dirige verso una luce: è quella del cielo americano di cui la Statua della Libertà è la stella cometa.
Inizia qui il magistrale racconto della vita statunitense di Tóth, diviso in tre capitoli che coprono minuziosamente gli anni 1947-1960 per poi arrivare, con un salto temporale, al 1980. Dalla periferia di New York Tóth si sposta immediatamente in Pennyslvania, florida cittadina graziata dalla faticosa crescita economica dopo la Seconda guerra mondiale. Qui incontra il cugino, proprietario del negozio di mobili Miller&Sons e perfettamente integrato nella nuova cultura tanto da storpiare il proprio cognome est-europeo per adottarne uno più americano. Grazie al supporto del familiare, László inizia a lavorare disegnando mobili con forme insolite, sospeso nella straziante attesa di essere ricongiunto a sua moglie Erzsébet (Felicity Jones). La vita di Tóth cambia radicalmente dopo l'incontro, inizialmente burrascoso, con il cliente Harrison Van Buren (Guy Pearce), abbiente mecenate filantropo rimasto stregato dall'esoticità della sua persona. L'architetto immigrato trova quindi casa e lavoro nell'immensa residenza della famiglia Van Buren. Qui facoltosi amici la cui ignoranza per il resto del mondo è indolentemente cullata dal loro status sociale, si lavano la coscienza risolvendo la drammatica situazione familiare di László. Contemporaneamente Van Buren, ebbro di ammirazione per il pensiero illuminato con cui l'artista concepisce la sua arte, decide di commissionargli il Margaret Lee Von Buren Center in ricordo della madre recentemente scomparsa. Il progetto è una mastodontica città atta ad accogliere e divulgare la cultura, l'arte e lo sport. Un'opera maledetta che metterà a dura prova la sanità mentale di László e si intreccerà con la difficile ricongiunzione con la nipote Yzophia e la moglie Erzsébet, ormai in carrozzina per una forma di osteoporosi da denutrizione.
Il protagonista di The Brutalist porta l'enigmatico nome di László Tóth, il celebre criminale che il 21 maggio del 1972 vandalizzò la Pietà di Michelangelo, mentre la vita e i progetti artistici che vengono mostrati nel film sembrano ispirarsi al designer e architetto brutalista Marcel Breuer. Il Tóth di Corbet dichiara infatti di essersi formato alla Bauhaus, la rivoluzionaria scuola di design fondata da Gropius negli anni della repubblica Weimariana. Qui il Tóth fittizio come il reale Breuer hanno sviluppato la loro arte, figlia del razionalismo del loro padre artistico Le Corbusier. Di quest'ultimo, attraverso la voce di László, è chiaramente espresso il pensiero teorico che vede l'architettura come elemento in grado di influire nel tessuto sociale contro l'erosione del tempo. Seppure la predilezione di László sarebbe il béton brut, nello svolgersi del progetto si trova, dopo un'onirica sequenza dal gusto rohrwachiano (ma sferzata da un vento felliniano), davanti al marmo di Carrara, lo stesso materiale oltraggiato dal criminale del '72. Come in un ironico omaggio al disgusto espresso da Le Corbusier per lo studio della Roma antica nella formazione architettonica, Corbet sceglie per il suo personaggio il nome di un vandalo.
The Brutalist si impone nell'81a edizione della Mostra non solo per durata (215 minuti), ma soprattutto per l'originalità di un soggetto scritto (a quattro mani insieme all'usuale collaboratrice Mona Fastvold) con visionario rigore, in sospeso tra realtà e fantasia. Di quest'opera non resterebbe traccia se non fosse per l'interpretazione di Adrien Brody. Una prestazione attoriale come non si vedeva dal meritato Oscar del 2003 (Il pianista di Roman Polanski), imperniata su di una strategia mimetica-immedesimativa che lascia, a fine film, il vuoto di un'assenza.
The Brutalist
Cast & credits
Titolo
The Brutalist |
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Origine
Regno Unito |
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Anno
2024 |
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Durata
215 min. |
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Regia
Brady Corbet |
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Interpreti
Adrien Brody Felicity Jones Guy Pearce Joe Alwyn Raffey Cassidy Stacy Martin Emma Laird Isaach De Bankolé Alessandro Nivola |
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Produzione
Brookstreet Pictures (Trevor Matthews, Nick Gordon), Brian Young, Kaplan Morrison (Andrew Morrison), Andrew Lauren Productions (Andrew Lauren, D.J. Gugenheim) |
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Scenografia
Judy Becker |
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Costumi
Kate Forbes |
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Sceneggiatura
Brady Corbet, Mona Fastvold |
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Montaggio
David Jancso |
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Fotografia
Lol Crawley |
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Suono
Steve Single, Szabolcs Gáspár |
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Musiche
Daniel Blumberg |
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Lingue disponibili
Inglese, Ungherese, Ebraico, Yiddish, Italiano |