Elogio dell’incoerenza
Arriva dal Messico il terzo dei quattro film latinoamericani in concorso. A firmarlo è Amat Escalante, distintosi per il Premio alla Miglior Regia al 66° Festival di Cannes con Heli (2013). Il cineasta messicano sbarca al Lido con uno di quei film che, a proiezione conclusa, inducono a voltarsi increduli verso il proprio vicino di poltrona, abbandonandosi a una risata liberatoria. Se esistesse un Leone d'Oro alla follia, Escalante vincerebbe a mani basse.
La storia è ispirata a fatti di cronaca realmente avvenuti nello stato di Guanajuato, in Messico, dove il regista è cresciuto: un tentativo di stupro subìto da una giovane donna, poi accusata di prostituzione, e l'omicidio per annegamento di un omosessuale, riportato dal giornale locale con epiteti poco eleganti. Escalante decide di intrecciare le due vicende in un dramma sociale potente, caratterizzato da spazi claustrofobici e da un registro realistico.
Alejandra (Ruth Ramos), giovane casalinga, conduce una vita monotona con il marito Angel (Jesús Meza) e due figli. Il fratello di lei, Fabian (Eden Villavicencio), infermiere in un ospedale locale, ha una tresca con il cognato, segretamente omosessuale. L'equilibrio, già precario, del triangolo sentimentale viene turbato dall'arrivo in città di Veronica (Simone Bucio), ragazza solitaria e sessualmente disinibita, la quale convince Alejandra che in una casa di legno fuori città esiste una creatura, simile a una piovra gigante, giunta sulla terra a seguito dell'impatto di un meteorite, capace di risolvere tutti i problemi.
Una scena del film
Sull'identità di questa creatura il film non dà risposta. Né
sono d'aiuto le dichiarazioni di Escalante nel pressbook della Mostra, che lasciano volutamente il rebus insoluto:
«c'era qualcosa che non riuscivo a spiegarmi, qualcosa che non aveva alcun
senso, o a cui non riuscivo a dare un senso. Allora mi è balenata in testa questa
idea che in qualche modo potesse dare un senso ai personaggi e una motivazione
alle loro azioni». Viene alla mente l'ermetismo delle interviste di David Lynch. In effetti, con i dovuti
distinguo, la sensazione che il film lascia ha un sapore fortemente lynchano: l'elemento
alieno, inquietante, tanto repellente quanto sensuale, che scompagina l'equilibrio
dei personaggi e mette in dubbio l'oggetto stesso della nostra visione.
Dunque, che cosa rappresenta la “creatura”? Due le possibili risposte. La prima è quella di un escamotage in grado di collegare i due fatti di cronaca citati e di dargli un finale. Un elemento estraneo che, innestato in una trama di violenza, gelosia e corruzione, la trasforma in un horror fantascientifico a metà strada tra Alien (1979) e Possession (1981), il tutto in chiave softcore. Il regista pare rinunciare al controllo su ciò che accade in scena. Analogamente, i personaggi sembrano in trance, in attesa di un deus ex machina che metta a posto le cose (il mostro, appunto).
Una scena del film
La seconda risposta (forse complementare alla prima) va invece nella direzione di una strategia ben ponderata. Con Heli, Escalante si è guadagnato una certa attenzione da parte della critica, la quale tuttavia gli ha spesso rimproverato la filiazione esplicita dal suo produttore, il regista Carlos Reygadas. Dopo il Leone d'Oro di Desde allá (link) del latinoamericano Lorenzo Vigas nella scorsa edizione, Escalante deve aver pensato che il momento non potesse essere migliore. Scrollatosi di dosso l'ingombrante Reygadas, nel nuovo film il regista ha enfatizzato i punti di forza del precedente lavoro: lo spiazzamento continuo e la commistione dei generi.
Il materiale di base avrebbe potuto funzionare anche da solo, eppure Escalante sceglie di comprometterlo con uno spericolato crossover di generi, correndo il rischio di vanificarlo. Il risultato è incoerente e privo di filo logico, in bilico tra due sceneggiature mai concluse le cui pagine sono state rimescolate come da una folata di vento. Eppure il film riesce a intrigare, a intrattenere e persino a divertire.
Difficile dire se per il regista messicano questa pellicola segni una fase di transizione verso un cinema di genere fantastico o se sia la tappa di un nuovo lavoro di ibridazione linguistica. Ciò che è certo è che, se sceglierà di dare spazio alla sua follia con la spregiudicatezza che ha dimostrato in quest'occasione, gli si prospetta una grande carriera di regista di culto.
La región salvaje
In concorsoCast & credits
Titolo
La región salvaje |
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Origine
Messico, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Svizzera |
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Anno
2016 |
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Durata
200 min. |
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Data rappresentazione
4 settembre 2016 |
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Città rappresentazione
Venezia |
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Luogo rappresentazione
Sala Grande |
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Prima rappresentazione
4 settembre 2016 |
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Evento
73ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016 |
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Colore | |
Regia
Amat Escalante |
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Interpreti
Ruth Ramos (Alejandra) Simone Bucio (Veronica) Jesús Meza (Angel) Eden Villavicencio (Fabian) Andrea Peldez (Madre di Angel) Oscar Escalante (sig. Vega) Bernarda Trueba (Marta) |
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Produzione
Jaime Romandía, Fernanda de la Peza, Amat Escalante |
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Distribuzione
Mantarraya Producciones |
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Costumi
Daniela Schneider, Ursula Schneider, Paulina Kuznicka |
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Musiche
Guro Moe, Lasse Marhaug |