Lubitsch reloaded
«Per favore evitate di rivelare il segreto di Adrien al pubblico»: così si legge nel pressbook messo a disposizione dei giornalisti alla Mostra, e ovviamente non possiamo che accogliere questa richiesta. In realtà non è facilissimo raccontare Frantz senza accennare minimamente al colpo di scena che avviene poco prima della metà del film, e che dà una sferzata a tutta la vicenda. Da sempre, d'altronde, quello di Ozon è un cinema che poggia su un solidissimo sistema di dialoghi; ancora una volta bisogna riconoscere al cineasta parigino che la sceneggiatura, frutto di un lavoro a quattro mani con Philippe Piazzo, è di pregevolissima fattura.
I due sceneggiatori hanno il grande merito di riuscire a integrare nella Storia (che qui gioca un ruolo da protagonista) le costanti poetiche ozoniane: oltre all'ambiguità sessuale, il dolore per la perdita della persona amata e il desiderio inteso come superamento degli ostacoli. La commedia sentimentale sembra fornire, in questo senso, gli strumenti necessari all'interpretazione della realtà storica, trasponendo il conflitto su un piano privato per trovarvi, nell'intimità dei protagonisti, una soluzione. La tradizionale dinamica di ordine-disordine acquista profondità storica: il disordine è quello della difficile eredità materiale e morale della Prima guerra mondiale, ma anche di un amore spezzato per sempre; l'ordine è quello, precario, di un irrigidimento delle parti, che sfocia a sua volta in un nuovo disordine, ma anche quello di un amore, altrettanto precario, che rinasce.
Nell'adattamento del dramma storico agli schemi narrativi della commedia sofisticata si riconosce il “Lubitsch touch”. Tuttavia, a differenza del citato Broken Lullaby, qui il punto di vista non è quello di Adrien, ma di Anna, donna tipicamente ozoniana: “giovane e bella”, per citare un altro dei suoi film, divenuta adulta troppo presto, con un percorso di crescita sessuale e sentimentale ancora da compiere. Frantz è un soggetto che calza a pennello a un regista come Ozon: una storia d'amore elegante e raffinata, nei contenuti come nello stile, che è al contempo un potente affresco storico sulla furiosa e cieca rivalità tra le confinanti Francia e Germania. «Noi brindavamo alla morte dei loro soldati, loro alla morte dei nostri: siamo padri che brindano alla morte dei loro figli!» dice il padre di Frantz ai suoi colleghi, che in tutta risposta lo emarginano, rimproverandogli di dividere i pasti con un soldato francese. L'aspetto forse più compiuto del film sta proprio in questo pacifismo sentimentale, splendidamente naïf, che mostra le ragioni di entrambe le parti nella loro specularità.
Una specularità che si estende alla sfera privata, nella ambigua relazione tra i due protagonisti. È qui che Ozon si dimostra in gran forma, costruendo un dramma basato sulle bugie, sui non detti, sul più classico degli “io so che lui non sa che loro non sanno”. È un'impostazione che, oltre a Lubtitsch, guarda a Rohmer, ma anche al cinema cosiddetto “gender”, rielaborato in assoluta libertà. Tutta la prima parte del film si regge sull'attesa di un eventuale coming out da parte di Adrien, in un meccanismo di suspense che il regista ben conosce. Abbonda il citazionismo, postmoderno fuori tempo massimo, che tuttavia non è mai gratuito, mai banalmente “cinefilo”. Numerosi i riferimenti felliniani, soprattutto alla Giulietta Masina di Le Notti di Cabiria (1957), alla quale Paula Beer sembra ispirarsi (soprattutto nel finale); esplicito il riferimento a Casablanca (1942) di Michael Curtiz, nella scena dell'osteria di Parigi in cui Anna si ritrova circondata da persone che cantano a gran voce La Marsigliese, contraltare necessario al Deutschland über Alles intonato dai colleghi del padre di Frantz.
Due, tuttavia, le note dolenti. Innanzitutto il colore: la quasi totalità del film è in bianco e nero, a parte alcune scene in cui, almeno secondo la volontà del regista, dovrebbe sprigionarsi la felicità dei protagonisti (ad esempio, nei flashback del racconto di Adrien). In questa prospettiva Ozon pilota le sensazioni del pubblico in maniera fin troppo pleonastica. La seconda pecca riguarda il finale: se la struttura del film è rigidamente bipartita e speculare, la quadratura del cerchio non arriva, e il regista si rifugia in un finale aperto che ha il sapore di una facile scappatoia.
Ma è proprio in questo duplice gioco di contrasti, cromatici e narrativi, che Ozon trova le leve con le quali articolare la sua visione del mondo e della Storia. Nella splendida scena in cui Anna prende il treno per Parigi vediamo l'unica inquadratura sugli effetti della guerra: le rovine di una città viste attraverso gli occhi della giovane viaggiatrice; nient'altro che un semplice riflesso sul vetro che si sovrappone al primo piano della ragazza, il cui pensiero è altrove, e la cui psiche arriva a tollerare il peso di una bugia, per quanto grossa, pur di lasciarsi alle spalle quel passato di morte e distruzione.
Frantz
La locandina
Cast & credits
Titolo
Frantz |
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Origine
Francia, Germania |
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Anno
2016 |
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Data rappresentazione
2 settembre 2016 |
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Città rappresentazione
Venezia |
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Luogo rappresentazione
Sala Darsena |
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Prima rappresentazione
2 settembre 2016 |
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Evento
73ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016 |
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Bianco e nero | |
Soggetto
François Ozon |
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Regia
François Ozon |
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Interpreti
Pierre Niney (Adrien) Marie Gruber (Magda) Cyrielle Clair (La madre di Adrien) Anton von Lucke (Frantz) Paula Beer (Anna) Ernst Stötzner (Hoffmeister) Johann von Bülow (Kreutz) Alice de Lencquesaing (Fanny) |
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Produttori
Eric Altmayer, Nicolas Altmeyer, Stefan Arndt, Uwe Schott |
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Distribuzione
Academy 2 |
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Scenografia
Maresa Burmester, Michel Barthélémy, Catherine Jarrier-Prieur |
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Costumi
Pascaline Chavanne |
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Sceneggiatura
François Ozon |
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Montaggio
Laure Gardette |
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Fotografia
Pascal Marti |
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Musiche
Philippe Rombi |