Sono molte, di valore e generi diversi, le opere musicali intitolate a Cristoforo Colombo: dallOttocento a oggi spiccano quelle dei musicisti Francesco Morlacchi (1828), Alberto Franchetti (1892), Darius Milhaud (1928) e Leopoldo Gamberini (1988), affiancate dai ben più numerosi testi drammatici ispirati alla figura del navigatore e alla sua scoperta epocale. Costanti e/o differenze, compositive e strutturali, sevidenziano in una comparazione che valuti estetiche e circostanze performative nei relativi ambiti storici e culturali. Opera tradizionale, quella di Morlacchi, prodotta con grande impegno dal Teatro lirico genovese; nel solco del grand opéra, quella di Franchetti. Lopera è ambiziosa nel suo tentativo di rappresentare le tensioni di unintera epoca: il suo scenario è quello di un mondo teso tra antichi pregiudizi e ansia della scoperta, tra intrighi e passioni. Imponente scenicamente, non è meno dimpatto per la sua scrittura musicale densissima, molto cesellata, fin preziosa. Franchetti sa unire un trattamento vocale pieno di sfaccettature a un impasto orchestrale anche sgargiante, senza rinunciare a saporose sfumature e alla coloritura anche psicologica di personaggi e situazioni. Altrettanto grandioso e ambizioso il lavoro del musicista francese: Milhaud tendeva ad amplificare e moltiplicare, in una sorta di “polidrammaturgia”, lesaltazione lirica e mistica del testo epico-allegorico di Claudel, già di per sé complesso, volendo coniugare un gusto da kolossal, di ascendenza berlioziana, con unintonazione quasi espressionista, nellintento di “rendere visibili gli istinti e le energie irrazionali profondamente radicati nellindividuo” (Carner). […] Gli apparati richiesti sono in effetti tra i più elaborati e spettacolari di tutta la produzione operistica del XX secolo. Non opera, ma cantata, il Cristoforo Colombo. 12/10/1492 di Leopoldo Gamberini aderisce alla sensibilità sincretica di fine Novecento, secolo nel quale il teatro musicale ha vissuto una decisiva crisi di genere e didentità. Lavoro notevole per la continuità che stabilisce con le prove precedenti e per il significativo scarto formale introdotto, pure evidenziando vocazione alla teatralità. Ottocento colombiano, da Morlacchi e David a Franchetti Il Teatro Carlo Felice di Genova presentava Cristoforo Colombo di Felice Romani con musica di Francesco Morlacchi il 21 giugno 1828. Le difficili condizioni del debutto, la distribuzione e laccoglienza del pubblico sono documentate dalla stampa locale dellepoca e riepilogate in un recente contributo storico-critico. Il libretto del Romani stabilisce alcuni topoi che ritorneranno in quello di Illica, quali la natura “selvaggia” dei nativi e la storia damore tra una fanciulla indigena e un europeo: addirittura il figlio di Colombo, Fernando (nella storia musicata da Franchetti, è lufficiale spagnolo Guevara a innamorarsi duna donna americana). I personaggi comprendono, oltre a Cristoforo Colombo (baritono), Fernando (contralto), Zilia, giovane americana (soprano), Jarico, cacico di Maima (basso), Zamoro, cacico dAiti, amante di Zilia (tenore) e Bartolomeo Fiesco, più il coro e numerose comparse. Lautore giustifica nel Proemio la scelta degli episodi del soggetto, circoscritto al momento, riepilogativo di tutti gli eroi e le situazioni, dellultimo viaggio in Giamaica. Vi inserisce lamore di Fernando per la figlia dun cacico: amore episodico, ma talmente innestato collazione principale che senza di esso lazione non avrebbe luogo; amore che aumenta i pericoli di Colombo e viemaggiormente lo dimostra magnanimo […]. Linvenzione non nuoce alla storia, né la storia allinvenzione; e quel che più preme in siffatti componimenti, se tutto non giova alla ragione poetica, giova almeno alla ragion musicale. Dipinge i selvaggi «quali esser devono: feroci e senza alcun freno fuorché quello della propria superstizione» e attribuisce ai nativi unaulicità di linguaggio che è stata definita «incredibile dialogo». Quanto a Fernando, per età implausibile testimone storico, sarà cronista della vita del padre; il loro dialogo, soppresso nel libretto «per motivi di economia musicale», è scrupolosamente riportato in calce al Proemio. Il «melodramma in due Atti» consta di dodici e quindici scene rispettivamente, in versi in rime baciate e/o alternate e rappresenta (escludendo stranamente scene in mare) una vicenda truce, con finale glorioso per il protagonista, dopo le vicissitudini damore contrastato della giovane coppia. Mostrata uniniziale, apparente armonia fra i conquistatori e gli indigeni, le peripezie comportano poi drammatiche concomitanze legate al rapporto dei due innamorati, condannati per tradimento. Finché Zilia, avviata al patibolo, trova occasione per levare il suo patetico addio cantato. Il colpo di scena viene da Colombo che profetizza uneclisse di luna, il cui avverarsi puntuale confonde e soggioga i selvaggi ostili. Sopraggiunta la flotta del Fiesco, Colombo può issare la sua bandiera vittoriosa, mentre gli “indiani” ravveduti chiedono perdono allo scopritore che si autosantifica: «A me si riserbi / limpero dei cori: / se a me no ‘l consente /letade presente, / più santo dai posteri, / eterno lavrò».
La ricezione dello spettacolo, considerati lassenza dellautore e le prove ridotte, fu discreta secondo il Ghiglione, che nota il contributo dei cantanti alla recita, in cui Antonio Tamburini era Colombo, Adelaide Tosi era Zilia e Fernando interpretato en travesti da Brigida Lorenzani-Nerici. Diversamente rileva il Carboni: «il successo mancò. La musica fu giudicata dotta: che è quanto dire noiosa; piacque agli intelligenti, al pubblico no. […] Malgrado il superbo allestimento scenico ed i magnifici scenari del Canzio». Il genovese Carlo Andrea Gambini compose in seguito unode-sinfonia – genere creato dal francese Félicien David, autore di un Christophe Colomb – la cui esecuzione fu data a Firenze, nel giugno 1851, con libretto tradotto dal francese da Giuseppe Torre. Lo stesso Ghiglione segnala quali elementi musicali di spicco in Gambini laria della Madre, Sul tronco solitario; in David, la Canzone del mozzo, per voce di soprano. Giovanni Battista Polleri partecipava alle Celebrazioni Colombiane con un Colombo fanciullo, melodramma in musica dato a Genova nel 1892. A Rio de Janeiro, puntualmente il 12 ottobre dello stesso anno, si eseguiva la cantata Colombo di Carlos Gomes. Poi ancora un florilegio di prove, fra le quali è stata recuperata, con lodevole operazione filologica ed editoriale, lopera del David. Alberto Franchetti, nel quarto centenario colombiano Composto su commissione della municipalità di Genova (avendo Giuseppe Verdi declinato linvito rivoltogli dalla città), il Cristoforo Colombo di Franchetti savvale del libretto di Luigi Illica, in quattro atti e un epilogo (edizione 1892) desunto principalmente dalla Historia de las Indias di Bartolomé de Las Casas. Tema e trama sono svolti in due parti e un epilogo: La Scoperta (a Salamanca, 1487 e nelloceano, 1492) e La Conquista (a Xaragua, 1503 e a Medina del Campo, 1506). Molti gli elementi extrastorici, quali lamore fra la principessa indigena Iguamota e Guevara (Capitano del re), con episodi folkloristici e di maniera, volti alla spettacolarità in «un repertorio – segnala Zoppelli – programmaticamente popolare che ci appare oggi pesantemente condizionato dalle contingenze del mercato». Daltro canto, i responsabili della proposta più recente enfatizzano il valore della riscoperta e il suo effetto: quando «andò in scena questo capolavoro, assistemmo a una grandiosa metamorfosi […]. Indimenticabile la scena della rivolta e delle sorde preghiere quando la Santa Maria è sballottata dai venti! Scena in cui si attendeva con impazienza il grido dalla Pinta, “Terra, terra!”». Fra i caratteri musicali la critica (Faverzani) ha notato la mancanza di ouverture e lenucleazione di temi, quali il Notturno di Colombo, da sfruttarsi anche come “impressione sinfonica” (Nella foresta nera, dallopera Germania) per Rostagno. I personaggi principali della versione ridotta (tre atti e un epilogo, rappresentazione del 27 luglio 1992), oltre a Colombo (baritono) sono: Isabella (soprano), Anacoana (mezzosoprano), Iguamota (soprano), Guevara (tenore), Roldano (Basso), Marguerite (baritono), Diaz (tenore), Roderigo (basso), Maheos (tenore), I Tre Romei (basso, tenore, baritono), Bobadilla (basso), Vecchio cacico (basso); nellepilogo, Colombo, Guevara e Una Villanella. Tuttavia forme e tecniche musicali mostrano «la proliferazione di brani di musica di scena di taglio estremamente caratteristico. […] Rinvia a modi depoca (la Ballata dei Romei, le preghiere) o aspetti esotici (le musiche degli indiani nel terzo Atto)», col risultato duna «dimensione esotica francamente un po naif». Il Navigatore ne emerge quasi a modello duna “santità” fantasiosa, mentre lideologia (anticlericale) della narrazione denuncia la barbarie dei colonizzatori, al contrario di quanto accadeva nel testo del Romani. Si possono ravvisare ancora «forte vitalità musicale e drammatica, sonorità orchestrali magistralmente condotte», nelle quali «luso delle localizzazioni spaziali genera alcuni tableaux di grande suggestione». La fantasia di Illica spinge la Storia di Las Casas verso la leggenda, se pure «in prima istanza […] è un libretto improntato al realismo storico, alla rappresentazione verosimile di mondi reali […] mediata attraverso lelaborazione della memoria». Altre fonti provengono dalle Historie di Fernando Colombo, dalle quali sono desunte le preoccupazioni religiose del navigatore, evocata la leggenda di San Brandano e introdotto lamore (qui funzionale “allutile politico”) fra Anacoana (indigena) e Roldano (ufficiale castigliano) e fra Iguamota e Guevara. La grandiosità dimpianto comporta disfunzioni e lungaggini che suggeriscono in seguito sostanziose riduzioni del terzo e quarto atto (detti “americani”). Nellanalisi delle varianti, Erkens mostra il difficile, precario equilibrio fra musica e drammaturgia proprio del grand opéra. Anche lopera di Milhaud subirà una notevole riduzione, sia nel libretto sia nella partitura, passando da 3465 a 2949 misure. La “prima” genovese resta un evento unico. Già la ripresa alla Scala del dicembre 1892 recava modifiche in partitura, come altre ne intervennero nelle esecuzioni di Filadelfia (1913) e di Chicago (1914). Oltre allo studio della genesi e delle varianti, Erkens propone unanalisi della “forma ciclica” nellopera (versione primitiva) e si sofferma sulla scena della “follia”, quale stilema (o topos) ricorrente nel melodramma ottocentesco come sfoggio del virtuosismo belcantistico. Lo specialista di Franchetti mostra, nel concetto di cyclical forms, lelemento ritornante wagneriano che influenzerà sia il cinema sia il teatro con il leitmotiv o tema. Alla “prima” genovese (versione integrale), il cronista si esprime sulla resa musicale, giudicando «lo strumentale dei primi due atti e dellepilogo di una varietà di impasti meravigliosa», mentre negli altri atti «la ricerca delloriginalità e del colore locale» avrebbero nuociuto un po al livello dellorchestrazione. Tuttavia Depanis notava che «lestrema famigliarità del maestro colle risorse strumentali lo spinge talvolta ad abusarne», cosicché lorchestra in qualche occasione tende a soverchiare le voci, anche perché «il maestro non tratta le voci con la stessa perizia con cui tratta gli strumenti». Considera che luso del leitmotiv sia moderato nei temi che intervengono a contraddistinguere i personaggi e ritornano alloccorrenza ma che non «costituiscono lossatura delledificio», e apprezza soprattutto il secondo atto, che «si svolge in un ambiente marinaresco delizioso. […] Dopo il Wagner nessuno ha espresso magistralmente come lui la poesia del mare». Un giudizio anonimo su «Il Caffaro»: «Questa musica è quanto si può ideare di più grande, di più alto, di più commovente. Kaschmann fu cantante e attore inarrivabile. Quale artista!», mentre Lorenzo Parodi denunciava la «musica troppo scolastica, massimamente nella parte corale». La scenografia del Colombo (dopo quelle di Aida, 1879, e di Manon Lescaut, 1893) fu affidata da Ricordi a Ugo Gheduzzi e i costumi furono commissionati ad Adolf Hoenstein. Per i canoni del tempo, la scena avrebbe dovuto rappresentare lambiente storico reale della vicenda e soddisfare unesigenza di “colore locale”, nel gusto di LAfricaine di Meyerbeer. La collaborazione della coppia fornì «esiti di grande efficacia visiva e di abile invenzione strutturale». Gheduzzi deviò alquanto dal repertorio iconografico in voga: nel raffigurare il convento di Salamanca e nella scena marina (Loceano dalla Santa Maria) riprodusse una caravella in navigazione, sempre inquadrati in una “piantazione” che prevedeva molteplici accessi praticabili ai cantanti. La messa in scena originale si può in parte immaginare grazie al recente ritrovamento dei bozzetti delle scene presso leditore Ricordi. Sulle modifiche e la carriera del Colombo di Franchetti si diffonde il Ghiglione ricorrendo a cronache e aneddoti. Cita lintervento dun cronista che si lagna della scomodità dei posti a sedere (costo duna poltrona, trenta lire) ma che sancisce il successo di pubblico con la richiesta di bis e ovazioni. Sulla composizione, un dualismo irrisolto fra le due parti (La scoperta – La conquista) è ripetutamente segnalato dalla critica, giustificato dai successivi tagli e rifacimenti mai definitivi per lautore. Il Ghiglione concorda con Allan Mallach nel ritenere che si tratti di due entità accostate: la prima (i primi due atti originali) è in stile “oratoriale” (con la presenza costante del coro), mentre terzo e quarto atto richiamano la tradizione del Verdi di metà carriera e di Ponchielli. Più meritoria, dunque, la ripresa del 1992, cui seguono studi che nel nuovo secolo potranno costituire basi storiografiche e critiche più adeguate. Intanto attraverso quellultima edizione si è potuto verificare la coerenza dellimpianto e la validità di tante parti sia cantate che orchestrate. Nasce da un “Libro” il Christophe Colomb di Milhaud e Claudel La collaborazione per lopera deriva da precedenti lavori comuni del poeta col musicista. La richiesta del regista Max Reinhardt a Claudel di fornire un soggetto drammatico per una rappresentazione con musica avvia unimpresa complessa, resa più difficile dal condizionamento che il testo poetico eserciterà sul risultato complessivo. Il maggiore esperto dellargomento ricostruisce levoluzione dellopera, dalla prima richiesta al poeta, alla composizione (1928) e alla rappresentazione (1930). Il lavoro deve armonizzare due tendenze: per Claudel, lideale è formulato in una «musica allo stato nascente» sorta dal potere della parola drammatica ad alimentare la musica, al contrario di quanto insito nellidea di Wagner e del musicista: Avant même dachever lécriture de son texte, Claudel a demandé à Milhaud de venir dans son château de Brangues […]. Sa réalisation a tiré le projet de Claudel davantage dans le sens de lopéra que de celui dun théâtre musical : en dehors de lExplicateur, tous les autres rôles sont chantés. Les scènes sont traitées pour la plupart indépendamment les unes des autres, selon la forme traditionnelle de lopéra à numéros. Très souvent, elles obéissent au même schéma : le debut de la scène, généralement confié à lExplicateur, est traité en parlé rythmé avec percussions, […] avant que lorchestre et le chant ne dominent. Infatti spiega come Claudel (al pari daltri autori) abbia in seguito concepito il suo dramma in forma radiofonica, per soddisfare esigenze non realizzate con Milhaud. Finché nel 1952 il drammaturgo chiede la musica di scena per la creazione teatrale del Livre (1953), che il compositore reinventa e di cui sottolinea la novità in «une partition reduite, avec des moyens reduits, destinée à illustrer une certaine mise en scène. La musique alors doit être à son service, doit aider ses mouvements scéniques, jouer le rôle dune espèce de projecteur pour le rythme comme un projecteur aide, de son efficacité lumineuse, léclairage du décor». Per il biografo di Milhaud, lopera sarebbe fusione di opéra e oratorio, pure considerando la storicizzazione delloratorio (dambito sacro) nella vicenda ottocentesca da Mendelssonh e Berlioz a Wagner. Studi più recenti rilevano la modernità della forma: è un piano drammaturgico di decisa modernità […] che non ricerca il coinvolgimento diretto del pubblico mediante lannullamento della “quarta parete”, ma considera il dramma come un libro da sfogliare (il Narratore sfoglia effettivamente il libro della storia di Colombo) e come un “rito” cui il pubblico prende parte attiva attraverso il coro (Claudel); da qui linserimento di sezioni simboliche, che trasformano la storia in evento celebrativo. Il tratto allegorico e visionario è accentuato dalla moltiplicazione della figura di Colombo, presente sulla scena come personaggio ma anche con il proprio alter ego (la coscienza), nonché come fantasma, mostrato in età giovanile e avanzata. Tali ricerche incrociano le idee attorno allopera darte “totale” dascendenza wagneriana, inseguita da Claudel e dal suo principale interprete, Jean-Louis Barrault. Lo specifico musicale implica la modalità compositiva politonale e richiede un organico strumentale poderoso e maestria nel governare la complessità della messa in scena (di Franz Hörth, nella creazione di Berlino) che prevede proiezioni cinematografiche in sincronia con azioni sceniche. La costruzione e le modifiche alla partitura e allo spettacolo risultano in diverse riflessioni recenti. Lécroart le osserva negli esiti finali per risalire al manoscritto originale (non pubblicato) depositato alla Bnf: «originellement, la musique était constante, réduite à la percussion soutenant le discours de lAnnoncier au début de la plupart des scènes […]. En reprenant son œuvre en 1954, Milhaud a opéré des coupures et a laissé une petite place au parlé seul, par exemple pour le texte de lAnnoncier au début de la nouvelle première partie». Pertanto, la durata della prima versione (1928) risulta di unora e quaranta minuti (corrispondenti a 3465 misure), contro lora e venticinque minuti (2949 misure) della seconda versione (1954). Sui caratteri musicali e la struttura “modulare” sè soffermato lo stesso musicologo: indeed, precisely this modularity is what allowed Milhaud to make several changes to the running order of the scenes after the premiere of the first version. The most drastic of these revisions is Milhauds decision to switch the final scene from Columbuss death (as it was in the Berlin premiere) to his discovery of the New World […]. Compared with many of Milhauds other works, the polytonality of Christophe Colomb is relatively subdued, with melismatic melodic lines predominating often almost homophonic harmonic textures. Still, there are many moments of harmonic exuberance and even bombast, especially in the scene in which exotic gods whip the ocean into a frenzy to prevent the “Christ-bearer” (Columbus) from crossing […]. Many of the dramatic scenes are structured in a manner that could be described as entropic: beginning with a melodic line enunciated with simple rhythm then gradually accumulating layers of increasingly complex ostinati until finally exploding into resolution and silence. One of the more inspired instances of this form is the mutiny scene, with the increasingly deranged and dissonant shouts of sailors suddenly switching to a B flat major proclaiming the first sight of land. Così lanalisi musicologica conferma certe procedure duna scrittura orchestrale a fasce timbriche estremamente dissonante. Le possibilità schiuse dalla “politonalità” (ottenuta sovrapponendo linee melodiche diatoniche, che appartengono a tonalità differenti oppure sono già intrinsecamente politonali), vengono sviluppate a fondo con unaccorta distribuzione dei timbri e una condotta delle parti basata sulla tecnica dell“ostinato” (i vari temi entrano uno dopo laltro e si accumulano in forme iterate). La staticità armonica derivante dalla condotta politonale dissonante viene compensata dalla vitalità ritmica; leffetto globale è monumentale e riceve un ulteriore risalto nei momenti consonanti che chiudono le varie sezioni. La struttura a tableaux “espressionisti”, conta nella prima parte diciannove scene sulle ventisette totali. Rispetto alle opere precedenti, sincontrano interessanti analogie ricorrenti nei momenti di ambientazione marina: il Colombo di Franchetti mostrava una caravella in mare, come nella creazione teatrale del Libro di Cristoforo Colombo di Claudel (Genova, 1951, scene di Giulio Coltellacci, musica di Fiorenzo Carpi); una nave volgeva la prua al pubblico, sormontata da una grande vela, emblematica poi nella messa in scena di Barrault. Somiglianze tematiche, riscontrabili in scena, basate sullesperienza tedesca comune agli autori, segnala Camillo Faverzani nel confrontare Franchetti e Milhaud, per cui «lœuvre de Milhaud finit pour parachever, dune certaine manière, le discours premièrement proposé par Franchetti». I rapporti fra i personaggi di Colombo e di Isabella mostrano un tono più prosaico in Franchetti che non in Milhaud: «le reseau des relations entre le héros et Isabelle est en effet très complexe et chargé de symboles dans les deux œuvres», ma in entrambe il protagonista appare “antieroico” e consonante è la purezza distintiva di Isabella. La fine di Colombo appare più naturale in Franchetti che in Milhaud: nella scena del delirio del primo, sorge una preghiera quale richiesta di perdono; nel secondo, agisce una più mistica tensione alla resurrezione, che in realtà significa espiazione e che impedisce a Colombo di riunirsi alla regina diletta in Paradiso. In nessuna di queste opere, però, secondo lo studioso, la figura di Colombo raggiunge lo statuto del mito, come avviene nel Don Giovanni di Mozart. Forsanche da tale limite dipende laccesso così saltuario in repertorio delle opere studiate. Lultima edizione (Berlino, 1999) ha suscitato attenzione particolare, in particolare rispetto alla regia di Peter Greenaway. Un critico ritiene che cette mise en scène puisse simposer avec le temps comme lune des plus marquantes de cette fin de siècle […]. Dun point de vue strictement musical, Christophe Colomb nest pourtant pas un chef dœuvre absolu. Peut-être en raison de la fameuse “polytonalité”, méthode de Milhaud quelque peu opportuniste (contre Wagner, contre Debussy, contre lÉcole de Vienne). […] Il sagit incontestablement dune partition très forte et Milhaud se montre tout à fait à la hauteur de ce sujet a priori trop épique pour lui. Malgré un effectif orchestral assez réduit, certains passages sont dune indéniable puissance, en particulier la révolte des matelots juste avant larrivée au Nouveau Monde et surtout le voyage du retour […]. Dune manière générale on admire également la réussite des scènes mélodramatiques où intervient le Récitant et qui donnent lieu à de véritables tours de force rythmiques. Il est peu doeuvres lyriques où se marient de façon aussi naturelle les conventions pourtant si opposées du Chant et de la Déclamation. Sulloriginalità della regia, il critico titola Un spectacle phare e precisa: la mise en scène atteint vraiment des sommets dans lassez incroyable troisième tableau du deuxième acte, où sous le regard goguenard de Christophe II assis à lavant-scène, Christophe I et le Commandant se démènent sous la forme dombres chinoises projetées derrière lécran lui même submergé dimages de tempête. Du très grand art. Sulluso delle proiezioni cinematografiche su nove schermi, sè espresso Jochen Breiholz: Since nothing really happened onstage, the audience could concentrate on the nine (!) screens on which various films were shown simultaneously. Most annoying were the sequences of Columbus writing in his diary - on more than one screen at a time, and in several colors and sizes, sometimes on top of one another. Disappointingly, the other films had nothing in common with Greenaway's familiar style, turning out instead to be an absurd compilation of archival footage. Il culmine del ventesimo secolo offre una ricerca sullopera come forma artistica sincretica, se non ‘totale. Recuperato uno sguardo dinsieme, oltre quello specialistico musicale, lopera esibisce la potenzialità di prodotto multiforme e polivalente nel quale lapporto registico appare sempre più determinante. Lo hanno mostrato Faverzani, col recupero della funzione del libretto, e Gerardo Guccini in notevoli studi sul campo, migliorando la comprensione duna drammaturgia definibile “creativa”, tipica del secondo Novecento e forse allorigine dun possibile rinnovamento, anche strutturale, dellopera nel tempo cosiddetto postmoderno.
Ringraziamenti: Museo Biblioteca dellAttore, Genova. Fondazione Mario Novaro, Genova. Fondazione I Teatri, Reggio Emilia.
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