Ho fatto fuori mia moglie. Per sbaglio. La notte in cui lho fatta fuori è stata quella in cui mi ha detto che neanche uno dei miei tre figli era mio. E poi mi ha detto che non erano miei neanche i due aborti che avevo pagato e quello spontaneo. È stato allora che lho fatta fuori.
J. Cheever, Falconer, Milano 2013, p. 35 (ed. or. 1975). Il 2014 è stato un anno, fra laltro, dedicato al ricordo di Eduardo De Filippo, morto il 31 ottobre del 1984. Convegni, relazioni, atti di convegni che si attendono con curiosità … e poi, fuori dai convegni e dalle celebrazioni ufficiali, quello che potrei definire un luminoso esempio di serendipity, confortato in questo da analoga constatazione di Giovanni Mastroianni, da me consultato, lamico storico della filosofia che continua a lavorare, per onorare i suoi novantaquattro anni, su Gramsci, Bachtin e altri pensieri e pensatori.
Ed ecco lantefatto: capita spesso di leggere sul Domenicale del «Sole 24 Ore» una recensione che ti spinge a comprare un libro; quella volta si trattò di Friedrich Hebbel, Giudizio Universale con pause. Dai diari, a cura di Alfred Brendel, trad. di Elisabetta DellAnna Ciancia, Milano 2013; capita, infatti, di essere un appassionato di aforismi, di forme brevi, al punto di aver intitolato una raccolta di saggi sugli epigrammi funerari greci La forma breve del dolore (Amsterdam 2000).
Ci si ricordò, in un secondo momento, di aver citato Hebbel (1813-1863), in un non lontano passato, per il dramma Gyges und sein Ring (1856). Acquistato il libro, si cominciò a leggere e si proseguì, annotando e sottolineando (sul libro! Lo confesso, appartengo a quella setta lì), finché, a p. 75, ci si imbatté in questo breve testo, il frammento n. 4149: una donna a suo marito: sì, è vero, solo uno di questi tre bambini è figlio tuo, ma non ti dico quale perché non voglio che tratti male gli altri. Rilessi, un po sorpreso. Sì, la frase è proprio questa e costituisce, come non ricordarlo, fissato in un limpido enunciato, il punto cruciale nella trama di Filumena Marturano, che è del 1946 (solo di qualche mese più giovane di me): ho visto da ragazzo la commedia di Eduardo De Filippo, e poi ancora da adulto, a teatro, in televisione, al cinema (dvd in dotazione). Allora ho letto di corsa introduzione e postfazione di Brendel, controllato date e notizie sulla vicenda editoriale dei Diari e, a quel punto, la mente implacabile del filologo ha cominciato a entrare in azione.
Naturalmente le domande più semplici che vengono alla mente sono due: è possibile che Eduardo conoscesse i Diari di Hebbel al punto da essere direttamente ispirato da quella frase? O, in caso contrario, come spiegare una coincidenza così evidente? Anche se, il filologo si dice sottovoce, non è detto che una coincidenza debba per forza essere spiegata: in ogni caso la domanda va posta. I filoni dindagine sono dunque due, il primo riguarda Eduardo, si tratta di trovare tutti i riferimenti possibili allorigine della commedia di Filumena; il secondo riguarda Hebbel e la sua produzione: trovare ledizione originale, controllare la traduzione e, anche per lui, cercare tutti i possibili commenti alla frase. Eduardo, innanzitutto. La copertina (la bianca copertina einaudiana, naturalmente) del primo volume della Cantata dei giorni dispari, nelledizione curata da Anna Barsotti, rende omaggio proprio alla sticomitia (mi si passi la definizione) del primo atto che riguarda i tre figli, riportandola in alto: DOMENICO Tre figlie?! Filume, ma che staie dicenno?
FILUMENA (macchinalmente ripete) Tengo tre figlie, Dummí!
DOMENICO (smarrito) E … a chi so figlie?
FILUMENA (a cui non è sfuggito il timore di Domenico, fredda) Alluommene comma tte! (I scena, p. 205).
Rileggendo le dichiarazioni di Eduardo, gli scavi importanti condotti sul suo teatro, le indagini dei curatori su possibili fonti della Filumena, si può convenire che leventuale presenza di temi non di prima mano risalenti ad altri testi e autori non sottrae nulla alla peculiarità della drammaturgia eduardiana, anzi ne esalta la caratteristica di scrittura dattore, che attinge senza problemi a un repertorio accumulato negli anni. La commedia, raccontò spesso Eduardo in interviste e pubblicazioni, nacque «per generazione spontanea da un fatto vero», ma Eduardo si riferiva, in genere, allinganno del matrimonio in punto di morte, alla beffa (si ricorderà che Filumena costringe Domenico Soriano, suo antico amante e deciso ormai a lasciarla – e padre di uno solo dei suoi tre figli –, a sposarla, fingendo di essere in fin di vita), non al rifiuto di rivelare quale fosse il figlio di Domenico. Del nome di Hebbel e dei suoi Diari, comunque, non cè traccia. Certo, il numero dei figli (e quindi fratelli), tre, sembra essere una struttura narrativa forte; come mi ha suggerito Daniele Ventre, ottimo professore e traduttore in metro di epica greca (e non solo), non sarebbe del tutto peregrino pensare, per questa persistenza (un padre in rapporto a tre figli, con una funzione di redistribuzione equilibrata) al modello della novella boccacciana di Melchisedech (I, 3), del padre, dei tre figli e dei tre anelli, sagace risposta allegorica al pericoloso quesito del Saladino su quale fosse la più “verace” tra le tre religioni, «la giudaica, la saracina o la cristiana».
Lindagine su questo punto – il versante edoardiano, per così dire – si presenta, dunque, più problematica; bisognerebbe scavare fra le letture di Eduardo, arrivare a trovare qualcosa che finora non è sembrato necessario cercare. Forse il Fondo De Filippo, distribuito fra il Gabinetto Giovan Pietro Vieusseux di Firenze e la Biblioteca Nazionale di Napoli, potrebbe riservare qualche sorpresa, anche se una prima indagine sembra escluderlo, almeno per quanto riguarda la presenza esplicita di riferimenti a Hebbel.
Conviene, allora, avviare anche lindagine su Hebbel (1813-1863), cominciando dalla diffusione editoriale dei Diari. Se i Tagebücher furono pubblicati postumi (1885-1887) – Hebbel vi aveva lavorato a partire dal 1835 fino a meno di due mesi prima della morte, avvenuta il 13 dicembre 1863 –, la prima pubblicazione del Diario (sic!) in traduzione italiana, con una introduzione, si deve a Scipio Slataper nel 1912, per leditore Carabba di Lanciano, anche se si tratta solo di unantologia, nella quale comunque il nostro frammento 4149 è già presente. Prima del volumetto dalla cui recensione sono partito, anchesso unantologia, era stata pubblicata una traduzione pressoché integrale dei Diari, a cura di Lorenza Rega, con una prefazione di Claudio Magris, per la casa editrice Diabasis, Reggio Emilia 2009 (il nostro frammento, datato con precisione 18 aprile 1847, a Vienna, è a p. 371 col n. 4149).
Ma prima di una conclusione provvisoria sui risultati di questi due filoni di indagine, va detto che la notizia di questa piccola scoperta non è rimasta sul mio tavolo di lavoro. Prima di consultare i libri, infatti, si consultano spesso amici esperti, come Daniele Ventre, che ho già citato, e Stefano Mazzoni, che mi ha suggerito sapientemente punti da approfondire per la stesura finale. Avevo informato, dunque, della mia ricerca Enrico Fiore, giornalista e critico teatrale de «Il Mattino», vecchio amico col quale si litigava anche, ai tempi del Gaber di Polli di allevamento (1978). Fiore, grande conoscitore di Eduardo, ha dedicato una bella anteprima a questa ricerca, scrivendo per «Il Mattino» un articolo pubblicato il 20 dicembre 2013: Hebbel, quellEduardo nato in Germania, scaricabile anche dal blog Controscena[9]. Tornerò alla fine sulle intelligenti ipotesi di Fiore.
Ora cercherò di inquadrare il nostro frammento nella struttura complessiva dei Diari. Gli editori e commentatori tedeschi e italiani, da quelli del secolo scorso a quelli più recenti, da Slataper a Pörnbacher, a Michelsen, a Lorenza Rega (di cui utilizzo la traduzione), hanno illustrato esaurientemente le differenti tipologie che si mescolano nella scrittura diaristica di Hebbel, con caratteristiche specifiche e originali. Fra queste tipologie spiccano, diffuse in varie pagine e periodi, quelle che lo stesso Hebbel definisce, in qualche caso, “scene” (sic, a es. 4452) o “situation” (a es. 4589), quasi abbozzi di aneddoti e racconti o di dialoghi teatrali, immaginati o autoptici o ispirati da altra fonte, sia letteraria che familiare.
Si potrebbe dire, considerata la struttura utilizzata più di frequente per introdurre questi frammenti, che non si tratta tanto di un “quelli che”, cioè di categorie di individui, quanto di un più specifico “der x, wer …”, di un individuo in particolare, nella sua collocazione sociale, “che …”. In più, il soggiorno napoletano dal 30 giugno all8 ottobre 1845 (fr. 3472 del 13 luglio 1845: «sono a Napoli già da 14 giorni»; fr. 3507: «l8 di ottobre, alle 5 del mattino sono partito da Napoli e sono arrivato a Roma l11 alle 4»), che Hebbel ricorda a più riprese nei frammenti successivi, avrà offerto sicuramente – come ipotizza Enrico Fiore nel suo articolo – scene di vita quotidiana che quasi naturalmente si trasformano in abbozzi drammatici o novellistici. Daltra parte, il rapporto madre-figlio è stato particolarmente sentito e tematizzato da Hebbel in un suo poemetto, Mutter und Kind, anche in relazione agli strati sociali nei quali si inverava (si veda il fr. 3923, come segnalato da Rega, pp. 19 ss.).
Certo, il frammento hebbeliano ci mette di fronte a un punto di vista femminile e a una paternità “parziale”, per così dire, di cui una madre “totale” tenta di evitare il possibile comportamento ingiusto. Il numero di tre, oltre che la situazione immaginata – che non compare, però, nei tradizionali indici dei motivi folclorici –, crea un collegamento inevitabile con la storia di Filumena. Detto questo, va purtroppo rilevato che dobbiamo fermarci a questo livello di segnalazione, in quanto non si trova nessun commento o autocommento al breve testo dei Diari, né, daltra parte, migliore esito dà una breve ricerca sullepistolario, raccolto nei Sämtliche Werke, in date vicine a quella del frammento.
In attesa, allora, di nuovi documenti, si può solo ricorrere a una geniale teorizzazione di Jorge Luis Borges: «il fatto si è che ogni scrittore crea i suoi precursori. La sua opera modifica la nostra concezione del passato, come modificherà il futuro». Proseguendo nel paradosso, si potrebbe commentare che, scrivendo nel 1951 su Kafka, Borges ha dato vita a testimonianze precedenti relative anche ad altri scrittori. Di plagiats par anticipation ha poi parlato uno dei fondatori dellOulipo, François Le Lionnais, dando vita a una raffinata applicazione, nella storia della letteratura, della figura retorica dello hysteron-proteron.
Ma chi trovasse la teoria del plagio per anticipazione troppo azzardata, potrà sempre leggere una pagina di Elias Canetti, relativa proprio ai Diari di Hebbel e (si potrebbe aggiungere sottovoce) alla nostra amata Filumena Marturano: sono diari che amiamo poiché in essi non cè pagina o quasi nella quale non scopriamo qualcosa che ci riguarda personalmente. Si può aver limpressione daver già scritto noi stessi da qualche parte questo o quello. Forse lo si è perfino fatto davvero. Comunque si sarebbe potuto farlo.
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