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Enzo Fileno Carabba

Enzo Fileno Carabba, Le donne traviate

Data di pubblicazione su web 13/05/2010
Maria Callas ne "La Traviata"

          

«Quando la virtù ha dormito, si alza più fresca» (Umano, troppo umano, Friedich Nietzsche)

 

Cos'è una traviata

Quasi tutti pensano di sapere cosa fa “La Traviata” e quindi cosa sia “Una Traviata”. Lo danno per scontato ma non è detto che lo sia. Abbiamo condotto un esperimento chiedendo a un campione di cittadini italiani di citare esempi di donne traviate a parte la Violetta dell'opera di Verdi. Le risposte sono state innumerevoli e non possiamo qui menzionarle tutte. Citiamo a mo' di esempio i nomi più frequenti: la Monaca di Monza e Madame Bovary. Anche solo l'accostamento di questi tre soggetti può essere motivo di riflessione. La Monaca di Monza e Madame Bovary vengono traviate nel corso della narrazione mentre l'eroina di Verdi, Violetta, è stata traviata in un tempo precedente. Durante la narrazione Violetta conosce il riscatto. Cioè l'opposto del traviamento. Infatti, se l'essere traviata consiste nello smarrire la retta via, il riscatto corrisponde al rimettersi in carreggiata con un balzo inaspettato e di solito doloroso.

Dire che essere traviata corrisponde a smarrire la retta via è forse corretto, ma generico. Vi sono elementi del campione interpellato per cui anche la senatrice Binetti ha smarrito la retta via, ma non per questo la accomuniamo a Violetta o a Madame Bovary o a Messalina (anche Messalina è stata molto votata).

Insomma: se un ricercatore usa la parola Traviata come amo per pescare personaggi nella storia umana troverà di tutto. Solitamente si tratta di donne che hanno smarrito la retta via per un eccesso di carica sessuale (per lo meno nell'immaginario maschile). Ma non è detto. Viene anche portata ad esempio Eva. Per quanto, per essere precisi, forse è Adamo ad essere un traviato.

 

Cosa fa Violetta

Abbiamo dunque tentato la ricerca inversa. Invece di chiedere al campione: «Ehi, mi sai fare un esempio di Traviata? » La domanda è stata: «Cosa fa esattamente La Traviata di Verdi, Violetta. Come la definiresti?».

Ecco le risposte più frequenti: puttana, prostituta d'alto bordo, donna di mondo, mantenuta, cortigiana, geisha, etera, cocotte, escort, donna sfruttata, ragazza immagine, candidata.

Anche in questo caso la proliferazione di ipotesi è impressionante e denuncia una considerevole confusione mentale per quanto riguarda la vita di Violetta e anche per quanto riguarda i termini usati per definirla. Non è possibile in questa sede dipanare tale ginepraio di definizioni. Lo faremo in altre sedi, se opportunamente pagati per la prestazione. (A mo' di anticipo elargiamo questi versi di Gozzano: «Una cocotte! Che vuol dire mammina? Vuol dire una cattiva signorina»). Tuttavia alcuni accenni chiarificatori si impongono fin d'ora.

Per una comprensione più ampia sarebbe necessario stabilire quando la donna ha scelta e quando la donna non ha scelta. Ma questo esula dal nostro raggio d'azione.

 

Puttana di strada

Indubbiamente, Violetta non è una puttana di strada. E questo perché per tutta la durata dell'opera non la vediamo mai per strada, al massimo in carrozza. Inoltre dispone di fiori che consegna agli spasimanti. («Prendete questo fiore» dice Violetta. «Perché? » domanda non del tutto acutamente Alfredo. «Per riportarlo»). Non si è mai vista una puttana di strada dare fiori ai clienti. Questo chiude la questione.

 

Prostituta d'alto bordo

E' forse una prostituta d'alto bordo? Spesso viene definita in tal modo.  Non risulta da nessuna parte che venga pagata a prestazione. Non è una donna a disposizione, non è una donna a cui corrispondi un gettone di presenza sessuale. Non è una donna che puoi affittare ad ore o a giorni. Al massimo, è una donna che affitti ad anni, avendo diritto a una sorta di esclusiva. Ma sarà poi vero? Da quale passo risulta? Di solito alla prostituta d'alto bordo si collega l'idea di una sottomissione ai desideri maschili ma non è questo il caso. In realtà Violetta sembra dominare totalmente la situazione e in particolare gli uomini (se escludiamo Germont, il padre di Alfredo). In questo senso potrebbe sembrare lei una sfruttatrice del corpo maschile.

 

Cortigiana

Le cortigiane. Donne in grado di fare impazzire la meglio nobiltà. Così le immaginiamo. Donne eleganti, colte, capaci soprattutto di squisite conversazioni. Chiaramente non solo di squisite conversazioni: «Così dolce e gustevole divento/ quando mi trovo con persona in letto/ da cui amata e gradita mi sento/ che quel mio piacer vince ogni diletto» sosteneva nel XVI secolo la celebre cortigiana veneziana Veronica Franco (un po' fanfarona, a essere sinceri: lascia che certe cose siano gli altri a dirle, no?). E dice anche, la Franco: «E il mio cantar e il mio scrivere in carte/ s'oblia da chi mi prova in quella guisa/ c'ha' i suoi seguaci Venere comparte». Anche qui un po' eccessiva. In ogni caso parliamo in donne che, oltre a essere talora portate nude sui vassoi alla mensa dei re, scrivevano versi, intrattenevano corrispondenze dotte con gli ingegni migliori del tempo. Donne per cui uomini importanti dilapidavano patrimoni e volatilizzavano regni.

 Violetta corrisponde per certi versi alla descrizione. Ha un suo salotto. Dove riceve. Non è che va nella villa del potente di turno, portata come carne da macello. E neanche resta nascosta in un appartamento in attesa. Sta a  casa sua, ammirata da tutti. E casa sua non è un antro: è il centro del mondo, luogo da cui si lancia in brillanti valutazioni enograstronomiche e psicologiche: «E' al convito che s'apre ogni cor».

Ma qua manca la corte, perbacco! È una cortigiana senza corte. Non ci siamo. Non si dice spesso, infatti, che Traviata è una storia borghese? Questo taglia la testa al toro.

Del resto, la cortigiana era un'entità sfuggente anche nei secoli passati, non solo nell'Ottocento. Mi dicono che molti quadri del Cinquecento Veneziano con titoli come La cortigiana in effetti non rappresentano affatto vere cortigiane ma mogli, magari con un seno coperto e uno scoperto per compiacere il marito (a certi mariti piace il seno coperto).

E qua l'intreccio si infittisce perché, qualsiasi cosa abbia fatto in passato, ora Violetta è chiaramente in cerca di un marito. Forse recita la parte di cortigiana per far capire che potrebbe essere una buona moglie, come le donne raffigurate in quei quadri del Cinquecento Veneziano.

 

Geisha

 C'è chi assimila l'idea di Traviata a quella di Geisha e assimila l'idea di Geisha a quella di prostituta. Nelle cronache di questi giorni leggo di un Silvio che dice: «Giampaolo mi ha detto che siccome vado a Pechino, vuole venire giù, perché ai medici della mutua lui dice: “tu gli dai la geisha e loro ti ordinano la protesi”». Qua l'errore è grossolano perché la patria delle geishe è il Giappone e le geishe non sono prostitute. Le saburuko, le prime figure assimilabili alle geishe, erano cortigiane specializzate nell'intrattenimento delle classi nobili attraverso musica, canto e danza, tra l'altro. Poi che c'entra: nessuno ha detto che le geishe fossero suore. Una cosa interessante – e in qualche modo di attualità – è che le prime geishe erano uomini. In certi periodi c'è stata confusione tra geisha e prostituta di lusso. Ma distinguerle è semplice: le geishe portano l'obi – che sarebbe il nodo della cintura a fiocco del kimono – sulla schiena, mentre le oiran (prostitute di lusso), lo portano sul davanti, per praticità.

Violetta non porta cintura a fiocco e non sta in Giappone. Questo chiude la questione.

 

Escort

Anche quello delle escort è quello che si dice un tema di scottante attualità. Ma non possiamo esimerci. La scienza è scienza. Alcuni ritengono escort un sinonimo contemporaneo e ridicolo di prostituta d'alto bordo. Al che non possiamo che rimandare alla voce precedente. E ribadire che Violetta non riceve gettoni di presenza sessuale e non risulta per niente sottomessa. Quello però che emerge con chiarezza, almeno a giudicare dalle escort che sono apparse in televisione in Italia in questo periodo, è la loro difficoltà di parola, almeno in confronto a cortigiane come Veronica Franco. Questa difficoltà delle escort è in netto contrasto con l'eloquenza colta di Violetta. Tra l'altro in base al linguaggio che utilizza si può affermare che Violetta viene dallo stesso ambiente sociale degli uomini che la circondano. Non sembra valga lo stesso per le escort apparse in televisione ultimamente. (Soggetti che, tra parentesi, hanno scelto il proprio destino). È poi volgare – anche se non necessariamente maschilista – immaginare che alcune donne abbiano ottenuto cariche politiche importanti grazie alla loro attività di escort.  È vero che il rapporto con la lingua italiana di alcune donne giunte a incarichi politici importanti non cessa di sorprendere l'ascoltatore legato a vecchi modelli di eloquenza. È un rapporto genuino ma limitato. Questo, d'altronde, vale ugualmente (forse di più) per molti politici di sesso maschile, guardando i quali è difficile immaginare che siano giunti a incarichi importanti vendendo i loro corpi. Forse la verità, ripensando al fatto che oggi non esistono cortigiane ma esistono escort, è che alle prostitute si chiede sempre meno perché a tutti si chiede sempre meno. Ai politici, agli scrittori e così via. Ma non divaghiamo.

 

Ripercorrendo

Ripercorriamo brevemente l'opera in oggetto, per vedere se non siamo incappati in qualche errore madornale. Abbiamo detto che Violetta non sta per strada. Ha, anzi, un suo salotto in cui riceve. Questo lo si vede fin dalla scena iniziale: «Salotto in casa di Violetta». Però non è una santa. «Al piacer m'affido» sostiene, e cose del genere. D'altra parte questi riferimenti al piacere, per quanto ripetuti, costituiscono, per buona parte dell'opera, il solo elemento che ci porta a concludere che Violetta è una peccatrice. Una conclusione affrettata. Come quella che porta a dire che Epicuro era un porco maniaco del sesso. Potremmo anche considerarla una filosofa, Violetta. Dice: «Tutto è follia nel mondo/ ciò che non è piacer». Presenta, è vero, delle stranezze nella percezione del mondo e del tempo, ma questo è un altro discorso. Quando Alfredo le dice che l'ama lei chiede «Da molto è che mi amate? ». La domanda in verità è stranissima. A meno che non stia calcolando i mancati introiti, ma è un'ipotesi da scartare. Del resto che in quell'ambiente il rapporto col tempo sia strano lo si evince anche da una frase del Barone (Il Barone finora non ha un ruolo definito): quando Violetta gli dice, sostanzialmente, che Alfredo è più galante di lui, il Barone risponde: «Vi conosco da un anno soltanto». E' veramente un bradipo.

Nel secondo atto siamo in una casa di campagna. Alfredo e Violetta vivono insieme. Alfredo dice: «Agi per me lasciò, dovizie, amori [...] Vedea schiavo ciascun di sua bellezza». Si riferisce, l'avrai capito, a Violetta. Sono parole che confermano quanto abbiamo detto riguardo al ruolo non passivo ma dominante della Traviata: una donna che “schiavizza”. Arriva Germont. Di solito il padre di Alfredo viene citato come arido rappresentante dei valori borghesi. In realtà sfodera una camaleontica capacità di adattamento, direi da truffatore. Violetta gli rivela che non sta affatto rovinando il figlio, al contrario: è lei che sta pagando i conti e che sta vendendo tutti suoi beni per farlo. Germont con un colpo di genio invece di dire “Uh mi scusi tanto” rilancia: «Ah il passato, perché v'accusa!». Questo è il primo punto, mi sembra, in cui apprendiamo che Violetta ha un passato che l'accusa. Segue uno scambio dialettico dove si conferma che Violetta ha capacità logico-espressive superiori a quelle di un ministro; solo che Germont è un osso troppo duro, con cambi repentini di tono e di logica. Durante questo scontro emerge dalle stesse parole di Violetta che lei è una «misera, ch'è un dì caduta». Qua si continua ad alludere senza fare chiarezza. Del dialogo tra Germont e Alfredo non è il caso di parlare perché non riguarda il nostro tema (e cioè: di quale genere è il traviamento di cui si parla?) in ogni caso l'incallito truffatore – perché sembra chiaro che mira a spolpare le sostanze di Violetta – si conferma grande, tirando in ballo la Provenza, il mare, il sol, Dio e «il tuo vecchio genitor», che poi sarebbe lui stesso.

E qua veniamo (saltando) alla scena che potrebbe smentire la teoria per cui Violetta non è né una prostituta né una mantenuta né una geisha, né una escort ecc. ecc. Tra parentesi, secondo noi non è neanche così giovane come solitamente si crede, e lo scaltro Germont non manca di alludere a questo dettaglio. Comunque, Violetta ha lasciato Alfredo, convinta da Germont, ed è tornata col Barone. Eccoci di nuovo nel «popoloso deserto che appellano Parigi». C'è una festa a casa di Flora e Violetta va lì con il Barone. In realtà la scena inizia che la coppia non è ancora arrivata. «Ella verrà qui con il Barone». Si ricorderà che il Barone è lentissimo. Più tardi, quando finalmente sono arrivati tutti, Alfredo dice a Violetta che se lui uccidesse il Barone toglierebbe a lei «con l'amante il protettore». Questa sembra finalmente un'indicazione chiara. Però pronuncia queste parole in uno scatto d'ira. Se un fidanzato dice a una fidanzata, per esempio “Sei una puttana” non si può concludere che lei si prostituisce. In ogni caso l'indicazione sembrerebbe suggerire quel rapporto complesso (un affitto ad anni) di cui si parlava all'inizio e che non prevede gettoni di presenza ma anche un legame affettivo.

Violetta dice «Scorda un nome ch'è infamato», anche qua non è chiaro il fondamento dell'infamia.

Arriviamo alla scena in cui Alfredo fa una sfuriata davanti a tutti. Imbestialito, si autocarica, per così dire. Si prepara a dire qualcosa di atroce e vediamo che ha ereditato una scintilla delle capacità retoriche paterne. «Questa donna conoscete?», chiede alla gente attorno. Quelli rispondono in modo idiota (devono essere rallentati anche loro) ma lui continua per la sua strada: «Che facesse nol sapete?» Qua ce lo immaginiamo paonazzo. Ed ecco l'accusa terribile: «Ogni suo aver tal femmina/ per amor mio spendea». Come offesa è sorprendente. Comunque poi chiama tutti a testimoni che lui questa donna ora la paga. Getta una borsa ai piedi di Violetta (si presume sia una borsa piena di soldi, ma con un padre del genere potrebbe anche essere vuota: quello che conta è l'effetto). A questo punto col suo consueto tempismo piomba Germont e – con la consueta faccia tosta – definisce il figlio «Di donne ignobile insultatore». E raggiunge una delle sue vette istrioniche dicendo: «Dov'è mio figlio? Più non lo vedo». Ce lo immaginiamo proprio mentre fa il gesto di brancolare nel buio. E dire che è stata tutta colpa sua! In ogni caso da questa scena si ha la conferma che Violetta non è donna che possa essere pagata in pubblico.

Le azioni che seguono hanno meno rilevanza dal nostro punto di vista. Il Barone, sempre in stato sonnambolico, propone – molto confusamente – un duello. Da come si esprime lo si direbbe un ministro messo lì per la sua avvenenza. Successivamente si saprà che è stato ferito da Alfredo. Che sia solo ferito è da considerarsi un vero miracolo, visti i suoi tempi di reazione.

Germont diventa incredibilmente comprensivo verso Violetta morente (deve averle azzerato i risparmi). Alfredo capisce la verità, torna da Violetta ma è tardi.

Verso la fine dell'opera e della sua vita, Violetta, sempre più pallida e malata, dice ad Annina, la cameriera: «Della traviata...sorridi...al desio». E mi sembra la prima volta che nell'opera compare la parola traviata (se escludiamo il titolo).

E dire che ancora non abbiamo capito cosa ha fatto!

 

 

 


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