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Anna Maria Testaverde

Anna Maria Testaverde, “Valente Pittore ed eccellente Poeta”: Giovan Maria Casini tra drammaturgia e ‘primato della Pittura’ (II parte) REGESTO

Data di pubblicazione su web 27/06/2008
copertina

REGESTO

Firenze, Biblioteca  Riccardiana, ms.2944.

cc.4r-46v.
Commedia senza titolo in  5 Atti
Personaggi individuati.
Lelio, Antonia, Delia, Sofia, Orazio, Violante, Carota, Pandolfo, Baragatto, Capitano Raperino, 2 birri, Tina, Tarpa (?)

cc.52r-v.
Al Virtudioso et eccellente Pictore, il sig. Federigo Zucchero Padron mio osservandissimo
Più volte ho meco stesso considerato virtuosissimo s.re mio in che modo io potessi far chiare al mondo l’ardente desiderio ch’ho sempre tenuto et tengo di mostrarmi al segnio d’affetione ch’io per più cagione ragionevolmente vi porto, così per le rare virtù che risplendano nel bel animo vostro, come anco per l’infiniti benefitii che del continuo da voi, senza mio merito inveruno ho ricevuti, ma l’Altezza del grado vostro e la bassezza del mio stato non m’hanno dato opportuna occasione di satisfare a questo mio debito et onorato desiderio; ora finalmente volendo mandare in luce una mia commedia detta l’Innamorata l’ho voluta accompagniare con l’onoratissimo nome vostro et certo a ognuno [potevo] io più degnamente intitolare le fatiche da me fatte perché oltre all’alte rarissime parti in voi dalla natura concesse, siate ancora talmente nella poesia esercitato, che benché pochi all’età nostra vi si ponno eguagliare le quali accompagniate al nostro antico et imortale stile del disegnio et con la candidezza dell’animo, et [lacuna del testo] vita di vita cui promette fama gloria immortale, ma mentre io m’ingegnio rancontare l’alte doti dell’animo vostro potrei essere giudicato adulatore, mi riserberò a più comodo tempo voi intanto riceverete questo mio picciol dono misurandolo con la vostra infinita cortesia et con la grandezza del animo mio.
Di Firenze il dì 21 di Gennaio 1582.
Di v. s.ra  s.re
Gio. M.a.Casini

c.53r
La padovana [soprascritta alla parola ‘innamorata’] commedia di Gio.M.a Casini Pictore
[Interlocutori]

c.54r-55v.
Prolago
Io reputo, nobilissimi spettatori, che fra tutte l’arti quella ritenga più nobiltà,e di maggior stima sia meritevole, la quale ogn’altra contenga, senza esser contenuta: et che agl’ effetti della natura più si assomiglia. Tale è la pittura, arte mirabile, e divina, che non solo alle meccaniche soprastà ma ancora tutte le liberali in se stessa contiene; et più d’ogn’altra è, della natura imitatrice. Questa principalmente ha in se l’arte della Retorica: conciosia che le attitudini ben disposte, e la gratia de membri che si veggono nelle vaghe pitture, altro non sono che un parlamento, una persuasione et una rettorica tanto attrattiva, che ben si può dirne quel verso del Poeta

Lega la lingua altrui gli spirti invola

In questa noi ci conoscete, il discorso della Dialetica perchè ella distingue con i chiari e con l’ombre sofistica dimostrando il Rilievo, dove realmente non è et colla compositione de’ colori così bene va silogizzando, che viene a conchiudere le Figure colorite rilevate con moto, e con spirito: perciò che la buona Pittura è tale, che accostatovi il vero, tu dirai, o che l’uno, e l’altro sia verità, o l’uno, e l’altro bugia. Non vedete voi questa esser ripiena di tutti i numeri de l’Arismetica? Non vi vedete la proporzione, mentre che da un piccolo disegno ne risultano grandezze di figure immense? Non vedete che come dall’unità i numeri, così da una sola Figura procedono le storie con moltitudine di diverse figure, e quasi infinite. In questa si ritrovano tutte le figure della Geometria, perciochè altro non è, la Pittura, che un piano coperto di Linee, d’Angoli, di Superficie, e di Corpi, i quali con unito contrasto fanno la dimostratione di infinite bellezze. Se voi cercate la Musica in costei; guardatela per tutte le parti, che altro non troverete,  che Armonia concordata da diversi Dintorni, Colori, e sbattimenti, le quali cose a guisa di Consonanze perfette, et imperfette, di Tuoni, gravi, et acuti, et di Misure distanti, formano il Componimento. E che altro direm noi esser la Pittura, se non una Filosofia, la quale con il desiderio di sapere (che altro non suona Filos et Sofia) ha investigate tutte le cose del mondo, et così ben raccolte, che quanto ne à moltitudine di libri si ricerca, tutto nelle Pitture  si ritrova. E dove finalmente meglio si comprende l’arte dell’ Astrologia, che nella Pittura? Come si sarebbe egli mai potuto conoscere le grandezze, et i Moti de le Stelle fisse, se la Pittura non l’havese dintornate nella forma di 12 segni nel Zodiaco? Ma che bado io più? Dove è Scultura, et l’Architettura, strettissime sue sorelle, se non in costei? Dove la Prospettiva, dove l’esercitio dell’Armi, et dove finalmente, il pieno ritratto de la natura, se non in lei? Di lei adunque tanto miracolosa
noi oggi rappresentarvi alcune figure, le quali vedrete tanto immitare la verità, co moti, con l’attione, et con gl’effetti, che mi rendo sicuro, che direte la nostra Pittura esser viva, la quale come Fioretina sia, et Fiorentino il suo autore, esce fuora con questo nome di Padovana. Dateli adunque atenzione, si come nell'ammirare le buone Pitture usarsi suole. Et vedete, da i colori, et dalla latitudine, che l'è composta, di cavarne un buon componimento per gl'animi vostri, conciosia, che le commedie non sien altro, se non un esempio, dove e si scuopre la chiarezza, e l'oscurità de costumi umani. Ma ecco che già, io vengo alla promessa: perchè l’aspetto di due persone comparisce ne la Scena della nostra storia. Ascoltate, tacete, et notate.

cc.56r-92v.
[Testo della commedia]

cc.96r-202v.
Intermedio Primo
Vedesi adunque in breve spazio dopo il cadere delle cortine quali ascosi devono alli occhi delli aspettatori la prospettiva con non piccolo artifizio uscire dalla pianaterra la Natura la quale era nuda da mezzo in su con sei poppe con crini lisciati pendenti sino alle spalle con faccia né giovane né vecchia, et il resto sino a piè era a guisa d’un caos dipinto di varii animali.

Natura
Io che mossa d’amor nell’universo fatta feconda sono eternamente, otiosa mai non sto, né mai son lassa. A scoprirvi le mie forme in ogni parte generando i miei figli. Ecco il mio parto, ecco del seme mio il più bel frutto che sia d’ogni altro al mondo più pregiato. Veggasi quanto vaglia il poter mio ne momenti del tempo et della vita che sol per me vien fatta acciò gradita.

La quale quando sia questa parola ecco del seme mio il più bel frutto s’aperse il Caos et partorì un putto et di subito se ne tornò dentro il caos, sino a che non si vidde più, il qual putto disse le seguenti parole.

Fanciullo
Questa luce, dell’alma […] l’eterno mio fattor hora rivolge miei desiri all’opre più leggiadre et già fra tutti i figli che natura discopre adhor, ad hor in questa luce il più meraviglioso esser conosco. Ma se di vizii dentro il cor informo Hai nel più basso grado mi trasformo.


Furie
Detto questo di subito comparse da una banda un mostro diversamente figurato significato per il vizio et dall’altra parte la dea Palla la quale era armata di corsaletto, l’elmetto con capelli pendenti con tre succinti molto ricchi et li suoi calzaretti con lo scudo in braccio et dall’altra mano un’aste con la quale difendendo il putto dal mostro disse i presenti versi:

Palla
Fuggi di qui mostro crudel, non vedi che sotto il gran poter del mio valore questi è difeso. Io le son scorta et duce. Dalle più oscure tenebre alla luce. Et dette le soprastante parole sparte il mostro et lei prese il putto per la mano applicandolo alla virtù.

Intermedio secondo
Finito il primo atto, seguitandosi sempre l’incominciata favola da una delle quattro strade che per uso de’ recitanti s’erono nella scena lasciate, uscì l’istessa Pallade con il putto per la mano et mostrandoli il tempio della Virtù disse: 

Pallade
Ecco ch’indirizzo il giovinil pensiero per quella strada, se la virtù s’anida Acciò il presente secolo, el futuro che facilmente al vizio apre le porte, scorga quanto valor nella tua madre da me s’infonda: hor là prendi il cammino dove far ti potrai sacro et divino.

Fanciullo
Io per quest’orme indirizzo lieto il passo vago che giunga al desiato effetto di quanto tu prometti il mio desire. L’alma sia pronta et orgoglioso il petto a tutti i gran perigli ch’alto o basso fortuna, rote et il valor, l’ardire mi potrà di virtù le porte aprire.

Intermedio terzo
Comparve nella fine del secondo atto da una delle strade predette il detto putto con il medesimo abito nudo con alcune frondi intorno tutto inanimito per salire al tempio della virtù et disse le seguenti parole:

Fanciullo
Di timido son tutto ardito et pronto sichè nel raro obbietto di virtute già vago et mi dispongo e muovo il piede per salire la soglia di sua sede.

Detto questo comparse dalla strada contraria la Faticha con giogo in mano, di faccia sterile et sbracciata, cinta di pelle di bove, dicendo i precedenti versi

Fatica
Ferma il veloce et temerario passo che in questo tempio alcun non entra che provato da me prima non sia. Per quelli s’entra et saglie alla gran soglia che stan soggetti al gioco, et fansi amica. Per cui virtù s’acquista la fatica.

Et detto ciò dando il giogo al fanciullo di compagnia si partirono.

Intermedio quarto
Alla fine di questo terzo atto si vide comparire il medesimo fanciullo con il gioco nella spalla con un ramo d’oro in mano dicendo queste parole:

Fanciullo con ramo d’oro et gioco in mano

Non è della Faticha aspro il viaggio né di spietato il gioco, anzi la strada sicuramente scorge, e questa salma fa la ferma ragion lieve et soave

Dove che mentre diceva l’infrascritte parole, si vidde in un attimo quasi dal pavimento della scena nascere sette ponticelli da quali mondi uscì sette inganni, et questi furno agevolmente conosciuti per tali per ciò che ciascuno aveva sopra la capellatura ma con diversa et graziosa attitudine una volpe quali in vero diedero piacevole et festosa veduta de’ riguardanti, havevano il busto poi tutto macchiato et [bindanato?] a guisa di pardo te il resto del corpo et le zampe et le code in sembianza di serpente. In mano altri di loro avevano trappole, altri armi, altri oncini o rampi, quali aggirandosi intorno al putto sempre mutamente con questo solo perché la commedia non venisse offuscata là dove il putto disse  i seguenti versi liberandosi da loro:

Ma quel drappello iniquio hora m’assale ferma schiera di virtù orrende et brutta. Fuggite infernal belve, io sol con questo ramo che al tempio di virtute ho tolto sarò difeso. Hor la tua forza è vana turba di finte larve empia e profana.

Et detto ciò si partì et gli inganni s’e n’andorno per le strade della prospettiva.

Intermedio quinto
Dopo il quarto atto comparse da una delle quattro strade il nominato giovanetto vestito di pelle con i detti giogo et ramo in mano accompagnato dallo Studio e dall’Amore, il qual Studio era vestito di pelle et buona  parte nudo con un gallo sulla spalla, in mano una squadra, un archipendolo, un compasso et altri in strumenti simili. L’Amore non era né fanciullo né cieco, ma vestito al solito riccamente et il giovanetto disse e seguenti versi:

Hor voi Studio et Amore inalzate l’ali. Hor ottengo in me stesso il gran concetto che fa gradita eternamente l’alma. Fai che nutrice  in me porti la palma. Sento quasi infinito il mio diletto che ne’ cose mortali al ciel mi tira. Voi mi ponete in parte ov’io contemplo una sola ragion fra le supreme che sola può bear la nostra speme.

Il qual finito i detti versi insieme se ne partirono

Intermedio sexto et ultimo
Finita la Commedia, comparse in scena la Fama adorna d’infiniti velami con calzaretti et cappelliera ricchissima, con l’ale et dua trombe una per ciascuna mano et dietro il giovane con un dado finto di pietra quadrata per segno di perfezione vestito assai sontuosamente, et la Fama disse questi versi:

Fama
Hor che sgomberate hormai tutte le nebbie al par del sole ne vai pregiato et chiaro Verrai seguendo i miei veloci passi dietro del trionfo mio. Io son la Fama che con sonora tromba gli alti nomi traggo doppo la morte e a questa luce vivi riserbo e in ogni parte canto. Per me tu fosti mosso alla virtute et ella t’ha condotto a dolce gloria dovre andrai trionfando di vittoria.

Il giovanetto rispose le seguenti parole

Fama, Virtute et Gloria assai ringrazio per li cui raggi ardenti il mio desire forse n’andrò nel ciel lucente et bella. Nuova nel secolo nostro apparsa stella

et tutti questi intermedi furono accompagnati da una musica la quale cantava un madrigale avanti l’intermedio et uno dopo et fu tutta da musica accompagnata con gl’infrascritti in strumenti

Da quattro gravicemboli doppi
Da quattro viuole d’arco
Da dua tromboni
Da due tenori di flauti
Da un cornetto muto
Da una traversa

Da duoi leuti et per esser la stanza capacissima, rendeva gran melodia et detta musica fu composizione di ms. Zanobi Ciliani in detta professione eccelentissimo.

I parte


NOTE:

[1] S.Mamone, Vita d’accademia tra tela e scena, in Dei, semidei, uomini. Lo spettacolo a Firenze tra neoplatonismo e realtà borghese (XV-XVII secolo), Roma, Bulzoni, 2003, p.216.

[2] C. C. Malvasia, La Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, a cura di G. P. Zanotti, Bologna, Forni, 1967 (rist.anast. del 1841), vol. II, p. 116.

[3] J. Franceschi, Descrizione della Barriera fra i Traci, e l’Amazone. Rappresentata da Nobile Gioventù Fiorentina in casa i Signori Montalvi, a dì 17 di febbraio 1608, Firenze, Volcmar Timan Tedesco, 1608, p. 14.

[4] F.Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua […], a cura di P. Barocchi-A. Boschetto, Firenze, Spes, 1974-1975 (rist. della ed. Firenze 1845-1847), vol. III, p. 414.

[5] Ivi, pp. 243-244.

[6] R. W. Lee, Ut pictura poesis.La teoria umanistica della pittura, Firenze, Sansoni, 1974.

[7] “Dico adunque la pittura, brevemente parlando, non essere altro che imitazione della natura; e colui che più nelle sue opere le si avicina, è più perfetto maestro. Ma perché questa diffinizione è alquanto ristretta e manchevole, perciò che non distingue il pittore dal poeta, essendo che il poeta si affatica ancor esso intorno alla imitazione, aggiungo che il pittore è intento a imitar per via di linee e di colori, o sia in un piano di tavola o di muro o di tela, tutto quello che si dimostra all'occhio; et il poeta col mezzo delle parole va imitando non solo ciò che si dimostra all'occhio, ma che ancora si rappresenta all'intelletto. Laonde essi in questo sono differenti, ma simili in tante altre parti, che si possono dir quasi fratelli” (cfr. L. Dolce, Dialogo della pittura intitolato l’Aretino, Bari, Laterza, 1960, p. 152).

[8] Ivi, p.155.

[9] L’appellativo riguarda l’accademico fiorentino Francesco Rovai, così descritto in F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, cit.,  vol. IV, p. 213.

[10] G. P. Lomazzo, Idea del tempio della pittura, ed. commentata e tr. di R. Klein, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1973, p. 87.

[11] G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Bologna, Forni, 1973 (rist. anast. Ferrara 1722), p. 256.

[12] L. Allacci,  Drammaturgia di Lione Allacci accresciuta e continuata fino all’anno MDCCLV, In Venezia, presso Giambatista Pasquali, 1755, p. 954.

[13] L. Goldenberg Stoppato, Per Domenico e Valore Casini, ritrattisti fiorentini, “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, nn. 1-2, 2004, pp.165-210.

[14] Firenze, Biblioteca Riccardiana (d’ora in avanti BFR), ms. 2783/9, cc. 35r-v (dedica). Il testo della commedia comprende le cc. 1r-34r; una copia mutila alle cc. 38r-56v; gli intermedi sono alle cc. 58r-73v. Si veda  il catalogo di S. Castelli, Manoscritti teatrali della Biblioteca Riccardiana di Firenze,Firenze, Polistampa,1998.

[15] BRF, ms. 2944, cc. 3r-46v.

[16] Cfr. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani, 1978, vol. XXI, pp. 350-351; D. E. Colnaghi,  Colnaghi’s Dictionary of Fiorentine Painters. From the 13 th to 17th Centuries, Firenze, Arti Grafiche Bandelli,1986.

[17] L. Zangheri (a cura di ), Gli accademici del Disegno. Elenco alfabetico, Firenze, Olschki, 2000, p. 71.

[18] Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASF), Accademia del Disegno,filza 26, c. 18r.

[19] Ivi, c.26r. Si allude a Tommaso Francini (1571-1651), allievo del Buontalenti, che avrebbe poi fatto una carriera eccellente in Francia come giardiniere-scenografo. Su questo, cfr. M. Longo, Tommaso Francini, ingegnere, scenografo, "honorable homme" fiorentino alla corte di Francia (1598-1651), "Teatro e Storia", n. 24, 2003.

[20] Ivi, c. 9r.

[21]  Agostino Lapini nel suo Diario ricorda che la facciata del Casini fu “da chi lodata e da chi biasimata come in tutte le cose il più delle volte interviene”. La notizia è riportata in M. Bietti-G. Gentilini (a cura di), La Misericordia di Firenze. Archivio e raccolta d’arte, catalogo ragionato, Firenze, Coop. Officine Grafiche, 1981,  p. 218.

[22] V. Fineschi, Il Forestiero istruito in Santa Maria Novella, Firenze, Presso Leonardo Ciardetti, 1836, p. 68.

[23] S. Orlandi, Necrologio di S. Maria Novella, Firenze, Olschki, 1955, p. 277.

[24] Cfr. K. Eisenbichler,The boys of the Arcangel Raphael: a youth confraternity in Florence, 1411-1785, Toronto-Buffalo-London, University of Toronto Press, 1998.

[25]  Secondo il Baldinucci, i Comi furono sepolti nella Cappella di S. Umiltà: “in questa Cappella avvi un’Arca de’ Comi, a quali attiene anche una sepoltura, che viene appiè fatta da Bernardo di Benedetto de’ Comi come leggesi nel Sepolturario del Sig. Canonico Salvino Salvini”. Cfr. in F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, cit., Vol. III, p. 161.

[26] Cfr. C. Acidini Luchinat, Taddeo e Federico Zuccari fratelli pittori del Cinquecento, Milano-Roma, Jandi Sapi, 1999, vol. II, p. 120, n. 126.

[27] L’ipotesi è proposta in Z. Wazbìnski, L’accademia medicea del disegno a Firenze nel Cinquecento. Idea e istituzione, Firenze, Olschki, 1987, vol. I, pp. 316-317. La presenza è invece confutata in C. Acidini Luchinat, Taddeo e Federico Zuccari fratelli pittori, cit., vol. II, p. 116, n. 25, e in F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, cit.

[28] Si veda A. M. Testaverde Matteini, L’officina delle nuvole. Il Teatro Mediceo nel 1589 e gli “Intermedi” del Buontalenti nel “Memoriale” di Girolamo Seriacopi, “Musica e Teatro. Quaderni degli Amici della Scala”, nn. 11-12, 1991, p. 187.

[29] Cfr. A. M. Testaverde, Patronato artistico, committenza teatrale e propaganda alla corte dei Medici, in M. Charini-A. O. Darr-C. Giannini (a cura di), Michelangelo e l’arte a Firenze 1537-1631, catalogo della mostra,  Milano, Skira, 2002, pp. 133-143.

[30] BRF, ms. 2944, cc. 52r-v. Nel manoscritto il titolo è cassato e sostituito con Padovana.

[31] Lacuna nel testo.

[32] Nel manoscritto vi è un inserimento poco leggibile e quindi in interlinea “potrei da seguaci di Momo esser giudicato adulatore”.

[33] Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberino Latino ms. 3752, pp. 1-90. Sul frontespizio un ovale con panorama agreste. La dedica allo Zuccari è alle pp. 3-4. 

[34] ASF, Ufficiali della Grascia f. 194, c. 230r.

[35] BFR, Fondo Bigazzi, ms. 74.

[36] La Padovana di Gio. Maria Casini Pittore, & Accademico Fiorentino, con gl’Intermedii dell’istesso, in Firenze, nella Stamperia di Cosimo Giunti, 1617, cc. A2.

[37] Nel ms. riccardiano si legge alla c. 96r: “Vedesi adunque in breve spazio dopo il cadere delle cortine quali ascosi devono alli occhi delli aspettatori la prospettiva con non piccolo artifizio uscire dalla pianaterra la Nat.a la quale era nuda da mezzo in su con sei poppe con crini lisciati pendenti sino alle spalle con faccia né giovane né vecchia, et il resto sino a piè era a guisa d’un caos dipinto di varii animali. […] s’aperse il caos et partorì un putto et di subito se ne tornò dentro il caos, sino a che non si vidde più, il qual putto disse le seguenti parole".

[38] Sull’argomento si veda  S. Rossi, Dalle botteghe alle accademie. Realtà sociale e teorie artistiche a Firenze dal XIV al XVI secolo, Milano, Feltrinelli, 1980.

[39] G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, Firenze, Sansoni, 1973, vol. I, p.168.

[40] D. Heikamp (a cura di), Scritti d’arte di Federico Zuccari, Firenze, Olschki,  p. 37.

[41] BRF, ms. 2783/9, cc. 36r-v.

[42] Su questa commedia si veda: A. Gareffi, La scrittura e la festa. Teatro, festa e letteratura nella Firenze del Rinascimento, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 303-335.

[43] Così recita invece la descrizione del I intermedio de La Cofanaria: “Finito il primo Atto, seguitando, come si farà sempre, l'incominciata Favola, si vide da una delle quattro strade, che per uso de' recitanti s'erano nella scena lassate, uscire un picciolo Cupidino” (cfr. La Cofanaria commedia di Francesco d’Ambra, Con gl’Intermedii di Giovan Battista Cini; recitata nelle Noze dell’illustrissimo S. Principe Don Francesco de Medici, et della serenissima regina Giovanna d’Austria, Firenze,1566, p. 7.

[44] “Atto quasi che il pavimento della Scena in sette piccioli Monticelli s'andasse alzando, onde si vide a poco a poco uscire prima sette, e poi sett'altri Inganni. Questi furono agevolmente conosciuti per tali, percioché ciascuno haveva sopra la cappellatura, ma con diversa e graziosa attitudine, una Volpe, che diedero in vero piacevole e festosa veduta a' Riguardanti. Haveano il busto poi tutto macchiato et indanaiato a sembianza di Pardo, et il resto del corpo, e le zampe e le code a guisa di Serpente. In mano Altri di loro havea Trappole, Altri Ami, et Altri Oncini o Rampi, sotto ciascun de' quali erano ascose Storte musicali” (ivi, p. 13).

[45] ASF, Depositeria generale, filza 389, c. 17r. Cfr. anche W. Kirkendale, The Court Musicians in Florence during the Principate of the Medici: with a Reconstruction of the Artistic Establishment, Firenze, Olschki, 1993,  p. 117.

[46] “A Soddisfazione de' curiosi Musici, direno ancora che, per esser la Sala, oltre alla meravigliosa bellezza, di grandezza et altezza singulare, et forse la maggiore di che oggi si habbia notizia. Fu necessario fare i Concetti della Musicha molto pieni; et però: il primo, onde uscì quella dolcissima armonia nell'aperto Cielo, fu formato: Da quattro Gravicembali doppi Da quattro Viole d'Arco Da dua Tromboni Da dua Tenori di Flauti Da un Cornetto muto Da una Traversa Et da dua Leuti che con bellissime ricerche, come si vedrà stampandosi le Musiche” (cfr. La Cofanaria comedia, cit., p.16).

[47] D. Mellini, Descrizione della entrata Della Serenissima reina Giovanna d’Austria. Et dell’apparato fatto in Firenze nella venuta, & per le felicissime nozze di S. Altezza et dell’Illustrissimo & Eccellentissimo  S. Don Francesco De Medici Principe di Fiorenza & Siena […], Firenze, Giunti, 1566, p. 123.

[48] F. Sansovino, Della origine et de’ fatti delle famiglie illustri d’Italia. Di M. Francesco Sansovino, in Vinegia, presso Altobello Salicato, 1582, p. 85.

[49] V. Carrari, Historia de’ Rossi parmigiani di Vincenzo Carrari giureconsulto ravennate al serenissimo principe, il sig. Alessandro Farnese, Principe di Parma, et di Ravenna, et di Piacenza, etc., Ravenna, presso Francesco Tebaldini, 1583, p. 218.

[50] Ibidem.

[51] Cfr. D. Mellini, Descrizione dell’entrata, cit., c. A6.

[52] Cfr. M. Visonà, Ville e dimore di famiglie fiorentine a Montemurlo, Firenze, Edam, 1991.

[53] Cfr. L. Goldenberg Stoppato, Per Domenico e Valore Casini, cit., p. 166.

[54] Sull’iconografia riguardante il "primato delle arti" nei festeggiamenti del 1565 si veda S. Mamone-A. M. Testaverde, Vincenzio Borghini e gli esordi di una tradizione: le feste fiorentine del 1565 e i prodromi lionesi del 1548, in G. Bertoli-R. Drusi (a cura di) Fra lo “spedale” e il principe. Vincenzio Borghini Filologia e invenzione nella Firenze di Cosimo I, Padova, Il Poligrafo, 2005, pp. 65-93.








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