Partendo
dalla tecnologia più avanzata dei giorni nostri, Emmanuel Reibel realizza unanalisi estetica sul rapporto tra musica e
tecnologia durante la rivoluzione industriale, attraverso la narrazione della
nascita e dellutilizzo di macchine tecnologiche nella vita musicale europea,
con unattenzione particolare alla Francia. Il
volume inizia – e, come vedremo, finirà – con il ricordo di quanto la
tecnologia sia stata essenziale durante il lockdown per far arrivare la musica
nelle case degli ascoltatori, prendendo come spunto la celebre registrazione del
Boléro di Ravel dellOrchestre
National de France: gli orchestrali registrarono da remoto tramite smartphone le
proprie esecuzioni, successivamente riunite e sincronizzate in un unico video.
Nella prima sezione, Le
métronome ou la mécanisation du temps musical, Reibel esamina la storia del
metronomo, meccanismo che si impose sui vari cronometri e pendoli musicali a
partire dal 1815, anno in cui Autrichien Maezel depositava il suo brevetto a
Parigi, città «dans laquelle la vie musicale est la plus perméable à la
civilisation industrielle» (p. 17). Sebbene alcuni contemporanei fossero restii
ad accettare un oggetto così coercitivo a livello interpretativo (Carl Maria
von Weber si domandava: «veut-on donc mécaniser lArt?»; Diderot lo riteneva
nocivo per la macchina musicale per eccellenza: il musicista), molti
compositori compresero la necessità di trasmettere la propria idea di tempo
agli esecutori attraverso il nuovo metronomo: ben presto infatti si osservano allinterno
delle partiture le prime indicazioni metronomiche, con dicitura MM, abbreviazione
per Métronome de Maelzel. Si osserva tuttavia una posizione ambivalente per
tutto il diciannovesimo secolo: Boieldieu, Cherubini, Paër, Spontini, Czerny,
oltre al Conservatorio di Parigi, riconobbero presto la validità del metronomo,
mentre altri compositori, come il già citato Weber, Mendelssohn, Brahms e Wagner
rimasero piuttosto perplessi, temendo di perdere la libertà e la naturalezza
interpretativa.
Nella seconda sezione, À
toute vapeur! Les inteprètes au temps des machines, vengono analizzati i
principali effetti della rivoluzione industriale nella vita musicale, in
particolare la nascita e luso della macchina a vapore. In uno dei disegni di Jacques Grandville (per lappunto,
in copertina) si ironizza sulla disumanizzazione dei musicisti, esecutori
androidi che suonano senza lausilio delle partiture, mentre dalle loro teste esce
un fumo bianco, creando così un “concerto a vapore”. Lorchestra viene vista
come una macchina del suono, pronta a rispondere ai comandi del direttore – in
questo caso un orologio – nellideale della precisione e della regolarità
industriale.
Reibel
descrive lindustrializzazione della produzione di strumenti musicali, in primis del pianoforte (strumento per
eccellenza del diciannovesimo secolo), per il quale luso delle macchine a
vapore permette di realizzare numerose migliorie nella meccanica. Vengono
costruiti nuovi strumenti, come il sassofono, ma anche i più “tecnologici” organi
meccanici (il Panharmonicon del già citato Maelzel) e i rulli perforati, necessari
per diffondere la musica più in voga nei centri abitati minori. Anche la
formazione musicale viene vista in chiave industriale, con la pubblicazione di
numerosi metodi vocali e strumentali, oltre alla nascita di macchinari dedicati
ai giovani allievi pianisti, come il chirogymnaste per allenare le dita: il
musicista (incluse le sue mani) viene immaginato come una macchina da
perfezionare.
Nella
terza parte, Composer à lheure
industrielle, si affronta lavvento dellindustrializzazione nelle
composizioni. Se «en un siècle où le mouvement des hommes, des marchandises et
de largent va saccélérant, la musique se transforme bel et bien en miroir du
tempo moderne» (p. 250), emerge il peggioramento della qualità musicale a
favore della quantità, a causa della produzione di massa di opéra-comiques in
Francia, di melodrammi italiani e di repertorio cameristico. La produzione musicale
diviene industriale per la presenza considerevole di compositori-automi, che
scrivono continuamente nuove partiture per conservare la propria notorietà. Il
ritmo serrato e laccelerazione continua – ben presenti in Rossini, che veniva
considerato un meccanico senza anima e senza arte, ma anche in Beethoven e in Offenbach
– sono effetti dellideologia della velocità, nata dallindustrializzazione.
Nellultima
sezione, Les auditeurs au temps de
lélectricité, Reibel individua una correlazione estetica tra musica ed
elettricità, poiché i sentimenti che la musica richiama nella mente e nel
fisico dellascoltatore sono equiparabili a unesperienza elettrostatica,
immediata e intensa. Del resto lelettricità permette di ascoltare musica ovunque.
I principali spettacoli dellOpéra e del Théâtre-Français potevano essere
ascoltati comodamente da casa attraverso il théâtrophone, oggetto presentato durante
lExposition parigina del 1889. Lavvento di questi macchinari, come anche degli
apparecchi automatici a gettoni, permetteva non solo una diffusione capillare
della musica, ma anche un ascolto più concentrato. Allo stesso modo il
grammofono, definito «la machine parlante» (p. 319), è stato un oggetto
essenziale nella riproduzione della musica, che ha permesso oltre allascolto
casalingo anche la conservazione archivistica, permettendo inoltre la
democratizzazione della musica.
Come
anticipato, il contributo si conclude con il Boléro e con un aneddoto a esso legato, in cui si racconta la celebre
discussione tra Ravel e Toscanini: il primo accusò il secondo di aver eseguito
lopera a una velocità troppo sostenuta e di non aver preso in considerazione
le sue indicazioni metronomiche in partitura; Toscanini affermò di aver ascoltato,
inciso su un disco, un Boléro diretto
dallo stesso Ravel e che i tempi staccati fossero uguali. Non sempre la
tecnologia mette tutti daccordo.
di Isabella Rossi
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