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Theaterheute, Nr. 12, Dezember 2023


pp. 72 € 18, 50
ISSN 0040 5507

Anche in questo numero di «Theaterheute» si presenta assai corposa e dettagliata la sezione Aufführungen, in cui si raccolgono le recensioni delle principali produzioni teatrali dell’area tedesca.

Primeggia il prestigioso Deutsches Theater di Berlino nella nuova direzione di Iris Laufenberg che affida ad Alexander Eisenach, anche autore del testo, la regia di Welltall Erde Menschen, racconto di un incontro tra una ragazza (Sarah Franke) che vive in un pianeta popolato esclusivamente da donne e un ingegnere specializzato in viaggi interstellari. Nella complicata storia sentimentale di Baracke di Rainald Goetz si intrecciano percorsi storici novecenteschi prevalentemente incentrati sulla narrazione del terrorismo di destra, come interpretato in scena da Jeremy Mockridge, Lisa Birke Balzer, Andri Schenardi, ben diretti da Claudia Beykirch. Il testo, pubblicato integralmente in Das Stück, è approfondito dallo stesso autore con un intervento mirato soprattutto a illustrare le caratteristiche dei personaggi in rapporto al linguaggio.

Sempre al Deutsches Theater si segnalano Prima Facie di Suzie Miller, monologo dedicato alla faticosa carriera di un’avvocatessa di estrazione operaia in un mondo dominato dall’elemento maschile e consegnato alle competenze espressive di Mercy Dorcas Otieno guidata dalla meticolosa regia di Andràs Dömötör. Ci si proietta in discorsi oltre la morte accompagnati da visioni legate all’immortalità con Der geflügelte Froschgott, un testo di Ingrid Lausund diretto da FX Mayr e recitato con abilità da Bernd Moss, Regine Zimmermann, Johanna Baader. Infine la messinscena di Der Auftrag/Psiche 17 di Heiner Müller alimenta riflessioni sulla mancanza di utopia nel pensiero contemporaneo; a Komi Mizrajim Togbonou e a Julia Gräfer spettano i ruoli dei protagonisti come definito dalla regia di Jan-Christoph Gockel.

Arricchisce il panorama teatrale quanto offre la sena berlinese a partire dalla Volksbühne con la produzione di Fantômas del regista René Pollesch, in cui si parla dei disagi degli artisti trasformisti intesi quali segni di esistenze turbate, come esibito sul palcoscenico da Campbell Caspary, Benny Claessens e Martin Wuttke.

Due sono gli spettacoli proposti dal Maxim Gorki Theater: Im Menschen muss alles herrlich sein, dall’omonimo romanzo di Sasha Marianna Salzmann e secondo la regia di Sebastian Nübling, è incentrato sulla ricaduta del crollo dell’Unione Sovietica nella vita di due amiche, interpretate da Çiğdem  Teke e Anastasia Gubareva, che lasciarono l’Ucraina negli anni Novanta; Mothers – A Song for Wartime di Marta Gòrnicka raccoglie le testimonianze di donne ucraine e bielorusse fuggite da guerre e persecuzioni e ora trapiantate in Polonia.

Die Dreigroschenoper di Brecht-Weill, nella rielaborazione drammaturgica di Elisabeth Hauptmann e grazie alla regia di Volker Lösch, costituisce il fiore all’occhiello dello Staatsschauspiel di Dresda impreziosito dalla coinvolgente esibizione di Henriette Hölzer nel ruolo di Polly, affiancata da Sven Hönig, Jannis Roth, Jannik Hinsch, Anna-Katharina Muck, partecipi di uno spettacolo brioso e vigoroso. Mentre Ajax di Thomas Freyer intreccia la guerra di Troia con il nostro presente creando un significativo collegamento tra Aiace e la figura di un padre tedesco; la regia di Jan Gehler si avvale della partecipazione di due pregevoli attori quali Oliver Simon e Christine Hoppe.

Anche la programmazione dello Schauspielhaus di Amburgo presenta due allestimenti di grande rilievo artistico. Im Namen der Brise si basa sull’accorpamento drammaturgico delle poesie di Emily Dickinson ideato dal regista Christoph Marthaler che si ispira al teatro da camera; assai applaudita è risultata la prova artistica di Samuel Weiss, Fee Aviv Dubois, Sasha Rau e Josefine Israel. Si è fatta apprezzare l’installazione Das 13. Jahr di SIGNA in un capannone industriale (regia di Signa Köstler, con Julie Stüven e Jolina Schick).

Aufführungen termina allo Schauspielhaus di Bochum dove Johan Simons ha allestito Brüder Karamasow dal romanzo di Dostoevskij per la dura di oltre sette ore che hanno impegnato non poco attori di grandi doti performative quali Steven Scharf, Pierre Bokma, Dominik Dos-Reis e Oliver Moller.

In occasione dei centocinquant’anni della nascita di Max Reinhardt, Peter W. Marx presenta un esauriente profilo artistico del grande regista sottolineando le spinte innovative offerto allo sviluppo del teatro tedesco ed europeo del suo tempo ed evidenziando l’apertura al coinvolgimento, con finalità anche pedagogiche, di un pubblico popolare alla fruizione di un repertorio basato sulle opere classiche e su Shakespeare.

Le pagine di Bücher raccolgono recensioni di libri pubblicati nel corso del 2023, anche legati al mondo dello spettacolo. Nello specifico si tratta di: Hans Heider, Ernst Jandl (1925-2000), Berlin, Mentzler; Valery Tscheplonowa, Das Pferd im Brunnen, Berlin, Rohwolt; Olga Bach, Kinder der Stadt, Köln, Kiepenheuer & Witsch; Briefe im Exil. Max Reinhardt – Helene Thimig. 1937-1943, a cura di Edda Furich e Sibylle Zehle, Salzburg, Residenz; Klaus Thaler, Eine Puppe packt aus, Berlin, Theater der Zeit; Clemens J. Setz, Monde vor der Landung, Berlin, Suhrkamp/Insel; Steffen Mau-Thomas Lux-Linus Westheuer, Triggerpunkte. Konsens und Konflikt in der Gegenwartsgesellschaft, Berlin, Suhrkamp.

 

 

di Massimo Bertoldi


La copertina

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