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Mariagabriella Cambiaghi, Raffaele De Berti

L’ambrosiana pura. Dina Galli attrice di teatro, cinema e radio


Milano, Mimesis, 2023, 330 pp., 24,70 euro
ISBN 9788857595344

Un volume dedicato a Dina Galli (1877-1951) era necessario e, da tempo, atteso. Con questa monografia Mariagabriella Cambiaghi e Raffaele De Berti colmano la vistosa lacuna bibliografica che ha investito la gaia interprete milanese.

A lungo confinata nella impolverata schiera delle “dimenticate” del teatro italiano, Dina Galli è tra gli ultimi illustri rappresentanti della prosa italiana preregistica. Attrice comica d’eccellenza del primo Novecento, nell’arco della sua lunga carriera si è divisa tra teatro, cinema e radio. Questo studio rende finalmente giustizia all’eterogeneità del suo iter artistico, calato nel contesto storico-teatrale dell’epoca, e alla ricchezza delle relazioni maturate sul palcoscenico e in seno alla platea contemporanea.

Dopo un excursus biografico, la struttura tripartita del libro conduce nel vivo dei rapporti più significativi per il percorso teatrale dell’attrice, intelligentemente indagato da Cambiaghi, per poi affondare con De Berti negli aspetti concernenti la carriera radiofonica e cinematografica. A seguire un’indagine iconografica su “l’immagine” della diva. L’Appendice propone, infine, un elenco accurato delle compagnie con le quali Galli ha lavorato dal 1891 al 1949 e la modesta ma significativa filmografia.

Gli autori fanno finalmente chiarezza tra le troppe fonti inquinate e la scarna bibliografia. Il profilo dell’attrice, affiorante dal mare magnum dell’aneddotica coeva, acquista qui dignità storiografica, anche alla luce di uno stato dell’arte pressoché inesistente essenzialmente riconducibile al contesto generale.

Figlia d’arte di modesti attori milanesi, Dina Galli si forma alla fine del XIX secolo nel fertile alveo delle compagnie condotte da Edoardo Ferravilla. Un contesto vivace che seralmente propone commedie in dialetto e vaudeville in cui gli interpreti recitano, cantano e ballano. Ancora bambina carpisce i segreti comici dell’eclettico attore-autore lombardo conquistando gradatamente parti di maggiore importanza: «intuitiva e versatile in ogni ambito comico, Dina è presto in grado di sostenere ogni parte femminile del repertorio per sostituire i colleghi indisposti, meritando così lo scherzoso soprannome “Turabuchi”» (pp. 21-22).

La sopraggiunta celebrità locale non tarda a riecheggiare sulla scena nazionale e, nel 1900, Galli entra a far parte della Compagnia Nazionale di Virgilio Talli, Irma Gramatica e Oreste Calabresi come prima attrice giovane e comica. D’ora in avanti la carriera dell’attrice sarà in continua ascesa. La attende, infatti, un precoce capocomicato cui seguirà il fortunato sodalizio artistico con il brillante toscano Amerigo Guasti. Già alla fine degli anni Dieci «il suo nome diviene emblema di comicità, le sue performances brillanti e sentimentali fanno ridere e commuovere ogni strato della società» (p. 63). Da regina della pochade ottocentesca, l’attrice diventa incarnazione della commedia moderna primonovecentesca, prestando il proprio talento ad alcuni tra gli autori più prolifici dell’epoca come Arnaldo Fraccaroli, Dario Niccodemi, Giovacchino Forzano e Giuseppe Adami. La cifra comico-patetica di certe interpretazioni, di cui è emblema Scampolo di Niccodemi (1915), fissa un punto di non ritorno nella storia della comicità femminile e non tarderà ad approdare al cinema.

Gli anni della maturità sono segnati dalle due Guerre Mondiali e dalla perdita di Guasti che muore nel 1921. La ricerca di un nuovo punto di riferimento darà vita a una serie di collaborazioni con artisti a lei non sempre affini artisticamente, come il brillante istriano Antonio Gandusio. Il debutto alla radio negli anni Trenta e l’intensificarsi delle apparizioni cinematografiche completano, integrandola, l’attività teatrale dell’attrice.

Eterna “monella”, in vecchiaia Galli non abbandonerà il piglio bambinesco e la verve comica, nonostante l’insorgere di alcuni problemi vocali e l’avanzare dell’età. Pur cedendo al tempo, si dedica a un repertorio costruito a sua immagine in cui il personaggio mantiene viva l’impronta dell’interprete, esaltandone capacità identificative come il «trasformismo attoriale» (p. 242).

Totalmente immerso negli ultimi scampoli del cosiddetto “teatro all’antica italiana” (per dirla con Sergio Tofano), lo spettro di Dina Galli ha aspettato settant’anni prima di rivivere tra le pagine di questo prezioso contributo. Il profilo disegnato dagli autori è inedito e dimostra come, a fronte di un’appartenenza tradizionale al sistema teatrale ottocentesco, Galli abbia saputo superare «la dimensione artigiana», imponendosi come «attrice comica svincolata dal sistema dei ruoli e dotata di una personalità in grado di riflettersi sui personaggi, animandoli di un’energia e di una verve capaci di imprimersi nella memoria dello spettatore» (Premessa).



di Giulia Bravi


La copertina

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