Il
terzo volume dei Cadernos
de Queluz diretti da Iskrena Yordanova e Massimo Mazzeo è incentrato su uno dei
macro-temi che attraversano la storia dello spettacolo fin dallantichità: la
componente spaziale, intesa nelle sue diverse accezioni. I curatori di questa
nuova uscita targata Hollitzer mettono a confronto giovani studiosi e affermati
specialisti afferenti a diversi ambiti scientifici – dallarchitettura alla
musicologia, dalla storia dellarte alla storia del teatro – per affrontare molteplici
aspetti del problema nellEuropa del XVIII secolo. Una pluralità di punti di
vista e un approccio multidisciplinare che concorrono ad allargare i confini di
un concetto variamente declinabile a differenti latitudini e in diversi
contesti, sul filo di una dialettica costante tra elementi comuni e pratiche autoctone,
tra tradizione e innovazione.
Con
la sua prolusione Maria Ida Biggi
introduce temi e problemi sulle trasformazioni settecentesche del modello della
sala allitaliana alla continua ricerca di migliori condizioni visive e
acustiche e in rapporto ai mutamenti politici, sociali, culturali che
caratterizzano il passaggio dalle esperienze barocche alletà dei Lumi. Segue la
prima delle otto sezioni in cui è suddiviso il volume, dedicata al Portogallo. Luís Soares Carneiro inquadra le
principali questioni legate ai teatri lusitani il cui sviluppo dipende in buona
misura dalla realizzazione di spazi specifici a uso spettacolare a partire dalla
seconda metà del Settecento. Giuseppina Raggi
approfondisce il ruolo esercitato dalla regina Maria Anna dAsburgo nel
processo di affermazione del gusto per lopera italiana a Lisbona, culminato
con lampia progettazione di edifici teatrali affidata negli anni Cinquanta allarchitetto-scenografo
Giovan Carlo Sicinio Galli Bibiena. Su uno di questi edifici, il Teatro de
Belém, si concentra lindagine di José
Camőes e Paolo Roberto Masseran alla luce della riscoperta di una nuova
planimetria ottocentesca. Bruno
Henriques, Licínia Ferreira e Rita Martins ripercorrono la storia dei
tre spazi pubblici che fecero la fortuna dellopera italiana nella capitale
portoghese – il Teatro da Rua dos Condes, il Teatro do Barrio Alto e il Teatro
do Salitre – dando conto dei rispettivi repertori, artisti, spettatori,
meccanismi impresariali.
Passando
alla Spagna (parte II), Aurèlia
Pessarrodona esamina il genere musicale della tonadilla quale “spazio” metateatrale e metamusicale che funge da
specchio deformante della società del secondo Settecento. Di architetture
effimere si occupa Cristina Isabel Pina
Caballero con un excursus sui
luoghi dello spettacolo allestiti a Murcia nelle molteplici occasioni di
omaggio alla nuova dinastia borbonica.
Per
il Sud Italia (parte III), Francesco
Cotticelli e Paologiovanni Maione
sottolineano la funzione della residenza di villeggiatura del Palazzo Reale di
Portici quale luogo di ricevimenti e attività teatrali concepito da Carlo di
Borbone e dal suo successore Ferdinando allinsegna dello stupor mundi. Se Sarah M. Iacono e Eliade Maria Grasso fanno il punto rispettivamente sugli spazi pugliesi
e siciliani per lo spettacolo, Lorenzo
Ebanista indaga gli elementi musicali del presepe napoletano.
Risalendo
la penisola (parte IV), Giovanni Polin
ricostruisce le indicazioni di messinscena impartite da Apostolo Zeno in
occasione del riallestimento del suo Lucio
Vero alias Vologeso per
linaugurazione del nuovo teatro di Reggio Emilia nella primavera del 1741. In
un denso contributo, Stefano Mazzoni
mette in
valore il carattere internazionale di un porto franco e una “piazza” operistica
di eccezione quale la Livorno lorenese, il cui particolare assetto politico,
amministrativo, giuridico proficuamente interagisce con gli spazi dello
spettacolo e i complessi meccanismi di produzione, realizzazione e fruizione
del teatro musicale. Serena Labruna
fa luce sul primo teatro stabile in muratura di Bergamo attraverso la ricognizione del suo spettacolo inaugurale, La Didone abbandonata di Metastasio, su
musica di vari compositori (1791).
Nel cuore
dellEuropa continentale (parte V), Maria
Paola Del Duxa indaga lattività operistica commissionata dal conte moravo
František Antonín Rottal nel castello di Holešov, mentre János Malina rintraccia i luoghi di esecuzione delle opere e delle
sinfonie dirette da Joseph Hayden tra il 1762 e il 1790. Per la Gran Bretagna
(parte VI), Armando Fabio Ivaldi rilegge
le circostanze della grandiosa quanto sfortunata festa reale a Green Park con
musiche di Handel, spettacoli pirotecnici di artificieri italiani e macchina scenica
di Jean-Nicolas Servandoni (26 aprile 1749).
Aggirandosi
tra le corti europee (parte VII), Giulio
Sodano si occupa della valenza teatrale e auto-rappresentativa dei
cerimoniali, Gerardo Tocchini dipana
le complesse allegorie celate dietro il Phaëton
di Jean-Baptiste Lully nella Versailles di Lugi XIV (6 gennaio 1683), Giulio Brevetti passa in rassegna gli
spazi teatrali della rappresentazione della sovranità nella ritrattistica
pubblica e privata.
Chiudono il
volume lo sguardo sul “dietro le quinte” (parte VIII) di Lorenzo Mattei, che mette a punto una disamina delle musiche suonate
dal retropalco, e lapprofondimento di Clara-Franziska
Petry sulle pratiche di fruizione del pubblico ben poco silenzioso dei concert hall.
di Gianluca Stefani
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