Negli
anni Novanta del secolo scorso, Jean Claude aveva già affrontato
largomento nei due tomi di André Gide et le Théâtre (Gallimard, 1992), con
i quali mostrava il profondo e costante interesse di Gide per la
problematica teatrale. E rivelava una faccia finora poco esplorata e
misconosciuta dellopera poliforme del famoso romanziere e intellettuale, la
cui carriera di teatrante, in effetti mancata, era bilanciata da unindubbia tensione
allarte dello spettacolo. Lo confermano i rapporti ripetuti con eminenti
personalità della scena, da Jacques Copeau a Jean-Louis Barrault,
per alcune imprese memorabili. Nel pensiero e negli scritti, Gide lasciava
larga traccia delle sue ipotesi e delle sue prove originali e delle difficoltà
incontrate sia nel concepire una propria drammaturgia, sia nel confronto con i
registi e gli interpreti chiamati a rappresentarla.
Un convegno del 2017 riprendeva lestesa, disparata
materia per studiarla con sensibilità adeguata al mutamento storico e con
competenze diversificate. Un necessario aggiornamento che con la pubblicazione degli
atti, oltre a confermare la validità del bilancio già significativo del Claude,
apre prospettive inedite alla ricerca di connessioni e significati fra i
documenti primari e la relativa critica. Lo stesso specialista – cogliendo i suggerimenti del precursore Claude
Martin – ripercorre nellAvant-Propos il legame con la storiografia
sullautore, nella cui concezione teatrale la valenza letteraria prevale
comunque su quella scenica: «Sa principale crainte a été que le texte échappe à
son auteur […]. Tout, selon lui doit être soumis au texte» (p. 10). Lopera
collettiva riunisce i contributi di numerosi relatori (molti dei quali di origine
italiana) e stabilisce preziose implicazioni dellopera gidiana con le teorie
teatrali e le estetiche della scena novecentesca.
LIntroduzione del curatore è una guida
articolata che segue gli intenti e le tematiche scaturiti direttamente dagli
scritti. Un saggio riepilogativo e di bilancio di una produzione disparata,
sorta nellambiente théâtrophile in cui vive lautore, che partecipa
dallinizio a imprese culturali quali la fondazione della «Nouvelle Revue Française»
e del Théâtre du Vieux-Colombier, incontrando i protagonisti del tempo: «Le théâtre
représente pour Gide un dispositif supplémentaire à son écriture, quil ne
cesse de tenter dapprivoiser par une diversité dapproches» (p. 17). Così si
comprende come Gide non si limiti alla scrittura drammatica, ma elabori pensieri
e teorie sul fatto teatrale anche mediante articoli, conferenze e unassidua corrispondenza
con amici e personalità eminenti. Il suo Journal sarricchisce di continue
riflessioni sullo stesso soggetto mutante. Ma emergono pure, in un quadro
strutturato storicamente ed esteticamente orientato, i testi, le fonti, le
realizzazioni sceniche e le edizioni, compresa la bibliografia che li riguarda.
Fra i paradossi ricorrenti, quello
dellopera scritta e della sua rappresentazione è discusso nel paragrafo “Scripta
manent”, mais le théâtre est corps et voix (pp. 39-45). Il lavoro
critico di Gide agli esordi è situato da Peter Schnyder: «La critique
dramatique de Gide est à la fois analyse et heuristique – prise de conscience e
connaissance de soi […] auto-défense et auto-critique» (p. 68). Le possibilità
soprattutto inespresse si riscontrano nel saggio Prolégomènes à une étude de
ce qui aurait pu être di David H. Walker. Linclinazione al
“dialogismo” letterario, quasi formula rassicurante, è evidenziata da Stéphane
Poliakov. La vocazione alladattamento si rivela applicabile tanto ai drammi
quanto agli scritti narrativi. Lelaborazione di Les Frères Karamazov
per Copeau è iniziativa dello scrittore, capace di influenzare la scelta del
regista. Importante rettifica interviene sul ruolo di Gide che, non citato nella
locandina del 1911, riappare quale corresponsabile dello spettacolo (Floriane
Toussaint, p. 316). Pure la creazione di Saül (1922) comporta un altro
momento di collaborazione creativa con Copeau. Lincontro con Jean-Louis
Barrault si verifica per Antoine et Cléopâtre (1945), poi per la
traduzione di Hamlet (1946) e la versione scenica di Le Procès di
Kafka (1947). Su quella realizzazione sono integrabili i due contributi di
Ophélie Colomb e di Mechthilde Fuhrer. Lo stesso Mazza
segue la traduzione di Hamlet, dallinizio incerto fino «à un succès
tardif» (p. 343). I tre drammi principali – Saül (1897), Le Roi
Candaule (1899) e Œdipe (1930) – ottengono comparazioni ripetute. Un
confronto insolito fra due soggetti simili offre Frank Lestringant,
motivato dalla tragedia di Jean de La Taille, Saül le furieux
(1572) e lomonima gidiana. Il contrasto è netto ma fecondo di scoperte riguardanti
lispirazione e le tecniche compositive.
Le teorie teatrali discusse da Gide promuovono
indagini sul clima primo-novecentesco che informa le concezioni e le poetiche caratteristiche
della scrittura scenica coeva. Due conferenze dellautore, De limportance
du public (1903) e De lévolution du théâtre (1904), confortano la
proposta di una coerente e singolare «théâtralité gidienne» (p. 271). Gli scambi
con Roger Martin du Gard, ad esempio, sono letti e motivati da Hélène
Baty-Delalande. Lassunto che lidea di Gide «annonce le théâtre moderne» è
sostenuto da Maja V. Zorika su fondamenti fatti risalire a Valéry
e Mallarmé.
Una sinossi degli
interventi sulla tragedia shakespeariana Antoine et Cléopâtre di Martina
Della Casa illustra il concorso di filologia e drammaturgia secondo «létique
gidienne de la traduction» (p. 282). Lo sguardo dei lettori italiani è ricondotto
a un percorso di ricezione storica da Paola Fossa. Mentre unedizione
del Teatro è ben tardiva (Mondadori, 1950), più puntuali i riscontri di Diego
Valeri, Fausto Maria Martini (autore dun adattamento di Le
Retour de lenfant prodique, causa di controversia per plagio) e di Giovanni
Papini, Arrigo Cajumi, Cesare Levi, Emilio Cecchi, Silvio
DAmico, a conferma che – consolidatasi la fama del personaggio – «la réception
de sa production dramatique est écrasée par celle de sa production en prose» (p. 378). Infine, è proposto un censimento di tutte
le opere gidiane rappresentate in lingua francese.
di Gianni Poli
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