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Theaterheute, Nr. 3, März 2020


72 pp., euro 15, 00
ISSN 0040 5507

L’apertura di questo numero di «Theaterheute» spetta a un’intervista (Das Gespräch) rilasciata da Helgard Haug, Stefan Kaegi e Daniel Wetzel dei Rimini Protokoll. Si parla di teatro indipendente e della collaborazione con i teatri istituzionali; ampio spazio trova l’approfondimento degli spettacoli cult di questo importante gruppo attivo dal 2000: da Wallenstein (2006) a 100% Stadt (2008), da Mein Kampf a Chinchilla Arschloch, was was (2019).

Molteplici gli allestimenti recensiti nella sezione Aufführungen, a partire da Der Mensch erscheint im Holozän che Alexander Giesche ha ricavato dall’omonimo testo di Max Frisch e che ha messo in scena allo Schauspielhaus di Zurigo. Definito visual poem, lo spettacolo propone lo sviluppo di un pensiero, puro e poetico, di contatto con la natura senza mediazioni tecnologiche, portato sul palco da Karin Pfammatter e Maximilian Reichert. Nello stesso teatro svizzero Nicolas Stemann firma la regia di Der Streik, commedia tratta dall’omonimo romanzo di Ayn Rand che denuncia le ipocrisie e le debolezze del pensiero liberale maturato nell’ambito del capitalismo globalizzato. Di qualità la compagnia degli interpreti formata, tra gli altri, da Sebastian Rudolph, Thelma Buabeng, Felix Loycke, Daniel Lommatzsch, Sachiko Hara. È più urlato che declamato un testo crudo e tormentato come 4.48 Psychose, ultimo monologo di Sarah Kane trasformato da Ulrich Rasche in dialoghi frammentari distribuiti tra otto attori impegnati sul palcoscenico del Deutsches Theater.

Nella programmazione della Volksbühne di Berlino spicca Ultraworld, che nell’affrontare il tema delle catastrofi climatiche in rapporto all’avvento dell’era digitale fa risuonare sul palcoscenico le voci fredde e metalliche, filtrate dall’uso del microfono, degli interpreti: Kate Strong, Suzan Boogaerdt, Frank Willens, Bianca Van der Schoot, Malick Bauer, Vanessa Loibl. Due chiavi di lettura opposte offrono due distinti allestimenti del cechoviano Ivanov: il primo, prodotto dallo Schauspielhaus di Bochum per la regia di John Simon, avvolge il protagonista (Jens Harzer) in atteggiamenti dimessi a sostegno del lento ritmo della messinscena; il secondo, realizzato dal Deutsches Schauspielhaus di Amburgo, prevede un Ivanov energico e dinamico (Devid Striesow), esaltato dalla regia di Karin Beier.

Aufführungen prosegue puntando l’obiettivo sulla scena di Monaco. Il Residenztheater ha proposto Der starke Stamm, dramma popolare di Marieluise Fleißer (1923) incentrato su complessi contrasti interni a una famiglia destinata a un miserabile declino. La regia di Julia Hölscher attualizza la vicenda interpretata da Luana Velis, Robert Dölle, Arnulf Schumacher, Katja Jung e Thomas Reisinger. Nelle locandine dei Kammerspiele primeggia il brechtiano Im Dickicht der Städte curato da Christopher Ruping con soluzioni in grado di mantenere viva e attuale la denuncia delle contraddizioni del capitalismo su cui si basa il testo recitato da Majd Feddah, Gro Swantje Kohlhof, Jelena Kuljic, Christian Löber, Julia Riedler.  È una sottile e divertente satira della mentalità e dello stile di vita dei bavaresi, anche in riferimento all’Oktoberfest, Am Wiesnrand della viennese Stefanie Sargnagel. L’allestimento prodotto dal Volkstheater si avvale della creativa regia di Christina Tscharyiski.

Frank Castorf affronta Aus dem burgerlichen Heldenleben, titolo che assembla la riduzione drammaturgica del romanzo Europa ed estratti da commedie di Carl Sternheim, importante scrittore tedesco attivo tra le due guerre. Nella produzione dello Schauspiel di Colonia dominano visioni ironiche e graffianti sul Vecchio Continente di ieri e di oggi. Peter Miklautz, Bruno Cathomas e Lilith Stangenberg sono i protagonisti di uno spettacolo molto applaudito da pubblico e critica: Hamlet in versione pop-thriller, ideato da Jette Steckel per il Thalia Theater di Amburgo, con Björn Meyer, Julian Greis, Mirco Kreibich, Sandra Flubacher. Wolfram Koch è il protagonista di Jedermann (stirbt) dall’omonimo dramma di Hugo von Hofmannsthal in scena allo Schauspielhaus di Francoforte. La regia di Ferdinand Schmalz disegna un personaggio narcisista e arrogante, affiancato da Monja Kohl e Peter Schröder.

Le pagine di Akteure sono occupate dal profilo di Bastian Reiber, regista e attore di punta della scena berlinese: emerso alla Volksbühne segnatamente in Die (s)panische Fliege di Franz Arnold e Ernst Bach per la regia di Herbert Fritsch, si è successivamente consacrato alla Schaubühne distinguendosi in importanti allestimenti come Amphitryon di Molière, il progetto Prometheus di Bastian Reiber, fino al recente Ivanov firmato da Karin Beier.

International si occupa di teatri londinesi dove si rappresentano commedie dedicate a storie regionali tendenzialmente antitetiche al nazionalismo diffuso. Al National Theatre è stato allestito The Antipodes di Annie Baker. Orange Tree Theatre ha concesso spazio a Little baby Jesus di Arinzé Kene con Rachel Nwokoro pregevole interprete. Fairview di Jackie Sibblie è la produzione dello Young Vic. Due sono i titoli iscritti nelle locandine del Royal Court: A History of Water in the Middle East di Sabrina Mahfouz e Kind of People di Gurpreet Kaur Bhatti. Spettacoli strettamente connessi a tematiche relative alla guerra e alla democrazia emergono dai teatri greci, come la messinscena dello shakespeariano Richard III interpretato da Dimitris Lignadis, nuovo direttore del Teatro Nazionale di Atene dove si è tenuta la rappresentazione molto sperimentale di Das Ende von Eddy del regista Édouard Louis.

Il testo del mese scelto dalla redazione di «Theaterheute» è Bookpink di Caren Jeß che si può leggere in versione integrale nella sezione Das Stück. La commedia ha debuttato allo Schauspiel di Graz per la regia di Michaela Wohlfart e la partecipazione di Mathias Lodd, Frieder Langenberger, Clemens Maria Riegler e Anna Szandtner.


di Massimo Bertoldi


Theaterheute, Nr. 3, März 2020

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