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Theaterheute, Nr. 12, Dezember 2019


72 pp., € 15,00
ISSN 0040 5507

Sono piuttosto interessanti sotto il profilo artistico gli spettacoli recensiti in Aufführungen, la sezione di «Theaterheute» dedicata alle principali produzioni realizzate nei teatri tedeschi. Allo Schauspielhaus di Zurigo Christopher Rüping ha firmato la regia di Früchte des Zorns dall’omonimo romanzo di John Steinbeck mettendo in luce lo scontro tra consumismo e capitalismo, come emerge dalla storia di una famiglia emigrata confluita in quella della rap-band Gucci-Gand composta da Benjamin Lillei, Steven Sowah, Kotoe Karasawa e Wiebke Mollenhauer.

Andreas Becks inaugura il mandato di intendente del Residenztheater di Monaco con tre produzioni: Die Verlorenen, novità di Ewald Palmetshofer allestita da Nora Schlocker in una stanza-prigione bianca, dove i personaggi vivono frammenti di storie sentimentali che denotano il vuoto delle relazioni umane. Il testo è pubblicato in versione integrale nelle pagine di Das Strück. Segnali di rivolgimenti sociali, che poi sfociano nella Rivoluzione d’ottobre, disturbano il soggiorno estivo di una compagnia di facoltosi russi, come racconta Gorki in Sommergaste, allestito con aderenza filologica dall’inglese Joe Hill-Gibbins e affidato all’interpretazione di Michael Goldberg, Thomas Reisinger, Aurel Manthei e Robert Dölle. Olympiapark in the Dark del regista Thomas Luz, opera ispirata alla composizione per orchestra Central Park in the Dark creata nel 1906 dal pioniere della musica americana Charles Ives, è un percorso immaginario per le strade e piazze di Monaco, con i suoi suoni e rumori, i suoi cittadini comuni e non (Karl Valentin, Oskar Maria Graf, il piccolo Einstein), trasferiti in scena secondo una struttura drammaturgica dominata dall’elemento orchestrale.

A Berlino ritorna con prepotenza il nome di Heiner Müller, dal cui repertorio Amir Reza Koohestani attinge Philoktet, radicale riscrittura del mito di Filottete assurta a metafora del nesso tra inclusione ed esclusione in una società propensa alla distruzione del “diverso”. Niklas Wetzel, Edgar Eckert e Jörg Pose si sono distinti sul palcoscenico dei Kammerspiele del Deutsches Theater. Nella programmazione della Volksbühne spicca la messinscena di Germania che unisce due testi mülleriani, Germania Tod in Berlin e Germania 3, secondo l’adattamento scenico cupo e grottesco di Claudia Bauer consegnato a una compagnia di pregevoli attori quali Amal Keller, Zenghao Yang, Sebastian Grünewald, Friederike Harmsen, Rowan Hellier e Narine Yeghiyan. Nello stesso teatro Jürgen Kruse ha firmato la regia di Glaube Liebe Hoffnung di Ödön von Horváth, affidando a Manuel Harder e Linda Pöppel i ruoli degli amanti in un intreccio sentimentale dai risvolti inquietanti memore di Danza di morte di Strindberg.

Amphitryon di Molière è iscritto nelle locandine della Schaubühne di Berlino in una versione briosa, oscillante tra il romantico e il melodrammatico con lo spumeggiante Florian Anderer nel ruolo del titolo fiancheggiato da Joachim Meyerhoff, Werner Eng, Annika Meier, Bastian Reiber, Carol Schuler e Axel Wandtke.

Di qualità risultano le proposte dello Schauspielhaus di Bochum dove ritorna il nome di Horváth grazie alla messinscena di Geschichten aus dem Wiener Wald da parte di Karin Henkel che ambienta il testo nella nostra contemporaneità per sottolineare la continuità storica di brutalità e violenze. Tra i protagonisti figurano Marina Galic, Karin Moog, Ulvi Teke, Thomas Anzenhofer. In occasione del centenario dello Schauspielhaus e dell’orchestra cittadina Johan Simon ha inscenato Ein Fest für Mackie che Martin Becker ha ricavato da Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi) di Brecht e Weill. Prevalgono le parti cantate rispetto a quelle recitate, affidate a Friederike Becht, Martin Horn, Romy Vreder, Veronika Nickl, Michael Lippold.

Nella sezione Neue Stücke, si segnala The Writer della scozzese Ella Hickson, per la regia di Hajo Tuschy su incarico dello Schauspielhaus di Hannover: una commedia metateatrale che incrocia vita da pub e vita di palcoscenico imbastendo una bizzarra storia d’amore tra Philippe Goos e Caroline Junghanns. Sullo stesso palcoscenico è stato allestito Antigone. Ein Requiem di Thomas Köck, rielaborazione della tragedia sofoclea che trasforma la ribellione dell’eroina greca contro re Creonte in quanto colpevole di lasciare insepolti i cadaveri dei migranti abbandonati sulle spiagge. Protagonista di questa storia rivisitata in senso contemporaneo è Alrun Hofert.

Altra novità di rilievo è Futureland di Lola Arias in scena al Gorki Theater di Berlino di cui sono protagonisti adolescenti emigrati in Germania e orfani di famiglia. Presso HAU la moldava Nicoleta Esinenca ha raccolto le lettere della madre nell’installazione Die Abschaffung der Familie per raccontare le trasformazioni della sua terra, dal dominio russo all’indipendenza.

Last Park Standing è il titolo della commedia di Ebru Nihan Celkan presentata in prima assoluta allo Staatschauspiel di Stoccarda. Il drammaturgo turco, nella cornice storica dei disordini sociali avvenuti a Istanbul tra il 2013 e il 2018, intreccia lo sviluppo di una relazione sentimentale che respira i profumi della rivoluzione mancata. Ne sono interpreti Anne-Marioe Lux, Josephine Köhler e Valentin Richter.

La sezione Akteure ospita il profilo artistico di Anita Vulesica, attrice di origini croate cresciuta a Berlino dove ha frequentato la scuola per l’attore “Ernst Busch” per poi debuttare al Theaterhaus di Jena e successivamente trasferirsi al Nationaltheater di Weimar. Il ritorno nella capitale coincide con la sua consacrazione ottenuta al Deutsches Theater a partire dal 2011. 

International è dedicato a Das Neue Evangelium, docu-film di Milo Rau girato a Matera dove nel 1964 Pasolini aveva fatto le riprese del suo Vangelo secondo Matteo.



di Massimo Bertoldi


Theaterheute, Nr. 12, Dezember 2019

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