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Le finzioni del potere. L’Arco Trionfale di Albrecht Dürer per Massimiliano I d’Asburgo tra Milano e l’Impero
Catalogo della mostra
A cura di A. Alberti, R. Carpani, R. Ferro
(Milano, Biblioteca nazionale Braidense, 7 maggio-29 giugno 2019)

Milano, Officina Libraria, 2019, 295 pp., 34.00 euro
ISBN 978-88-3367-036-2

Pubblicato in occasione dell’omonima mostra alla Biblioteca Braidense di Milano, il catalogo curato da Alessia Alberti, Roberta Carpani e Roberta Ferro propone una accurata lettura della cosiddetta Porta dell’onore: una xilografia raffigurante un imponente arco trionfale, commissionata da Massimiliano I d’Asburgo per tramandare il ricordo delle proprie gesta. Un documento/monumento enigmatico, dalle dimensioni inusuali, oltre tre metri per tre, realizzato tra il 1512 e il 1518 sotto la direzione dell’iconologo di corte Johannes Stabius. Tra gli artisti coinvolti Jörg Kölderer, a cui si deve l’impianto architettonico, Albrecht Dürer, responsabile degli “ornamenti”, e Albrecht Altdorfer, a cui furono affidate le due torri circolari laterali.

Un documento enigmatico, dicevamo, e aggiungerei complesso. Se da un lato l’opera si presenta come un arco trionfale a tre fornici che rimanda all’antica tradizione imperiale romana, dall’altro è realizzata in un materiale, la carta, che è ben lontano dalla solennità dei preziosi marmi di cui si fregiavano le architetture classiche. La sua struttura sembra piuttosto avvicinarsi agli apparati effimeri realizzati per le occasioni festive, ma i centonovantadue blocchi xilografici che, collegati tra loro, costituiscono il monumento rinviano anche agli spazi di fruizione del mondo librario e della stampa: «l’Arco, riproducibile in più copie, facilmente trasportabile, leggero e riducibile alle dimensioni di un codice, può essere visto come una sorta di esperimento tipografico di grande originalità» (p. 56). Nell’indagarlo occorre anche tener presente il concetto di «autorialità multipla» delle stampe (p. 35), come dimostrano le tre firme in forma di scudo araldico apposte sull’arco in basso a destra. Ai ricordati ideatori del progetto, occorre dunque aggiungere l’esecutore materiale dell’intaglio, Hyeronymus Andreae, gli stampatori e i committenti delle diverse edizioni – Massimiliano e i suoi discendenti – che furono a lungo proprietari delle forme lignee, giunte numerose fino a noi e oggi conservate all’Albertina di Vienna.

La trattazione è divisa in tre parti. La prima raccoglie gli Studi di contesto e, opportunamente, inizia con la narrazione della storia della Casa d’Austria, da Rodolfo I, in carica dal 1273 al 1291, a Massimiliano I. La sua ascesa, abilmente condotta tra non pochi ostacoli, lo portò a essere incoronato re dei Romani nel 1486, quando il padre Federico III era ancora in vita, e Romanorum Imperator nel 1508, con una cerimonia “irregolare” celebrata nel Duomo di Trento. Non bisogna poi trascurare la sua lungimirante strategia matrimoniale, che lo indusse prima a sposare Maria di Borgogna (1477), aumentando notevolmente le risorse finanziarie e culturali degli Asburgo, poi Bianca Maria Sforza (1493), stabilendo così un legame con il Ducato di Milano (su cui si segnala il saggio di Stefano Meschini, pp. 25-32). Una politica di alleanze proseguita con il doppio matrimonio ispano-asburgico dei figli, che condusse alla supremazia degli Asburgo sulla Spagna, e con quello dei nipoti Maria e Massimiliano con gli Jagelloni, che valse il dominio su Ungheria e Boemia. La strada per il giovane astro nascente Carlo V era tracciata (Matthias Schnettger, pp. 16-24).

Dal punto di vista culturale il suo regno è ricordato come la prima età dell’Umanesimo germanico, a ridosso della tormentata stagione della Riforma (pp. 33-44). È stato notato come nel caso di Massimiliano occorra parlare, più che di puro mecenatismo, «di un interessato attaccamento al sapere letterario e artistico, finalizzato alla costruzione della fama eterna» (p. 33). Quella Gedechtnus che guidò molte delle commissioni dell’imperatore, compresa la Porta dell’onore, e che aveva nel richiamo all’antichità un punto di riferimento imprescindibile: attraverso l’arte e la letteratura si poteva e si doveva creare un gioco di metafore grazie al quale il nuovo sovrano del Sacro Romano Impero diventava il naturale successore degli antichi imperatori romani, legittimando così il suo potere. Lo attesta il complesso programma iconografico della Processione trionfale, strettamente collegato a quello della Porta dell’onore, ideato a partire dal 1505 dal già ricordato Stabius, poeta, matematico, astrologo, geografo e storico di corte, autore anche della fantasiosa Genealogia di Massimiliano I (1512 ca.).

D’altro canto il riferimento agli antichi archi imperiali è esplicitato dallo stesso Stabius nelle battute introduttive del testo posto in calce alla xilografia. Secondo Alessandro Rovetta l’architettura della Porta è più vicina alle libere ricostruzioni tipiche dell’area emiliana – a cominciare da Bologna e Padova, dove Dürer soggiornò nel 1506 –, piuttosto che ai tentativi di restituzione filologica di un Mantegna o di un Giuliano da Sangallo. Imprescindibile anche il confronto con la descrizione della decorazione figurata e istoriata della Porta Magna nella Hypnerotomachia Poliphili, edita da Aldo Manuzio nel 1499. Come non pensare all’universo allegorico qui dispiegato da Francesco Colonna? Mediazioni a cui vanno aggiunte le suggestioni derivanti dalla cultura antiquaria milanese di Bramante, Bramantino, Cristoforo Solari e degli altri artisti attivi nella città dell’alleato sforzesco (pp. 45-55). Una stratificazione semantica e funzionale approfondita da Sonia Maffei, che rileva come nella ideazione delle immagini simboliche dell’Arco abbia avuto un ruolo speciale la moda dei geroglifici, diffusa già nel Quattrocento e che, nei primi decenni del secolo successivo, ancora godeva di grande favore tra gli intellettuali europei (pp. 56-65). Mentre Carpani indaga i legami con la cultura festiva e, in particolare, con la passione di Massimiliano I per i tornei e con l’uso efficace e consapevole che seppe fare dei linguaggi performativi per la propaganda politica (pp. 66-73).

Nella seconda sezione del catalogo sono illustrate e commentate le sette parti in cui è diviso l’Arco (pp. 76-87). Sono poi riproposti in lingua originale con traduzione di Giovanni Gobber i testi della Porta dell’onore (pp. 91-107), con particolare attenzione alle specificità linguistiche (pp. 108-112). Infine, sono accuratamente schedati i legni, a eccezione delle piccole cornici decorative poste tra una storia e l’altra e quelle che separano l’albero genealogico dalle bande verticali con gli stemmi (pp. 113-175) A fare da guida il Clavis che Stabius appose in calce alla figura, in forma di ampia legenda a fascia. Anche se, opportuno sottolinearlo, questa decisiva chiave di lettura è assente nell’esemplare della Braidense, qui accuratamente descritto (pp. 88-90).

Chiude il volume il Catalogo delle opere esposte, fondamentale per meglio comprendere il clima culturale e figurativo in cui l’opera venne pensata (pp. 176-275), e una ricca bibliografia (pp. 276-295). L’indice dei nomi è invece disponibile solo on line sul sito della casa editrice: www.officinalibraria.net. Una scelta, quest’ultima, non del tutto condivisibile, a fronte di un catalogo ricco di suggestioni e spunti di riflessione.


di Lorena Vallieri


La copertina

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