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Mattia De Poli

Il canto di Dioniso. Alle origini della tragedia greca


Lugano, Agorà & Co., 2019 (Lo specchio di Dioniso, collana diretta da A. Tonelli) 25 euro, 89 pp.
ISBN 97888895526415

«Questo volume si propone di associare alla disamina della tragedia greca […] una prospettiva insieme iniziatica, sapienziale, storica, letteraria, iconografica e performativa». Così Angelo Tonelli nella prefazione (p. IX): un intento ambizioso quello alla base del nuovo lavoro di Mattia De Poli.   

Il primo capitolo (Le vie della selezione, pp. 3-12) costituisce l’apprezzabile premessa dell’indagine: i tragediografi attivi tra la “nascita della tragedia” e il tramonto dell’età classica non si limitano ai soli Eschilo, Sofocle e Euripide. A questi si aggiungono «migliaia e migliaia di altri ragazzini che fanno tragedie» (ἕτερ᾽ ἔστ᾽ ἐνταῦθα μειρακύλλια / τραγῳδίας ποιοῦντα πλεῖν ἢ μύρια, 89-90), dice Eracle a Dioniso nelle Rane di Aristofane. Basti pensare ai molteplici nomi citati da Aristotele nella Poetica e nella Retorica.   

A fronte di un così denso e variegato panorama la tendenza selettiva della trattatistica erudita peripatetica ed ellenistica si concentrò quasi esclusivamente sulla triade tragica. Solo in epoca imperiale avvenne la riscoperta delle origini e dei tragediografi “minori” cui sono qui dedicate pagine dense di opportuni riferimenti alle fonti (pp. 6-9). Ricordiamo almeno Orazio che nell’Ars Poetica riportò alla luce Tespi come πρῶτος εὑρετής della tragedia (2.3. 275-276).   

Segue una sintesi della complessa storia della τραγῳδία dalle origini (vexata quaestio) all’epoca bizantina (Le stagioni della tragedia greca, pp. 13-35). Si segnala in particolare l’attenzione rivolta anche alla “periferia” attica (pp. 29-32). Benché gli studi sui demi minori siano fondamentali per conoscere la storia teatrale (e non solo) della polis ateniese nella sua completezza, essi ancora oggi soffrono nella coscienza storiografica il marcato atenocentrismo (o meglio asty-centrismo). Mi permetto di segnalare a questo proposito il lavoro sul teatro attico di Ikaria e Tespi da me recentemente portato a termine nell’ambito del Dottorato in Storia dello spettacolo dell’Università di Firenze (tutor: prof. Stefano Mazzoni).

La tragedia divertente (pp. 37-41) è il titolo del terzo capitolo in cui poche pagine sono dedicate al dramma satiresco definito da Demetrio appunto τραγῳδίαν παίζουσαν (Sullo stile 169).

La trattazione seguente verte sul coro e sugli attori (Testo poetico e rappresentazione, pp. 43-47): un tema macroscopico di cui si offre un efficace sunto divulgativo incentrato sulle diverse forme del canto e della recitazione e sulle parti costitutive della tragedia.

Al recupero della dimensione performativa della tragedia contribuisce il CD allegato con inedite melodie e canti composti da Paola Polito sui testi dei tre grandi tragici, di cui sono riassunte le trame (Agamennone e Prometeo incatenato di Eschilo, Antigone e Edipo re di Sofocle, Alcesti e Medea di Euripide). È suggerita in questo modo l’esperienza multisensoriale del dramma greco che include appunto la μελοποιία (Arist. Poet. 1450a). La stessa Polito, in chiusura di volume, illustra la sua attività di compositrice e cantante specializzata in greco antico (pp. 75-77).

Data la vastità dell’argomento, in bibliografia (pp. 69-72) sono segnalati opportunatamente solo gli studi nuovi o quelli di maggior rilievo ristampati di recente. Seguono alcune tavole che riproducono pitture vascolari in relazione con la tragedia (pp. 79-89). 

A dispetto della prefazione un po’ magniloquente, il libro di De Poli si presenta come un’agile sintesi di un tema complesso: uno strumento di lavoro utile anche ai non specialisti.             


di Diana Perego


La copertina

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