«Questo
volume si propone di associare alla disamina della tragedia greca […] una
prospettiva insieme iniziatica, sapienziale, storica, letteraria, iconografica
e performativa». Così Angelo Tonelli nella prefazione (p. IX): un
intento ambizioso quello alla base del nuovo lavoro di Mattia De Poli.
Il
primo capitolo (Le vie della selezione, pp. 3-12) costituisce lapprezzabile
premessa dellindagine: i tragediografi attivi tra la “nascita della tragedia”
e il tramonto delletà classica non si limitano ai soli Eschilo, Sofocle
e Euripide. A questi si aggiungono «migliaia e migliaia di altri
ragazzini che fanno tragedie» (ἕτερ᾽ ἔστ᾽ ἐνταῦθα μειρακύλλια / τραγῳδίας ποιοῦντα
πλεῖν ἢ μύρια, 89-90), dice Eracle a Dioniso nelle Rane di Aristofane.
Basti pensare ai molteplici nomi citati da Aristotele nella Poetica
e nella Retorica.
A
fronte di un così denso e variegato panorama la tendenza selettiva della trattatistica
erudita peripatetica ed ellenistica si concentrò quasi esclusivamente sulla
triade tragica. Solo in epoca imperiale avvenne la riscoperta delle origini e dei
tragediografi “minori” cui sono qui dedicate pagine dense di opportuni
riferimenti alle fonti (pp. 6-9). Ricordiamo almeno Orazio che nellArs
Poetica riportò alla luce Tespi
come πρῶτος εὑρετής della tragedia (2.3. 275-276).
Segue
una sintesi della complessa storia della τραγῳδία dalle origini (vexata
quaestio) allepoca
bizantina (Le stagioni della tragedia greca, pp. 13-35). Si segnala in
particolare lattenzione rivolta anche alla “periferia” attica (pp. 29-32). Benché
gli studi sui demi minori siano fondamentali per conoscere la storia teatrale (e
non solo) della polis ateniese
nella sua completezza, essi ancora oggi soffrono nella coscienza storiografica
il marcato atenocentrismo (o meglio asty-centrismo). Mi permetto di
segnalare a questo proposito il lavoro sul teatro attico di Ikaria e Tespi da
me recentemente portato a termine nellambito del Dottorato in Storia dello
spettacolo dellUniversità di Firenze (tutor: prof. Stefano Mazzoni).
La
tragedia divertente
(pp. 37-41) è il titolo del terzo capitolo in cui poche pagine sono dedicate al
dramma satiresco definito da Demetrio appunto τραγῳδίαν παίζουσαν (Sullo
stile 169).
La
trattazione seguente verte sul coro e sugli attori (Testo poetico e
rappresentazione, pp. 43-47): un tema macroscopico di cui si offre un
efficace sunto divulgativo incentrato sulle diverse forme del canto e della
recitazione e sulle parti costitutive della tragedia.
Al
recupero della dimensione performativa della tragedia contribuisce il CD
allegato con inedite melodie e canti composti da Paola Polito sui testi
dei tre grandi tragici, di cui sono riassunte le trame (Agamennone e Prometeo
incatenato di Eschilo, Antigone e Edipo re di Sofocle, Alcesti
e Medea di Euripide). È suggerita in questo modo lesperienza
multisensoriale del dramma greco che include appunto la μελοποιία (Arist. Poet.
1450a). La stessa Polito, in chiusura di volume, illustra la sua attività di
compositrice e cantante specializzata in greco antico (pp. 75-77).
Data
la vastità dellargomento, in bibliografia (pp. 69-72) sono segnalati
opportunatamente solo gli studi nuovi o quelli di maggior rilievo ristampati di
recente. Seguono alcune tavole che riproducono pitture vascolari in relazione
con la tragedia (pp. 79-89).
A
dispetto della prefazione un po magniloquente, il libro di De Poli si presenta
come unagile sintesi di un tema complesso: uno strumento di lavoro utile anche
ai non specialisti.
di Diana Perego
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