Antoine Vitez,
metteur en scène e poeta, traduttore e pedagogo che giunse a guidare la
Comédie-Française, si impegnò particolarmente – in un momento centrale della
sua attività – alla rappresentazione di testi non drammatici. Così dal 1966 al
1982 realizzò nove spettacoli tratti sia da fonti storiche sia da narrativa
originale, nella convinzione che si potesse «faire théâtre de tout».
Interveniva nella drammaturgia del suo tempo con una pratica poi diffusa in
Europa, stabilendo modi e criteri singolari almeno per lampiezza e lunicità
dei risultati. Quella fase, pure necessaria e responsabile, segnò per lartista
una svolta decisiva, dopo la quale si dedicò a unarte teatrale fondata sul
poeta drammatico e sul lavoro dellattore, presso il rinnovato Théâtre National
de Chaillot, a partire dal 1982.
Della figura di Vitez, riconosciuta ma dai molti meriti
ancora inesplorati, restavano in ombra proprio i documenti di quelle creazioni
dalla forte impronta autorale. Il presente studio di Brigitte Joinnault
sviluppa largomento (con alcuni esempi sonori registrati, in un CD allegato) e
ne rivela la nuova, inaspettata ricchezza. Lesposizione cronologica degli
eventi è preceduta da unIntroduzione
dove la studiosa illustra le motivazioni del suo lavoro, nonché da un contributo di Georges Banu che giudica le
prove dellartista quale frutto del suo bisogno, incessante e senza limiti, di sperimentare,
secondo l«esprit de Léonardo».
Joinnault individua in unIntervista
del 1976 a Danielle Sallenave i primi moventi che inducono Vitez a creare
un genere definibile come un «événement marquant, un tournant dans lhistoire
du théâtre français: lacte de naissance dune nouvelle manière de faire
théâtre avec des romans, alors baptsisé théâtre-récit» (p. 19). In
effetti, la genesi è anteriore, accertabile nellIntervista ad Anne Ubersfeld del 1975, legata alla pratica
già in atto del théâtre de quartier.
Inoltre, non ne emerge litinerario artistico, dalla concezione della scuola, «le
plus beau théâtre du monde», all«idée essentielle… que lacteur peut semparer
de tout, quon peut faire théâtre de tout», come dichiarava alla Ubersfeld;
fino al sogno dun «théâtre élitaire pour tous» che ravvivava lidea vilariana
di «théâtre populaire», verificandola proprio a Chaillot (ex sede del TNP) come
arte esemplare.
La tragédie-montage (sorta di teatro-documento) Le Procès dÉmile Henry, data
a Caen nel 1966, instaurava un rapporto immediato dellattore con lo spettatore.
Una Tabella (p. 39) riporta i sessanta frammenti della composizione dei quali la studiosa
dettaglia lorigine e la funzione, così da ricostruire – per «fragments
hétéreoclites» (p. 43) e sfruttando diari e note inediti – la struttura
testuale (p. 50) e i criteri della messa in scena (p. 54), sviluppata in unarea
rettangolare fra due file di spettatori. Limportanza di La Grande Enquête de François-Félix Kulpa di Xavier Agnan
Pommeret, che assume la forma di roman-photo
(recitato a Nanterre nel 1968), simpone nello stabilire le basi del théâtre-récit (p. 88). In due versioni (1972
e 1973) si rappresentava Vendredi ou la
vie sauvage.
Il metodo adattativo del romanzo di Michel Tournier appare in Du roman au texte (pp. 100-108) e un fascicolo
amplissimo documenta le componenti e le fasi di preparazione, a partire dal
dispositivo e dalla scénographie sonore:
«Le mariage du jeu des acteurs et de celui du musicien, et lancrage de la
musique dans la scénographie, font que, du point de vue du public et des
critiques théâtrales de lépoque, ce spectacle dégageait une “impression musicale”. […] Omniprésente, la musique, instrumentale et
vocale, contaminait toutes les autres composantes scéniques» (p. 133). Quattro
schemi grafici riproducono altrettanti momenti della rappresentazione (scandita
dalla musica originale di Georges Aperghis) e segnalano le interazioni
funzionali fra i personaggi e lambiente (pp. 138-141). Le recite furono molto discusse,
specialmente per i riferimenti biblici dichiarati e posti in rapporto con un
clima di percepibile erotismo. Lo spettacolo nasceva per il Théâtre National
des Enfants: fu girato un Journal
delle prove e le riprese integrali duna rappresentazione divennero
film-documentario.
Ancora più provocatorio risultò Les Miracles (dal Vangelo di Giovanni) che
nel 1974 sinseriva nel rinnovamento del Teatro di Chaillot. Il testo giovanneo,
utilizzato a frammenti, era scelto per la sua «matérialisation poétique de
lincarnation» (p. 150). Momento di sperimentazione estrema, dalla quale Vitez
si allontanerà poi definitivamente. Lautore mira a impadronirsi del patrimonio
tradizionale della Chiesa cattolica: «Je depossède lÉglise de ce quelle
considère comme sa proprieté. […] Je
revendique le droit à la culture religieuse comme culture justement, et non
comme religion» (p. 145). Lazione, attribuita a sette attori e tre
cantanti esaltava la mimica, la dizione e il canto lirico e mirava alla vocalità
dei primi riti liturgici. «Dans Les Miracles, les frontières entre
lexpression théâtrale et lexpression musicale étaient beaucoup plus flues que
dans Vendredi... […] Les verset
sont souvent scindés en petits segments de tailles inégales […]. Ce hachage
confère à la diction un caractère pulsionnel» (p. 169). I toni persino
eccessivi della critica sono testimoniati dalle numerose recensioni citate.
Dellamico Louis Aragon,
Vitez sceglie poi il romanzo Les cloches
de Bâle per trarne Catherine, pièce rappresentata al Festival
dAvignon del 1975. La complessa operazione viene ulteriormente particolareggiata
studiando il copione, riesumato presso la Società Autori: centottantaquattro frammenti sono catalogati secondo le categorie énigme, comparaison, choralité, mémoire, métonymie (p. 199). In scena si svolgeva un lungo pranzo, dai dettagli
realisti e dalle varianti ottenute con la pratica alternativa della mise en espace (lettura del libro) e
della recita a memoria. La novella di Charles Perrault Grisélidis (1977) veniva drammatizzata
senza tagli essenziali e montaggio elaborato. Più spinta risultava la
musicalizzazione, contando sulla partitura di Georges Couroupos e un congruo
organico orchestrale rispetto a due soli attori. Esempi della partitura (pp.
243-246) integrano i dati sulla messa in scena e sulla ricezione. Nel 1978 a
Ivry, Vitez rappresentava La Rencontre de
Georges Pompidou avec Mao Zedong, tratto da un articolo del «Nouvel
Observateur», molto apprezzato come esempio di «théâtre politique» (p. 248). La
stagione 1981-1982 di Chaillot si apriva con Tombeau pour cinq cent mille soldats, dal romanzo di Pierre
Guyotat, per presentare temi urgenti e scabrosi quali la violenza, il
colonialismo e la guerra, nati dallesperienza dellautore e sensibili ai
precedenti di Salò di Pasolini
e di The Brig del Living Theatre. Il
paragrafo La manipulation des corps discute
appunto il significato di quel tema. Infine, i tre sottogeneri rievocati danno
luogo a una sintesi interpretativa che suggerisce lapertura a «un rêve de
théâtre» (p. 371) stimolante, anche se non completamente realizzato. Forse per unimpressione
pregiudiziale, a fine lettura si nota come in Francia lindagine dei
ricercatori spesso si limiti ai confini nazionali e non consideri fenomeni
analoghi pur presenti in altre situazioni europee. Nellambito specifico, è
trascurata lopera eminente, per qualità e varietà di esiti, di Luca Ronconi.
Anche riguardo alla riflessione critica su Vitez, lautrice elude i contributi
italiani, pure accreditati, e la risposta alla rappresentazione dei suoi lavori
in Italia. Lalto valore della documentazione e dellelaborazione fa comunque
del libro uno strumento nuovo, completo e prezioso per conoscere il grande artista
e la sua opera.
di Gianni Poli
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