Un progetto ambizioso, quello del volume curato da Christopher B. Balmé, Piermario Vescovo e Daniele Vianello per la Cambridge University Press, ovvero: «to
retrace the history of the improvvisa in light of its legendary past, with special focus on the
theatrical practices and theoretical deliberations in the century which has
just ended. […] To provide a thorough
– albeit not necessarily exhaustive – reconstruction of a phenomenon that has
significantly affected world theatre» (p. 1). In altre parole, offrire uno sguardo complessivo
e di lunga durata sulla Commedia dellArte, dalle sue origini leggendarie al Novecento,
con particolare attenzione alle ricadute nelle teorie e nelle prassi sceniche
del secolo scorso.
Per
realizzarlo sono stati coinvolti studiosi di vari paesi e con formazione
differente, da maestri come Ferdinando
Taviani e Siro Ferrone, a
musicologi, italianisti, storici della danza e delle letterature comparate. I
singoli contributi sono stati raggruppati in cinque sezioni tematiche: Elements; Commedia dellArte and Europe; Social
and Cultural Conflicts; Opera, Music,
Dance, Circus and Iconography;
Commedia dellArte from the Avant-Garde to Contemporary Theatre.
Nella
prima parte (pp. 17-63) Taviani, Vescovo, Riccardo
Drusi e Stefan Hulfeld danno la
loro personale interpretazione dei tratti distintivi del fenomeno: la
dirompente novità della donna in scena; le difficoltà economiche e
organizzative delle compagnie nella quotidianità di una vita sempre in viaggio;
il repertorio, in bilico tra oralità e scrittura; il definirsi dei ruoli e il
successivo cristallizzarsi in unimmagine stereotipata fatta di maschere e
improvvisazione. I loro interventi, assieme a quelli della terza parte (pp.
131-163), in cui Bernadette Majorana
e Raimondo Guarino ripercorrono le
controverse relazioni con le autorità religiose e con la cultura dominante, delineano
un inquadramento per temi e problemi del teatro dei professionisti.
La
seconda parte (pp. 65-130) è dedicata al vitale rapporto di reciproco scambio e
arricchimento tra la Commedia dellArte e le coeve culture teatrali europee (e
non solo). Al centro il tema del viaggio, ben illustrato da Ferrone.
Consustanziale alla vita dei professionisti della scena, li condusse in terre lontane e spesso ostili: in Francia (Virginia Scott) e in Inghilterra (Robert Henke); nella Penisola Iberica,
dove furono attive le compagnie di Alberto Naselli (Zan
Ganassa) e di Abagaro Frescobaldi (Stefanelo Bottarga) (María del Valle Ojeda Calvo); nei paesi dellarea germanica, da
Monaco a Vienna (M A Katritzky); in
quelli dellEuropa del Nord (Bent Holm);
fino alla lontana Russia (Laurence
Senelick). A guidarli la ricerca di nuovi mercati e nuove fonti di
guadagno.
Perché,
non lo si ripeterà mai abbastanza, la storia del teatro dei professionisti
italiani in Europa, in particolare dal Cinque al Settecento, è la storia di un
mestiere venduto, in cui la poliedrica sapienza performativa era essenziale per
andare incontro a un pubblico sempre nuovo e dai gusti sempre differenti, da
soddisfare nonostante lostacolo linguistico. Danza, canto, musica,
recitazione, mimica furono per gli attori abilità essenziali per guadagnarsi la
vita e divennero, nel corso del XVIII secolo, insostituibili opportunità per
creare forme di spettacolo alternative, adatte al mutare dei tempi. Basti qui
pensare al circo e alle esibizioni dei funamboli parigini, che recuperarono la
tradizione attoriale mediata attraverso leredità dellAncien Théâtre
Italien e del teatro della Foire. Ma anche alla ripresa di maschere
e personaggi nella musica, nellopera e nellarte, fino alla definizione di
uniconografia che ha contribuito a creare il suo mito moderno (parte IV, pp.
165-226).
Lultima parte del volume
(pp. 227-310), come già accennato, ricerca leredità della Commedia dellArte
nella cultura europea del XIX e XX secolo, quando divenne una fonte di
ispirazione per quelle esperienze che volevano sottrarsi allegemonia del testo
drammatico prediligendo un teatro non verbale, legato da una parte alle
capacità mimiche e acrobatiche dellattore, dallaltra a tecniche di
composizione drammatica basate sulla creazione collettiva e
sullimprovvisazione. Alludo ai pionieri del teatro di regia come Gordon Craig,
Jacques Copeau, Charles Dullin, Louis Jouvet, Nikolai Evreinov, Vsevolod
Meyerhold, Konstantin S. Stanislavski, Aleksandr Tairov, Yevgeny Vakhtangov,
Sergei Radlov e Max Reinhardt; a grandi mimi come Jean-Louis Barrault e Marcel
Marceau, ma anche a Jacques Lecoq, Ariane Mnouchkine, Eduardo de Filippo,
Giorgio Strehler, Dario Fo, che hanno contribuito a far riscoprire la
centralità del corpo dellattore.
di Lorena Vallieri
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