Il
volume curato da Carla Chiummo, Antonio Geremicca e Patrizia Tosini si
inserisce nel proficuo filone di studi che indaga il dialogo tra artisti e
letterati in seno alle accademie italiane del Cinque e Seicento. Un capitolo
importante della storia dello spettacolo, tuttoggi solo parzialmente compreso
nelle sue più complesse motivazioni politiche e culturali, nonostante sia stata
da tempo dimostrata sia limportanza che i pittori ricoprirono nella pratica
accademica, sia il contributo dei saperi artistico-artigianali degli
architetti-scenografi e dei loro staff
operativi alla riuscita della spettacolarità promossa dai sodalizi. Penso, in
particolare, ai lavori di Sara Mamone e Stefano Mazzoni, cui spetta il
merito di aver suggerito nuove strade di indagine sulle relazioni tra
accademie, spettacolo, musica e pittura.
Opportuna
dunque la pubblicazione che qui si presenta, anche se propone uno sguardo
rivolto principalmente allambito letterario e alla volontà degli intellettuali
di partecipare a un progetto condiviso che potesse legittimare lappartenenza
degli artisti al mondo della cultura “alta”. I diciannove saggi, cui va
aggiunta lIntroduzione a firma dei
curatori, sono dedicati a due capitali della cultura accademica: Roma e Firenze,
indagate per via di esempi.
Punto
di partenza non poteva che essere la Toscana dei Medici dove, sin dagli anni
Quaranta del Cinquecento, artisti e letterati condivisero spazi e occasioni di
incontro e confronto. Basti pensare allaccademia Fiorentina e alla Disputa promossa da Benedetto Varchi nel
1549 su quale sia più nobile arte la
scultura o la pittura (Antonio Geremicca, pp. 11-26); allemblematica e per
molti aspetti ancora misteriosa vicenda di Anton Francesco Doni (Carlo Alberto Girotto, pp. 27-37);
allesperienza della Crusca (Massimiliano
Rossi, pp. 65-74); ma anche alla nascita dellaccademia del Disegno (1563)
e alle polemiche intorno allorganizzazione dei funerali di Michelangelo,
celebrati nella basilica di San Lorenzo il 14 luglio 1564 (Diletta Gamberini, pp. 39-49). Tra gli altri contributi segnaliamo
quello di Paola Cosentino sulla
fitta rete di associazioni che nel Seicento promossero la vivace vita teatrale
cittadina (pp. 51-64).
Più
articolata la sezione dedicata a Roma. La città papale si distinse per il
numero di sodalizi attivi, come illustrato dalle parole di Dionigi Atanagi qui
richiamate da Paolo Procaccioli: «levaronsi
adunque in quel felicissimo tempo ne la città di Roma molte Academie di diversi
elettissimi, et famosi ingegni, sì come furono quelle della Virtù, de la Poesia
Nuova, de lo studio de lArchitettura, de lAmicitia, del Liceo, lAmasea, et
più altre» (pp. 77-90: 77). In bilico tra interessi archeologici e istanze di
riforma religiosa, non di rado tali sodalizi promossero e finanziarono ricerche
filologiche e antiquarie, sostenendo la traduzione di trattati come quello di
Vitruvio (Ambra Moroncini, pp.
101-110) e coinvolgendo artisti come Pirro Ligorio (Ginette Vagenheim, pp. 91-100). A lui si devono sia tre piante di
Roma antica, vere e proprie ricostruzioni archeologiche delle rovine della
città (1552, 1553 e 1561), sia la pubblicazione del Libro […] delle antichità
di Roma nel quale si tratta de circi, teatri & anfiteatri (1553); attività da
mettere in relazione con la partecipazione di Ligorio alla congregazione dei Virtuosi
del Pantheon patrocinata dalla corte farnesiana (Michela Corso, pp. 111-123).
Si
pensi poi a unesperienza singolare come quella delle Noctes Vaticanae che rappresenta uno degli ultimi, effimeri
tentativi di libero dialogo e confronto tra mondo umanistico e identità
cristiana (Carmelo Occhipinti, pp.
125-137). Un clima ben diverso da quello controriformato in cui visse Federico
Zuccari, in viaggio tra Italia e Spagna e in proficuo contatto con religiosi,
uomini di cultura, pittori, scultori e architetti, non di rado allacciati
allinterno di sodalizi come gli Innominati di Parma o la già ricordata
accademia del Disegno di Firenze (Macarena
Moralejo Ortega, pp. 139-152). Tra questi vanno annoverati anche gli
Insensati di Perugia, dove Maffeo Barberini, Giovan Battista Marino, il
Cavalier dArpino e Gaspare Murtola si riunivano per discutere sulle dirompenti
novità caravaggesche (Laura Teza,
pp. 153-167).
Siamo
ormai nelletà di Urbano VIII. Le esperienze artistiche e culturali, sostenute
da Francesco e Maffeo Barberini, e le relazioni
con le altre città si moltiplicano, in una reciproca rete di scambi in ampia
parte ancora da indagare. Lo dimostrano alcuni recenti ritrovamenti documentali
che hanno permesso, ad esempio, di meglio comprendere la politica pontificia
nei confronti di una città come Bologna, ma anche di approfondire una biografia
complessa ed enigmatica come quella di Marino. Alludo alle pubblicazioni di Sebastian Schütze e al cantiere di Emilio Russo e Clizia Carminati. In questo prospettiva di riscoperta vanno lette
le vicende di Giovan Battista Crescenzi (Marco Pupillo, pp. 169-179); di Marco
Antonio Ferretti e Cristoforo Roncalli (Patrizia Tosini, pp. 195-211); di
Ottavio Tronsarelli (Maria Cristina
Terzaghi, pp. 213-227 e Fabrizio
Federici, pp. 229-240); ma anche la stesura della Gerusalemme distrutta di Paolo Guidotti, parafrasi del capolavoro
di Tasso (Michele Nicolaci, pp.
181-193). Per avere una giusta prospettiva occorre però
allargare lo sguardo anche al contesto europeo. Lo dimostra il caso dei
Bentveughels qui affrontato da Harald Hendrix: «una posizione fuorviante che proprio in quanto tale ci permette
di capire meglio certe dinamiche caratteristiche del fenomeno [accademia] nella
sua complessità» (pp. 241-253). Infine, con Jane E. Everson si torna a Roma, con i versi celebrativi della
vittoria di Vienna contro i Turchi (1683), tempestivamente pubblicati
dallaccademia degli Infecondi (pp. 255-271). Siamo ormai alle soglie del
Settecento, secolo di riforme che, come noto, introdurrà non poche novità anche
nella pratica accademica. Qui il volume si ferma, non prima di aver proposto
una selezionata iconografia e una bibliografia essenziale (in cui purtroppo non
si può non notare qualche dimenticanza).
di Lorena Vallieri
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