Il numero 592 della rivista offre agli
studiosi e a tutti i lettori una «ghiotta occasione» (p. 7) per esplorare una
mole ingente di documenti su Alberto
Sordi. Materiali che, meticolosamente raccolti e conservati negli anni
dallo stesso caleidoscopico attore, poi depositati presso il Centro
Sperimentale di Cinematografia, sono stati oggetto di unimportante attività di
ricognizione e riordino da parte di Francesca
Angelucci e Maria Cipriani.
Notevole la sezione iconografica: i ritratti privati di Sordi si mescolano a
quelli pubblici, alle foto di scena, ai fotogrammi che lo immortalano attore
per il piccolo e il grande schermo.
Nel suo editoriale Felice Laudadio ricorda la necessità di un numero dedicato a Sordi
in prossimità del centenario dalla nascita (1920), anniversario condiviso con
un altro gigante del cinema: Federico
Fellini. Dopo lesperienza con Alberto
Lattuada in Luci del varietà (1950),
fu proprio insieme a Sordi che Fellini debuttò come regista unico in Lo sceicco bianco, fortunato esperimento
bissato lanno successivo con I vitelloni.
In apertura, Goffredo Fofi ricorda lavversione di Italo Calvino per la commedia
allitaliana, con lattore romano al centro del mirino: «Sordi peccava, per
Calvino, di strizzare locchio al pubblico, di quella compiacenza per cui gli
italiani potevano dirsi e dire “siamo fatti così, e ci piace”» (p. 15).
Dopo una ricostruzione dei primi passi della sua carriera teatrale (Gradini e passerelle. Le radici teatrali di
Sordi e di mezzo cinema italiano di Maurizio
Porro), Benedetto Gemma e Gabriele Gimmelli ne evocano lattività
di doppiatore, in particolare quale presta-voce, per la versione italiana, di
uno dei due interpreti del duo comico tra i più famosi della storia del cinema:
Oliver Hardy in coppia con Stan Laurel.
Marco
Vanelli ricorda
lesordio cinematografico un po sfortunato con Mamma mia, che impressione! (1951), opera ben presto dimenticata.
Con Lamico vitellone. Conversazione con
Moraldo Rossi (quel Moraldo da cui prenderà il nome il protagonista de I vitelloni, interpretato da Franco Interlenghi) si offre
unimportante conferma alla tesi espressa in un articolo uscito sulle pagine
dell«Unità» del 26 febbraio 2003 firmato dallo stesso Rossi circa limportanza
di Sordi nella costruzione dei personaggi da lui interpretati nei primi due
film firmati da Fellini “in solitaria”.
Alberto
Anile, sullonda dei
celebri sberleffi «Lavoratoriiiiiii»
e «Mi dispiace, ma io so io, e voi non siete un cazzo», si interroga sui
meccanismi che si innescano quando lattore ride (o piuttosto sembra ridere)
delle miserie della propria platea.
Lintervista a cura di Maria Gabriella Giannice
sullesperienza di Sordi a fianco di Dino
Risi e Dino De Laurentis sul set
di Una vita difficile – cui seguono
altri due contributi dedicati allattore romano (Un trafiletto persiano del 13 novembre 1960 e un articolo apparso
il 29 luglio 2018 su «XL Semanal») – introduce la riproposizione di un Autoritratto dietro le quinte già
firmato da Sordi per il mensile «La Fiera del Cinema» con il titolo Sono pantofolaio, casalingo e “parsimonioso”,
unica testimonianza autografa accolta nel volume.
Mafioso a chi? racconta il film di Lattuada dove sul volto di Alberto Sordi «passa
davvero un pezzo della nostra Storia, e non proprio la più sana» (Gianni
Amelio, p. 75). A seguire, Tatti
Sanguineti sottolinea la ricchezza dei materiali iconografici raccolti nel
citato archivio, inclusi ritagli e illustrazioni di giornale, emerge con grande
evidenza a supporto della ricostruzione di Carnevale
a Rio, progetto cinematografico mai realizzato. Ed è anche grazie al
recupero dei molti tagli (takes)
esclusi dal montaggio di questultimo lavoro che Steve Della Casa propone una più attenta lettura di Fumo di Londra (esordio di Sordi
regista).
«Per ogni film girato, ogni cineasta ne
ha almeno due o tre che non ha potuto mettere in piedi. […] Di progetti non
realizzati Sordi ne aveva parecchi» (p. 101). Ed ecco che Alberto Anile, studiando il Fondo Alberto Sordi conservato al
Centro Sperimentale, ci racconta la storia
di tre sogni impossibili: John Martin, Benito Mussolini e Sancio Panza.
Il grande attore si racconta anche in
radio: dal 2 gennaio del 1968, in tredici puntate a cadenza settimanale, è al
fianco di Gianni Boncompagni,
esperienza ricostruita da Daniela Currò.
Seguono i ricordi personali di Sordi da parte di David Grieco, di Francis
Ford Coppola e del direttore della fotografia Sergio DOffizi, mentre Luca
Martera raccoglie Documenti e
retroscena del mancato film su Kissinger.
Il sodalizio della coppia artistica
formata con la Mangano è raccontato da Stefano
Masi (La bella e la bestia). «Nel
Fondo Alberto Sordi non si trovano tracce femminili, lettere appassionate, foto
compromettenti. Potrebbero anche essere sparite per tempo, eppure questa
assenza è coerente col personaggio» (p. 160): il rapporto di Sordi con il
gentil sesso è allora il soggetto intorno al quale si snoda la conversazione
con lattore a cura ancora di Anile (Io
le donne e Storia di un italiano).
Infine, Simone Starace ricostruisce
un ulteriore progetto ideato e diretto da Sordi per la tv italiana: Storia di un italiano, serie che fa la
sua comparsa sul piccolo schermo nel marzo del 1979, in cui lattore racconta
lItalia del Novecento attraverso i suoi film. Pur richiamando il progetto già
tentato da Rossellini lanno
precedente, non è solo una discesa tra i vizi e le virtù dellitaliano medio,
bensì una «antologia personale funzionale alla monumentalizzazione della
propria figura di attore» (p. 167).
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di Elisa Bianchi
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