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Bianco e nero, a. LXXIX, 592, settembre-dicembre 2018
Sordi segreto


190 pp., euro 16,00

Il numero 592 della rivista offre agli studiosi e a tutti i lettori una «ghiotta occasione» (p. 7) per esplorare una mole ingente di documenti su Alberto Sordi. Materiali che, meticolosamente raccolti e conservati negli anni dallo stesso caleidoscopico attore, poi depositati presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, sono stati oggetto di un’importante attività di ricognizione e riordino da parte di Francesca Angelucci e Maria Cipriani. Notevole la sezione iconografica: i ritratti privati di Sordi si mescolano a quelli pubblici, alle foto di scena, ai fotogrammi che lo immortalano attore per il piccolo e il grande schermo.

Nel suo editoriale Felice Laudadio ricorda la necessità di un numero dedicato a Sordi in prossimità del centenario dalla nascita (1920), anniversario condiviso con un altro gigante del cinema: Federico Fellini. Dopo l’esperienza con Alberto Lattuada in Luci del varietà (1950), fu proprio insieme a Sordi che Fellini debuttò come regista unico in Lo sceicco bianco, fortunato esperimento bissato l’anno successivo con I vitelloni.

In apertura, Goffredo Fofi ricorda l’avversione di Italo Calvino per la commedia all’italiana, con l’attore romano al centro del mirino: «Sordi peccava, per Calvino, di strizzare l’occhio al pubblico, di quella compiacenza per cui gli italiani potevano dirsi e dire “siamo fatti così, e ci piace”» (p. 15).

Dopo una ricostruzione dei primi passi della sua carriera teatrale (Gradini e passerelle. Le radici teatrali di Sordi e di mezzo cinema italiano di Maurizio Porro), Benedetto Gemma e Gabriele Gimmelli ne evocano l’attività di doppiatore, in particolare quale presta-voce, per la versione italiana, di uno dei due interpreti del duo comico tra i più famosi della storia del cinema: Oliver Hardy in coppia con Stan Laurel.

Marco Vanelli ricorda l’esordio cinematografico un po’ sfortunato con Mamma mia, che impressione! (1951), opera ben presto dimenticata. Con L’amico vitellone. Conversazione con Moraldo Rossi (quel Moraldo da cui prenderà il nome il protagonista de I vitelloni, interpretato da Franco Interlenghi) si offre un’importante conferma alla tesi espressa in un articolo uscito sulle pagine dell’«Unità» del 26 febbraio 2003 firmato dallo stesso Rossi circa l’importanza di Sordi nella costruzione dei personaggi da lui interpretati nei primi due film firmati da Fellini “in solitaria”.

Alberto Anile, sull’onda dei celebri sberleffi «Lavoratoriiiiiii» e «Mi dispiace, ma io so’ io, e voi non siete un cazzo», si interroga sui meccanismi che si innescano quando l’attore ride (o piuttosto sembra ridere) delle miserie della propria platea.

L’intervista a cura di Maria Gabriella Giannice sull’esperienza di Sordi a fianco di Dino Risi e Dino De Laurentis sul set di Una vita difficile – cui seguono altri due contributi dedicati all’attore romano (Un trafiletto persiano del 13 novembre 1960 e un articolo apparso il 29 luglio 2018 su «XL Semanal») – introduce la riproposizione di un Autoritratto dietro le quinte già firmato da Sordi per il mensile «La Fiera del Cinema» con il titolo Sono pantofolaio, casalingo e “parsimonioso”, unica testimonianza autografa accolta nel volume.

Mafioso a chi? racconta il film di Lattuada dove sul volto di Alberto Sordi «passa davvero un pezzo della nostra Storia, e non proprio la più sana» (Gianni Amelio, p. 75). A seguire, Tatti Sanguineti sottolinea la ricchezza dei materiali iconografici raccolti nel citato archivio, inclusi ritagli e illustrazioni di giornale, emerge con grande evidenza a supporto della ricostruzione di Carnevale a Rio, progetto cinematografico mai realizzato. Ed è anche grazie al recupero dei molti tagli (takes) esclusi dal montaggio di quest’ultimo lavoro che Steve Della Casa propone una più attenta lettura di Fumo di Londra (esordio di Sordi regista).

«Per ogni film girato, ogni cineasta ne ha almeno due o tre che non ha potuto mettere in piedi. […] Di progetti non realizzati Sordi ne aveva parecchi» (p. 101). Ed ecco che Alberto Anile, studiando il Fondo Alberto Sordi conservato al Centro Sperimentale, ci racconta la storia di tre sogni impossibili: John Martin, Benito Mussolini e Sancio Panza.

Il grande attore si racconta anche in radio: dal 2 gennaio del 1968, in tredici puntate a cadenza settimanale, è al fianco di Gianni Boncompagni, esperienza ricostruita da Daniela Currò. Seguono i ricordi personali di Sordi da parte di David Grieco, di Francis Ford Coppola e del direttore della fotografia Sergio D’Offizi, mentre Luca Martera raccoglie Documenti e retroscena del mancato film su Kissinger.

Il sodalizio della coppia artistica formata con la Mangano è raccontato da Stefano Masi (La bella e la bestia). «Nel Fondo Alberto Sordi non si trovano tracce femminili, lettere appassionate, foto compromettenti. Potrebbero anche essere sparite per tempo, eppure questa assenza è coerente col personaggio» (p. 160): il rapporto di Sordi con il gentil sesso è allora il soggetto intorno al quale si snoda la conversazione con l’attore a cura ancora di Anile (Io le donne e Storia di un italiano).

Infine, Simone Starace ricostruisce un ulteriore progetto ideato e diretto da Sordi per la tv italiana: Storia di un italiano, serie che fa la sua comparsa sul piccolo schermo nel marzo del 1979, in cui l’attore racconta l’Italia del Novecento attraverso i suoi film. Pur richiamando il progetto già tentato da Rossellini l’anno precedente, non è solo una discesa tra i vizi e le virtù dell’italiano medio, bensì una «antologia personale funzionale alla monumentalizzazione della propria figura di attore» (p. 167). normal'>Stan Laurel.


di Elisa Bianchi


La copertina

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