Lannale 2018 di «Culture teatrali» è suddiviso in due
dossier. Il primo, curato da Enrico Pitozzi, esplora ad ampio raggio esperienze sceniche
in cui il suono si emancipa dal ruolo convenzionale di accompagnamento dellazione per farsi vero e
proprio dispositivo drammaturgico: l“immagine sonora” come principio operativo primo e veicolo
principale del senso dello spettacolo. Il secondo dossier raccoglie i
contributi storico-critici del convegno Terzo teatro: ieri, oggi, domani,
svoltosi nel 2017 presso il Centro
“La Soffitta” del Dipartimento delle Arti dellUniversità di Bologna, a cura di
Roberta Ferraresi e Marco De Marinis. Apre la sezione Teatri del suono la
traduzione di un saggio del 2012 di Heiner Goebbels in cui il
compositore e drammaturgo tedesco dà conto della propria visione della messa in
scena. Ripercorrendo il processo creativo di alcuni lavori recenti, Goebbels
mette a fuoco l“estetica dellassenza” che informa la sua proposta artistica:
una concezione che viene declinata in modi diversi, dalla scomparsa dellattore-performer
dalla scena (realizzata pienamente in Stifters Dinge, 2007) alla messa
in funzione di un “protagonista collettivo” (come in Schwarz auf Weiss /
Black on White, 1996). A prendere il posto dellattore “espressivo”
convenzionalmente inteso si
individua, negli spettacoli di Goebbels, una “drammaturgia dei media”,
in cui lelemento sonoro spesso assurge a centro motore dello spettacolo. Il dossier si articola in tre parti. In Vedere il
suono, Pitozzi traccia una panoramica sugli elementi salienti della
composizione contemporanea, nonché indaga mediante exempla (Romeo Castellucci, Goebbels, il Teatro delle
Albe…) come questi orizzonti siano declinati in senso drammaturgico sulla scena
teatrale e coreografica di oggi. Viene qui introdotta la categoria “teatro del
suono” allo scopo di classificare quelle esperienze dominate «da unidea musicale
della composizione della scena» (p. 28) in cui il suono si pone come
“attivatore” dellazione per mezzo di “immagini sonore” destinate a orientare lattenzione
dello spettatore. Duika Smoje passa in rassegna alcuni allestimenti
recenti di teatro musicale (ancora Castellucci e Goebbels, Robert Wilson,
Robert Lepage e Michel Van der Aa) in cui la tradizione
operistica viene reinventata attraverso soluzioni nuove e visionarie. Teatri del suono raccoglie le testimonianze di artisti
e compositori che riflettono sulle proprie collaborazioni con registi e
coreografi. Tra gli elementi accomunanti, lindagine essenziale del rapporto
fra suono e spazio e delle risorse fornite dalluso delle tecnologie elettroacustiche
per agire sulla percezione dello spettatore: attraverso la spazializzazione e la
localizzazione del suono, è possibile creare un ambiente acustico artificiale
in cui “immergere” losservatore. Manipolando questo Klangenvironment (Hans
Peter Kuhn, p. 86), il sound designer può orientare lesperienza
dellopera in modo decisivo. Molti professionisti insistono poi su unidea di
composizione scenica come interrelazione fra tutti gli elementi che si offrono
alla percezione del pubblico: «music, sound design, text […], lighting, scenography,
and any actions or movements» (Scott Gibbons, p. 79), in una prospettiva
di «opera totale» (Luigi Ceccarelli, p. 78). Il rapporto fra suono e
corpo del performer è poi richiamato nelle riflessioni di Daniela Cattivelli,
Nancy Tobin e Francesco Giomi, anche nel segno della collaborazione
(nel caso di questultimo) con noti coreografi come Virgilio Sieni e Simona
Bertozzi.
Per Limmagine
sonora, ci si sofferma ancora sul
binomio danza-musica con un contributo di Stefano Tomassini sul Progetto Händel di Mauro Bigonzetti, mentre Jean-Paul
Quéinnec approfondisce la nozione di “drammaturgia sonora” in chiave
intermediale.
Il secondo dossier si apre con una presentazione di De Marinis,
in cui si chiariscono gli intenti alla base del progetto Terzo Teatro: ieri,
oggi, domani. Vi si sottolinea la vitalità che ancora oggi caratterizza la linea operativa
inaugurata negli anni Settanta da Eugenio Barba: quella che insiste su
una concezione etica e antropologica del fare scenico, incentrata sulla
«necessità di dare al teatro un valore trasformativo, sia per coloro che lo
realizzano sia per la società che li circonda» (come si legge nella lettera che
il regista ha inviato in occasione dellapertura del convegno, registrata a p.
170).
Piergiorgio Giacchè legge il Terzo Teatro in relazione alla
temperie postmoderna, una fase in cui lattivismo politico degli anni Sessanta
si converte in attivismo culturale. Le connessioni fra le pratiche dei gruppi
teatrali e le caratteristiche socio-antropologiche dellItalia dellepoca
sono molteplici: in particolare il passaggio «dallambiziosa lotta per
lAlternativa allorgogliosa difesa dellAlterità» (p. 174) e quello da una
vocazione maggioritaria a una tendenza pluralista sono elementi che, anticipati
dal Terzo Teatro, informano la “rivoluzione antropologica” degli anni Settanta
e Ottanta. Raimondo Guarino analizza il fenomeno partendo dallidea di
gruppo come organismo collettivo: una rivendicazione comunitaria che guarda
consapevolmente al passato per trovare una collocazione alternativa nel
panorama coevo.
Cristina Valenti ricostruisce, attraverso fonti documentarie (in
particolare gli articoli pubblicati sulla rivista «Scena»), i fondamenti della
nozione di Terzo Teatro e la sua affermazione e diffusione: un processo
tuttaltro che lineare, denso di contraddizioni soprattutto nel rapporto con la
dimensione politica. Mimma Valentino mette in luce le diverse anime di
quellesperienza: una pluralità di registri e pratiche messe in atto dai gruppi
teatrali che agiscono nel torno degli anni Settanta già evidenziata a suo tempo
da Mirella Schino (Il crocevia del ponte dEra. Storie e voci di una
generazione teatrale 1974-1995, Roma, Bulzoni, 1996).
Chiude il dossier il denso consuntivo di Roberta
Ferraresi che tira le fila del convegno, sottolineando la dimensione presente e
futura del Terzo Teatro, rintracciando continuità e discontinuità in un
contesto socioculturale profondamente mutato.
Il volume si conclude con due sezioni ulteriori di Studi
e Interventi, che comprendono un saggio di Roberto Fratini Serafide
sulla performance partecipativa, indagata nellambito dellimmaginario
culturale postmoderno; una riflessione di Pierfrancesco Giannangeli sul
teatro amatoriale contemporaneo, le cui radici sono rintracciate nelle
esperienze delle compagnie organizzate dallOpera Nazionale Dopolavoro negli
anni Venti del Novecento; e una lectio magistralis di Marco Baliani,
tenuta di recente allUniversità di Bologna, in cui si prende in considerazione
il proprio processo creativo elaborando un complesso discorso di poetica e di metodo.
di Giulia Sarno
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