Il
nuovo numero della rivista internazionale edita dal Mulino si contraddistingue
per un ricco assortimento di contributi in lingua italiana e in inglese. Come
consuetudine, il volume si articola in cinque sezioni, ognuna incentrata su un
particolare aspetto dei film and media
studies in relazione alla cinematografia italiana.
La
sezione Forme, stili, figure si apre
con un contributo di Martina Zanco sulla
novellizzazione di Robert Alley per Ultimo
tango a Parigi di Bertolucci (1972).
Se ne sottolinea la complessità a fronte della etichetta di sottoprodotto
culturale in passato spesso attribuita al romanzo-film. In particolare, Zanco
evidenzia come il testo letterario abbia saputo fare da contraltare alla
pellicola (soprattutto nella sua versione europea censurata), «esaltandone e
regolarizzandone il potere liberatorio» (p. 216).
Esaminando
nel dettaglio le sette versioni di Le
cose belle di Agostino Ferrente e Giovanni Piperno (2014), Clizia Centorrino investiga sul
concetto di aesthetics of becoming
declinato nella produzione documentaristica italiana e contemporanea. La
studiosa si ispira alle tesi sulla durée di
Bergson e alla loro applicazione
deleuziana per mettere in luce una concezione dellopera filmica come oggetto
in divenire, suscettibile di continue variazioni.
Per
la sezione Spettatori, Gabriele Landrini analizza tre
importanti esempi di cineromanzo italiano, accomunati dallesperienza di Franco
Bozzesi come creative director. Il
contributo verte prima sulla struttura e sullevoluzione tematica delle
stringhe di fumetti, per poi focalizzarsi sullapparato iconografico. In
conclusione si propone una rivalutazione dei cineromanzi in quanto «primi
embrionali processi di ripensamento e archiviazione del prodotto
cinematografico» (pp. 254-255).
Simone Dotto apre Archivio con unanalisi sulla geografie translocative nei dischi
parlati della produzione italo-americana tra il 1917 e il 1930. Il contributo
si caratterizza per un approccio innovativo che si distanzia dagli aspetti
musicologici a favore di quelli mediali, per dimostrare come la retorica
adottata porti gli ascoltatori a sviluppare un concetto di patria
«re-inventata» (p. 257). Amedeo dAdamo riassume
le osservazioni e i risultati ottenuti da un progetto di ricerca sulla ricostruzione
della unsteadycam, macchina da presa
progettata nel 1928 da Blasetti e Cauda. Sebbene mai realizzato, tale
apparecchio rappresenta un interessante caso di studio in quanto diretto
antesignano della steadicam.
Prestando particolare attenzione alle problematiche tecniche, dAdamo indaga
con un approccio fenomenologico questo unicum
nel contesto dellevoluzione delle tecnologie di ripresa. La figura del “comandante”
De Robertis è al centro del lavoro di Alberto
Anile, che attraverso nuove testimonianze e inediti documenti ricostruisce
il periodo di prigionia del regista e linfluenza di questa esperienza sul suo unico
film veneziano, La vita semplice
(1946).
In
Differenze, Marco Giargiulo traccia un parallelo tra lesperienza neorealista e
alcune forme di realismo contemporaneo, in particolare nelle opere di Claudio Caligari e Matteo Garrone. Mediante unattenta e dettagliata analisi del ruolo
del linguaggio, si sottolinea come il nuovo cinema italiano offra «a new
interpretation of the complex Italian urban space, its multiculturalism and
multilingualism» (pp. 322-323).
Conclude
il volume la sezione Camera con unaccurata
riflessione di Angelo Pietro Desole sulla
fotografia di paesaggio in relazione alla rappresentazione del silenzio. Tre
sono i fotografi presi in esame: Luigi
Ghirri con i suoi spazi urbani, Robert
Adams con il valore elegiaco della quiete, Ursula Schulz-Dornburg con i suoi scatti tra città e natura.
di Matteo Citrini
|