Il prolifico drammaturgo francofono Koffi Kwahulé ( L'Odeur des arbres, 2017) propone alle stampe due nuove pièces: la prima inedita ( Les Africains), la seconda rappresentata alla Comédie de Caen nel 2017 ( Samo, Tribute to Basquiat). Entrambe, pure nei temi differenti, mostrano la continuità del linguaggio tipico e riconoscibile dellautore dorigine ivoriana.
Les Africains rappresenta la ricerca dellidentità originaria da parte degli abitanti del Continente Nero, ormai “attori” della storia del mondo. Lo fa con registri linguistici e drammaturgici disparati, in generi diversi (commedia, documento, dramma lirico) e forme che vanno dal dialogo alla confessione in pubblico; dallo scambio fra genitori e figli allannuncio pubblicitario. I dieci episodi alternano uno stile esuberante e frammentato in un andamento dalla musicalità jazzistica, rapsodica. La didascalia dapertura indica linserimento – a tratti liberi e casuali – della canzone Sinnerman di Nina Simone. Finché una certa ridondanza di voci e dimmagini pervade le situazioni in forte contrasto dialettico.
Samo, Tribute to Basquiat potrebbe dirsi “poema drammatico”, frutto dellidentificazione, virtuosisticamente fittizia, dellautore col pittore di strada, artista della contro-cultura USA degli anni Sessanta-Ottanta. Kwahulé trae ancora, dal suo mondo nativo, abili variazioni – secondo il ritmo jazz che informa ogni sua scrittura per la scena – attorno al distacco dalle origini sulla sensibilità reattiva alla società dei consumi, così aspramente e sarcasticamente criticata sin dai lavori iniziali: Il nous faut l'Amérique! (1997), Big-Shoot (2000) e Brasserie (2006). Quali costanti espressive sincontrano lintreccio delle battute, lambiguità dei ruoli affidati a personaggi senza nome e motti ricorrenti, sentenziosi o proverbiali. Laspirazione confessata prevalente è la fuga verso l“altra riva”, lontano dallAfrica, per tante persone tentate dal benessere e dal successo facili.
Sulla poltrona del parrucchiere, al centro commerciale, siedono donne pronte a condividere sogni e frustrazioni. Nelle chiacchiere, lo scandalo del ministro corrotto suscita meno curiosità che non la gravidanza imprevista della giovane Nolivé, al centro dun nucleo famigliare esemplare. La ragazza è già modella in carriera legata a un ragazzo inviso ai genitori. A Roma, in piazza di Spagna, si gira lo spot nel quale con la sua esotica bellezza pubblicizza un prodotto.«Nolivé, tu ne cours pas, tu joggingues, cest tout […]. Et tu es le produit et le produit est toi. Le produit ce sont tes seins et tes seins cest le produit » (p. 12). Il tutto avviene mentre si accumulano suggestioni e allusioni dallambiente (spesso drammaticamente incompiute), quasi un riepilogo programmatico di tensioni pregnanti, in attesa dessere incarnate da voci e personaggi più liberamente concreti e autonomi. Appaiono così limmagine dellacqua di un diluvio mitico o la minaccia di Maëva (sorella di Nolivé) di immolarsi per lei dandosi fuoco: accensioni metaforiche delle quali è difficile cogliere la necessità drammatica o estetica.
In due punti lautore insinua il dubbio sulla dimensione teatrale della vicenda, mostrandola ulteriormente “finta”, parallela alla realtà sociale campita sullo sfondo. Molte le impressioni che richiedono discernimento, oltre lemozione immediata, tanto da creare un senso di fatica allimmaginazione del lettore-spettatore. A una prima, semplice lettura, sintuisce appena il senso dun enigma sullorigine delluomo africano, ironicamente ipotizzato.
Per disegnare il profilo di Jean-Michel Basquiat, lautore si nutre dei suoi dipinti e graffiti, degli slogan prodotti nella sua vita brevissima (1960-1988) di spaesato nel ghetto, di ostinato inseguitore della fama e di costruttore del proprio destino artistico: «Cest décidé / Je veux en ętre / Pour sortir la peinture du cadre / Je veux en ętre / Pour crier la peinture / Je veux en ętre. / Botter le cul au destin / […] Me présenter au destin par effraction» (p. 76).
Ma è lunga e ardua la via della conquista, poiché incontra lincomprensione ostile del padre, oltre che le discriminazioni dei mercanti darte in cerca di nuovi talenti. Il disturbo mentale della madre, comunque sua guida alla scoperta della bellezza dellarte, contribuisce allabbandono della famiglia. A tappe esaltate e intense, lartista porta a compimento il programma promesso al padre: «Sur ce mot tagué SAMO que / Je pose comme une fondation / Sérigera un royaume. / Oui pa je te le dis / Un jour je serai célèbre» (p. 60). La firma SAMO@ (acronimo di The Same Old Shit), scelta dallartista in forma di logo, è creata alla metà degli anni Settanta, quando le performances originali di Basquiat comprendono danza hip-hop e scrittura figurativa.
La pièce propone alcuni passaggi in crescendo drammatico, quali la sequenza Tu es libre Jean, centrata sulla madre, e Now's The Time, che partendo da considerazioni sul significato di SAMO dà spazio a un “sogno” riferito dal padre (sotto forma di lettera), nel quale savvera la conversione dal rifiuto pregiudiziale del figlio allaccoglienza di lui e della sua vocazione. Il protagonista, che si conferma nelle ambite identità di “pittore” e di “americano”, risulta inabile però a eludere linfluenza nefasta della droga.
Grazie alla forza del suo linguaggio, Kwahulé si trasferisce poeticamente nel personaggio, attento alle potenzialità della messa in scena cui la sua opera è destinata. La figura e il gesto finali dellanti-eroe ritraggono un combattente che si scopre danzatore, capace ormai di dominare pulsioni, espressioni e di puntare allobiettivo di polemica rivalsa: «Danse esquive. / En souplesse SAMO. / Danse autour de lombre. / En souplesse SAMO. / Danse esquive lombre. […] Afin que souvre la crysalide SAMO. /Nows the Time» (p. 76).
di Gianni Poli
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