Il
nuovo numero di «Dionysus ex Machina», rivista on line di studi sul teatro
antico diretta da Angela Maria Andrisano e Giusto Picone, si presenta con una grafica rinnovata e una più
funzionale articolazione. I saggi sono organizzati in due sezioni. La prima
ospita quei contributi
che, attraverso un approccio multidisciplinare, affrontano questioni
metodologiche legate allesegesi dei testi teatrali greci e latini; la seconda
è dedicata a un approfondimento sulla figura di Medea dallantichità al
Novecento. Tutti gli interventi sono liberamente
scaricabili in pdf allindirizzo www.dionysusexmachina.it.
In
apertura Anna Beltrametti ricorda Diego
Lanza (1937-2018) e la sua passione per il teatro. Nata dal rapporto con il
padre Giuseppe,
drammaturgo e critico, tale passione è allorigine di volumi come Il tiranno e il suo pubblico (1977) e La disciplina dellemozione (1997), delledizione
critica della Poetica di Aristotele
(1987), nonché della fondazione a Pavia, nel 2000, del CRIMTA, il Centro di
Ricerca Interdipartimentale Multimediale sul Teatro Antico. Il principale
merito di Lanza è stato quello di «aver individuato lemozione come fattore
primario della comunicazione teatrale antica e laver acutamente riconosciuto
nella relazione emozionale, diversamente giocata di epoca in epoca tra attore e
spettatore, lessenza del teatro di tutti i tempi» (pp. 1-5: 4).
Giovanni Fanfani indaga gli àmbiti
di interazione tra tessitura e coralità nella produzione lirica arcaica e
classica, prendendo in considerazione aspetti della tecnologia e dellartigianato
tessile in relazione allimmaginario poetico della performance (pp. 6-40). Renzo Tosi cerca le motivazioni
drammaturgiche del riuso di espressioni tradizionali in alcuni passi tragici
(pp. 41-52). Enrico Medda si
concentra sulla natura del dialogo drammatico conservato da P. Oxy.
XXVI 2746 (TrGF adesp. 649) ipotizzando che si tratti del frammento di
un dramma specificamente pensato per essere rappresentato (pp. 53-79). Virgilio Irmici propone alcune
osservazioni sulla recente pubblicazione di Antonio Martina: Menandrea. Elementi e struttura della
commedia di Menandro, Pisa-Roma, Serra, 2016 (pp. 80-89).
Con
Luigi Spina si arriva alloggi, e,
più precisamente, al famoso film Vacanze
romane di William Wyler (1953), in cui lo studioso rintraccia riferimenti
non solo alla favola di Cenerentola,
ma soprattutto al mito di Orfeo ed Euridice (pp. 90-95). Dal cinema al teatro e
al problema della “contemporaneità” dei classici con Francesco Puccio e la sua intervista a Simone Beta, traduttore
dellAntigone di Sofocle messa in
scena dalla Compagnia di Federico Tiezzi e Sandro Lombardi (pp. 96-107); con Giuseppe Liotta, che confronta le
letture registiche di Chiara Guidi e di Bob Wilson dellEdipo sofocleo (pp.
108-116); e con Alice Bonandini e le
sue riflessioni sullo spettacolo Cicatrici,
proposto in
prima assoluta alla Biennale Teatro 2018 dalla compagnia Kronoteatro, che lo ha
liberamente tratto dal Tieste senechiano (pp. 117-133).
Il
Dossier, che costituisce la seconda sezione della rivista, raccoglie alcune
delle relazioni presentate al seminario I
volti di Medea (marzo-luglio 2018) promosso da Progetto Segesta, il Centro
internazionale di studi e di ricerca sul teatro antico del Dipartimento di
Scienze Umanistiche dellUniversità di Palermo. Iniziano Pietro Li Causi e Annunziata
Miriam Biancucci con due imprescindibili domande: si può parlare di Medea come di un
“mostro” e, eventualmente, in che misura? (pp. 135-166) e poi, cosa significa,
per leroina, «perdere la terra dei padri»? (pp. 167-191). Due quesiti
centrali per non fraintendere la complessa e ambigua figura di Medea. Ambivalenza
esplicitata anche attraverso la funzione dei doni, con cui essa sembra in grado
di costruire relazioni ma anche di vendicarsi sui nemici. Lo dimostra il
contributo di Lavinia Scolari che ripercorre
varie fonti – Pindaro, Apollonio Rodio, Ovidio, Valerio Flacco, Apollodoro,
Diodoro Siculo, Draconzio, Euripide e Seneca – sulle tracce delle riscritture
del mito in rapporto alle dinamiche di reciprocità positiva del dono e alle
loro infrazioni (pp. 192-228).
Dalla
Grecia a Roma, dove ci conduce anche una nuova domanda cui cerca di rispondere Rosa Rita Marchese: «la riscrittura
tragica del mito della principessa della Colchide è, in Seneca, una storia di
vulnerabilità?». Un interrogativo che si rivela non solo di natura etica, ma
anche un utile strumento di analisi del meccanismo drammaturgico senechiano
(pp. 229-258). Infine, dallantichità al Sette-Ottocento, con varie riprese in
musica (Paolo Isotta, pp. 322-344),
fino al Novecento, quando Medea diventa sia la vittima di un potere dai tratti
misogini, antisemiti e xenofobi, sia il simbolo della crisi del mondo
occidentale, sia, con valenza negativa, lespressione di potenti forze oscure
che portano dolore e distruzione nel mondo (Laura Autieri, pp. 259-274 e Giuseppe
Pucci, pp. 275-285). Indubbiamente Medea fu ed è un mito dallinesauribile
fascino, al centro anche degli interessi di una attrice, regista e pedagoga
teatrale del calibro di Tatiana Pavlova Zeitman (Giancarlo Sammartano, pp. 286-321).
di Lorena Vallieri
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