Paracelso di Arthur Schnitzler, opera drammaturgica composta a partire dal 1894 e completata
nel 1898, debutta nel 1899 al Burgtheater di Vienna con la star Josef Kainz nel ruolo del protagonista.
Tuttavia lo spettacolo convince poco pubblico e critica. Maggior successo
ottiene linterpretazione dellattore italo-austriaco Alexander Moissi al Deutsches Volkstheater di Vienna (1922) e poi al
Deutsches Theater di Berlino (1924). Questo impatto in chiaro-scuro sul
palcoscenico si riscontra anche a livello storiografico. La posizione di Paracelso è adombrata da altri lavori
teatrali di Schnitzler che hanno conosciuto maggiore fortuna scenica come Amoretto (1895), Anatol (1910), Professor
Bernhardi (1913), Girotondo (1920).
Unincisiva, meticolosa rivalutazione di
questo atto unico in versi di ambientazione storica emerge dallintroduzione Alterius non sit qui suus esse potest (pp.
7-63) di Paola Maria Filippi alla
commedia da lei stessa tradotta e pubblicata con testo originale a fronte. Al
medico-drammaturgo Schnitzler, la figura dello svizzero Paracelso – stregone e alchimista, filosofo, mago e uomo di scienze
del Rinascimento – permette di prendere «posizione nei confronti dellipnosi come
strumento terapeutico», considerandola «nelle sue implicazioni di strumento
conoscitivo dellattività psichica e degli ambienti più nascosti della
personalità» (p. 39).
Secondo linterpretazione di Filippi il
tessuto narrativo fa leva sullincontro-scontro tra le diverse visioni morali e
culturali che animano i vari personaggi. Le loro peculiarità sono, pertanto,
sottoposte a utili, meticolose radiografie identitarie.
Il dottor Copus rappresenta i fondamenti
della scienza antica di stampo ippocrateo; larmaiolo Cyprian, padrone della
casa in cui si consuma lazione del dramma, incarna il borghese agiato e sicuro
delle proprie scelte ma capace di evolvere nel corso della vicenda fino a diventare
un sostenitore della medicina alternativa di Paracelso. Questultimo, sorta di «medico
contemporaneo in vesti rinascimentali» (p. 53), assurge a portatore della
scienza nuova che esplora il corpo e soprattutto lanima, perché è lì che si
nascondono i desideri e i ricordi rimossi. Tuttavia in lui domina il dubbio.
Quando lascia la casa di Cyprian, «si ritrova più umano di quanto vi è entrato,
rivela unintima fragilità percorsa dallincertezza che avvolge gli stessi
fenomeni dei quali si riteneva padrone» (p. 55).
Infine cè Justina, la moglie di Cyprian che,
diventata cavia dellanalista Paracelso, viene sottoposta a ipnosi. Gli effetti
prodotti sulla coppia sono lo scardinamento delle certezze matrimoniali e la rivelazione
di un segreto nascosto per quindici anni, ora esplicato con intenti liberatori
dal tormento di unossessione: lamore nutrito in gioventù dalla donna per
Paracelso. Tuttavia non succederà nulla. La sua vita continuerà tra le solite,
solide pareti domestiche e probabilmente in modo ancor più frustrante di prima.
In questo apparente
lieto fine – conclude Filippi – «si evidenzia lo scetticismo sulla possibilità di
costruire qualcosa di duraturo e di valido […] nel mondo degli affetti» (p.
63). Ritorna anche in Paracelso il
tema della solitudine ricorrente nel teatro dello scrittore viennese, qui
rivisitato nella sua dimensione forse più dolorosa e inquietante: la convivenza
con il silenzio tombale di quel magma interiore in cui si annidano pericolosi e
potenti spettri.
di Massimo Bertoldi
|
|