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Georges Forestier

Molière


Paris, Gallimard, 2018, 544 pp., euro 24,00
ISBN 978-2-07-013506-6

La biografia molièriana di George Forestier, già curatore delle Oeuvres complètes di Molière per la “Pléiade” di Gallimard, è importante anche per i lettori e i teatranti italiani, poiché in Italia, a differenza delle commedie, tradotte e rappresentate frequentemente, manca una biografia di riferimento del drammaturgo francese. 

Forestier si propone di rivedere la storiografia sull’autore a partire dalla sua prima biografia, quella di Jean-Lénor Le Gallois de Grimarest (1705), fonte di molti equivoci consolidatisi sulla sua figura: «Le présent ouvrage a pour ambition première de faire table rase. Il entend laisser de côté les“vérités mythiques”pour s’en tenir exclusivement aux ‘vérités attestées concernant Molière» (p. 14). Lo studioso mostra apprezzamento per gli studi di Gustave Michaut (Paris, Hachette, 1922) e di Roger Duchêne (Paris, Fayard, 1998). Scartando l’aneddotica tramandata da memorie non verificabili, il volume dà merito agli storici dell’Ottocento d’essere riusciti a reperire atti ufficiali, notarili e contrattuali (a partire dall’atto di nascita) riguardanti Jean Baptiste Poquelin e la sua famiglia. Si ricorre inoltre ai documenti originali censiti e riorganizzati nel Novecento. Si pensi a Cent and de recherches sua Molière […], di Madeleine Jurgens e Elisabeth Maxfield-Miller (Paris, Imprimerie Nationale, 1963) e a Recueil de texts et documenti du XVIIsiècle relatifs à Molière di Georges Mongredien (Paris, Editions du Centre national de la recherche scientifique, 1965). Forestier stabilisce le certezze desumibili dai testi teatrali, studia gli effetti delle rappresentazioni e registra gli scopi d’una carriera artistica eccezionale, frutto d’una «cohérence intellectuelle et artistique étonnante» (p. 17). 

La cronologia segue Jean-Baptiste dall’infanzia alla scelta dell’arte teatrale, nella sua famiglia di commercianti tapissiers. Grazie alle origini borghesi, il giovane inizia gli studi al Collège de Clermont (poi Lycée Le-Grand) e li continua in Diritto civile, probabilmente a Orléans, dove però interrompe la carriera scolastica deludendo l’ambizione paterna che lo sogna avvocato. La scelta decisiva della vocazione d’attore è registrata nel 1643 in un atto notarile di rinuncia alla carica di tapissiervalet de chambre du roi, ereditata dal padre e allora ceduta al fratello (p. 35). Poi l’attenzione si sposta sulla nascita controversa di Armande, figlia di Madeleine Béjart e di padre incerto, finendo per escludere con ragionevole certezza la paternità di Jean-Baptiste: la donna che sarebbe diventata la sua giovane moglie (con atto del 20 febbraio 1662, dal quale risulta sorella di Madeleine Béjart) era nata da una relazione dell’attrice con un amante prima della sua unione con l’attore. La convivenza more uxorio di Madeleine con Jean-Baptiste fu all’origine dei sospetti d’incesto che alimentarono lo scandalo attorno al matrimonio. 

Nel giugno 1643, a ventun anni, Jean-Baptiste è cofirmatario responsabile della costituzione dell’Illustre Théâtre, gruppo che mirava a inserirsi nella vita teatrale parigina, fin ad allora animata dalle compagnie dell’Hôtel de Bourgogne e del Marais. La connotazione “Illustre” enfatizzava un impegno volenteroso ma intrapreso in condizioni sfavorevoli, se pure con determinazione al momento di affittare un locale, il jeau de paume detto dei Métayers (p. 53). La relazione dell’attor giovane con Madeleine pare subito influenzare le scelte della troupe costituita attorno al nucleo della famiglia Béjart. Vengono illustrati i modi di allestimento dello spazio scenico, gli orari e soprattutto il repertorio del nuovo teatro, nonché l’efficienza e la produttività all’esordio nell’offrire agli spettatori della prima stagione otto novità, il doppio di quelle prodotte da ciascuno dei due teatri rivali (p. 57).

Jean-Baptiste Poquelin si firma la prima volta “De Molière” il 28 giugno 1644, secondo la prassi di attribuirsi titoli nobiliari. Purtroppo il pubblico dei nuovi comédiens scarseggia, malgrado il loro impegno e le misure di puntuale concorrenza. Molière, ormai il principale responsabile di una troupe che impiegava musicisti e danzatori, viene arrestato per debiti nell’agosto 1645 (p. 66). Allo scioglimento inevitabile della formazione, l’ingaggio di Madeleine nella compagnia “di campagna” di Charles Dufresne consente alla “famiglia” di integrarsi nel gruppo ambulante. Su quello che fu descritto come periodo di “esilio”, Forestier precisa: «Douze années durant, Molière, Madeleine et leurs camarades jouèrent loin de Paris […]. Mais ce fut un exil doré» (p. 71), confortato dai proventi delle tournées nelle province del Sud. 

Nel loro ciclo stagionale, le compagnie rientravano a Parigi per sciogliersi in Quaresima e riformarsi dopo Pasqua. Il capocomico dimostra di avere un forte ascendente sui compagni, diremmo oggi da leader carismatico con spiccata capacità comunicativa: «Molière sut d’emblée faire preuve d’un rare sens de la communication» (p. 121). La troupe segue Épernon durante gli États géneraux (assemblee dei rappresentanti dei tre stati) regionali, recitando per i notabili al seguito. E man mano che la troupe si rende autonoma, si identifica col capocomico, che del resto gode di “protettori” quali il principe di Conti nonché, a Parigi, del patrocinio del duca d’Anjou e d’Orléans, detto “Monsieur, frère unique du Roi” (Louis XIII). Quel periodo (ben illustrato nel film di Ariane Mnouchkine su Molière, 1978) è documentato in dettaglio con riscontri nelle varie città frequentate. Nel 1652-1653, Molière comincia a esprimersi come autore di farse, tutte andate perdute tranne La Jalousie du Barbouillé, d’incerta attribuzione (ma entrata nel canone molièriano). Segue L'Étourdi, prima commedia in cinque atti in versi (1655) che deve molto a L'inavertito di Niccolò Barbieri.

Il ritorno a Parigi vede l’attore in ascesa per fama e maturità artistica. Nell’analisi delle sue opere Forestier individua le fonti d’ispirazione, i prestiti sagaci confluenti nell’elaborazione estetica (sarebbe utile leggere queste pagine avendo accanto il Teatro nell’edizione Bompiani, 2013, con testo francese a fronte). Il contatto con la compagnia degli Italiens sorge dall’uso condiviso, dal 1658, del Petit-Burbon. Le précieuses ridicules costituisce il primo grande successo: Forestier ricostruisce la storia avvincente dello sviluppo della commedia, basata sul materiale letterario di Charles Sorel attorno alle Lois de la galanterie (1644). S’evidenzia in Molière la fedeltà a sé stesso e l’abilità nell’aggirare ostacoli e smussare antipatie e pregiudizi. Intanto, per affermare la propria immagine, egli frequenta i salons più rinomati dove legge brani delle proprie opere. Per distinguersi come home d'esprit esibisce la traduzione del De rerum natura di Lucrezio (p. 120). Le “visite” alle dimore dei personaggi illustri diventano frattanto occasione frequente di rappresentazioni ben remunerate. La gestione redditizia deriva anche dall’alternanza dei generi in repertorio – dal tragico alla farsa (quindi non soltanto saggi di divertimento leggero) – e dalla dosatura della consistenza e della durata delle pièces, determinanti le distribuzioni dei ruoli.

La creazione di L'École des femmes, nel dicembre 1662, provoca uno choc che si prolunga nella querelle alimentata con La critique de l'École e proseguita con L'Impromptu de Versailles (1663), volto a criticare i rivali e a confondere pregiudiziali accuse. Ma l’Impromptuinnovava anche l’estetica, perché «offrait à Molière l’occasion revée de faire valoir ses idées en matière de diction comique» (p. 232). La stampa delle commedie riscuote intanto un notevole successo. Mentre la polemica investe il comédien accusato di irridere la religione, lo stesso Molière è soprannominato “le peintre” per l’acutezza delle sue rappresentazioni (p. 211). Il maggiore sostegno d’allora viene da Monsieur e dagli ingaggi che il Re Sole gli procura per le feste a Versailles. Si assiste a tenzoni a distanza ravvicinata, con drammaturghi rivali quali i fratelli Pierre e Thomas Corneille e un Jean Racine debuttante. 

Il libro rivela i segreti di fabbricazione delle pièces, sorte in genere dalle condizioni del quotidiano dell’autore. Così dalla frequentazione dei medici di corte nasce L'Amour Médécin (1665) concepito come comédie-ballet, genere del quale Molière fu l’ideatore e per il quale si avvalse della complicità musicale di Lully. In un crescendo d’invenzioni e sorprese, la collaborazione con quest’ultimo portò al Grand Divertissement Royal allestito a Versailles nel luglio 1668 per celebrare la pace con la Spagna. Nel progetto affidato a Molière (in gara con Philippe Quinault), venne inserita George Dandinpièce in tre atti che avrebbe suscitato nei secoli seguenti non pochi equivoci sui suoi obiettivi. Altra occasione fu «un divertissement composé de tous ceux que le théâtre peut fournir» (p. 419) che nel carnevale 1670 avrebbe visto il re nei panni di Nettuno e di Apollo. Il complesso lavoro veniva ideato e allestito durante le recite di Monsieur de Pourceaugnac quando lo scrittore La Boulanger de Chalussay rivolgeva al commediografo un perfido attacco, rievocando con Élomire hypocondre fantasmi incestuosi (p. 423).

Molière praticava la nuova grande règle del “plaire” per proseguire nell’invenzione di “caratteri” sempre più complessi e nella codificazione di nuovi toni recitativi, realizzando i capolavori della maturità: Le Misanthrope (1666), L'Avare (1668), Tartuffe (1669), Le Bourgeois gentilhomme (1670), Les Fourberies de Scapin (1671) e Le Malade imaginaire (1773). Per ciascuna opera si individuano i prestiti, le innovazioni, la scelta dei nomi dei personaggi affinché riuscissero allusivi al carattere da rappresentare.

La vita privata di Molière pareva scomparire, pure con la nascita di tre figli per la coppia Jean-Baptiste e Armande che conduceva un ménage da nobili in un piccolo hôtel di proprietà. Eppure, il loro matrimonio veniva giudicato fallito tanto che fu addotto a concausa della morte dell’autore-attore. In realtà fu una malattia polmonare la vera causa del decesso. Nell’Epilogo, Forestier osserva «comment une gloire devint un classique» (p. 485) e lo dimostra con ampia citazione degli “interventi” post mortem (compresa la diffusione della leggenda sulla morte in scena) attestanti le durevoli controversie sulla sua personalità, nonché con l’importante, necessaria rassegna degli equivoci (seguiti al distinguo espresso da Boileau nell'Art poétique, 1674) che nell’Ottocento indussero a considerare «Molière populaire. Et romantique» (ibid.). Pure non potendo partecipare alla fusione delle compagnie primarie che nel 1680 avrebbe originato la Comédie-Française, Molière fu l’inconscio, autentico fondatore e animatore della celebre istituzione teatrale.


di Gianni Poli


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