Il volume inaugura la
collana Intersezioni musicali, ideata dallIstituto
Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC), della Fondazione
Giorgio Cini in collaborazione con leditore friulano Nota. Presso la
fondazione Francesco Giannattasio ha organizzato a partire dal
1995 gli importanti Seminari internazionali di etnomusicologia che per
ventanni sono stati un punto di riferimento essenziale per gli studiosi. La
pubblicazione di cui si parla raccoglie i frutti degli ultimi tre incontri (2013-2015)
dedicati anche a un radicale ripensamento epistemologico imposto dai
cambiamenti che hanno investito loggetto di studi delletnomusicologia. Il saggio introduttivo
di Giannattasio evidenzia le questioni centrali. Prendendo atto del nuovo
“paesaggio sonoro” globale che avvolge la «Media Age» (p. 26), è necessario
mettere in discussione le teorie e le metodologie storiche degli
etnomusicologi. Si propone di riconsiderare (ed eventualmente abbandonare)
alcune nozioni che hanno guidato la disciplina dalla sua fondazione negli anni
Cinquanta del secolo scorso – su tutte, quelle di “identità culturale” e di
“alterità” – in favore di una prospettiva che privilegi lo studio delle musiche
viventi dal punto di vista della “transculturalità”. Riconoscendo nellinterazione
fra tradizioni culturali e concezioni musicali di origine diversa il tratto
principale della nuova creatività contemporanea, lo studioso esorta ad
allargare lo sguardo etnomusicologico verso tutte le musiche di oggi per
comprenderne le peculiarità espressive, i processi produttivi e le rinnovate
funzioni sociali. In altri termini: di fronte a uno scenario inedito, in cui le
vecchie tassonomie hanno perso efficacia descrittiva, Giannattasio propone di
dare un segno forte di discontinuità rispetto al passato e aggiornare il nome
della disciplina a “musicologia transculturale”. La nozione di
“transculturalità” come chiave di lettura del mondo contemporaneo è al centro
del contributo di taglio filosofico di Wolfgang Welsch. Lo studioso
si oppone sia al concetto, di ascendenza herderiana, di “cultura singola”, sia
a quelli di “interculturalità” e di “multiculturalità”. Concetti più moderni ma
ugualmente inadeguati perché presuppongono, incorporandola, quella stessa idea
di singolarità culturale. La descrizione delle culture di oggi come isole o
sfere («islands or spheres», p. 34) omogenee e separate è considerata
scorretta, ingannevole: le forme del vivere attuale sono transculturali perché
“attraversano” ogni confine culturale prestabilito. I tratti salienti di questa
condizione sono analizzati anche in rapporto alle questioni emerse negli ultimi
decenni nel dibattito sulla globalizzazione. Timothy Rice interpreta
la transculturalità sul piano del metodo: un nuovo approccio comparatistico è
necessario per la sopravvivenza delletnomusicologia. Le vie indicate da Rice
sono due: il confronto tra studi locali diversi su temi e questioni di
interesse generale (si pensi al rapporto tra musica e identità); lesame
trasversale delle “scoperte” sulla natura della musica. Dopo il contributo di
carattere storiografico di Lars-Christian Koch, che approfondisce
le metodologie sviluppate da Carl Stumpf e Erich
Moritz von Hornbostel, due dei padri fondatori della musicologia
comparata, Steven Feld auspica un superamento
delletnomusicologia nella direzione della “acustemologia”: una disciplina
destinata ad accogliere le istanze del postumanesimo e a collocarsi in una
prospettiva “trans-specie” avvicinandosi al campo dei sound studies.
Per Feld, un reale rinnovamento deve passare per il riconoscimento delle
interazioni sonore degli esseri umani con tutte le altre specie, con lambiente
e con le tecnologie. Jocelyne Guilbault si
concentra su processi e logiche sottesi alla creazione di legami musicali (musical
bonding) in senso cosmopolita, vale a dire lo stabilirsi di relazioni che
travalicano i confini identitari degli stati-nazione dando vita a fenomeni
musicali transculturali. Al centro della analisi alcune espressioni originarie
di Trinidad e Capo Verde. Jean-Loup Amselle punta invece a
decostruire la nozione di métissage, da lui proposta alla fine
degli anni Novanta: per evidenziare la natura intrinsecamente composita di ogni
gruppo etnico, meglio parlare di “connessione di culture”. La seconda parte del
volume comprende due sezioni dedicate a studi “locali” che accolgono la
prospettiva transculturale. Introdotta da uno scritto di Giovanni
Giuriati, la prima si concentra su contesti e pratiche di area napoletana:
la Festa dei Gigli di Nola (Giuriati); il rito della Madonna dellArco (Claudio
Rizzoni); il fare dei posteggiatori (Giovanni Vacca); la canzone
napoletana (Raffaele Di Mauro). La seconda sezione riguarda il
Salento. Maurizio Agamennone riflette sulla documentazione
sonora di interesse storico a partire dalle registrazioni effettuate nel 1954
da Alan Lomax e Diego Carpitella, oggetto di uno
studio monografico recente. Indaga inoltre e problematizza alcuni usi che di
queste fonti vengono fatti nelle pratiche “neo-folk” diffuse in area salentina.
Sui fenomeni di revival si interroga approfonditamente il
saggio di Flavia Gervasi, che chiude il volume.
di Giulia Sarno
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