Studiosa mai fino in fondo
appagata del proprio oggetto di studio, Anna
Barsotti ritorna ancora una volta a ripensare e a riflettere intorno alla
complessità e alle sottigliezze del mondo teatrale eduardiano con il volume Eduardo De Filippo o della comunicazione
difficile (CUE Press, Imola-Bologna, 2017). Loccasione è stata originata
dalla consegna della monografia laterziana Introduzione
a Eduardo alla veloce e dinamica casa editrice di Imola: la Cue Press, nata
una manciata di anni fa, che poco curandosi della veste editoriale, ha tuttavia
il merito di immettere sul mercato testi e saggistica di teatro e spettacolo altrimenti
introvabili, fagocitati come sono dalleditoria dello “stampa e getta”.
Apparso nel 1992, nella collana «Gli
scrittori» diretta da Giuseppe Petronio,
il volume, che adesso si ristampa rinnovato e aggiornato, allora ebbe il merito
di dimostrare lindiscusso peso drammaturgico di uno dei principali uomini di
teatro del nostro Novecento a una cultura italiana sempre sospettosa e
guardinga dinanzi alle manifestazioni letterarie dellarte teatrale. Trascorsi
quasi venticinque anni, la ristampa dellopera non poteva non risentirne. Non
dunque di un mero atto di riproduzione digital-tipografico si è trattato, ma di
un ripensamento della materia, con lindicazione di un originale percorso
critico. Lautrice vi ha aggiunto un breve capitolo conclusivo (Leitmotiv della comunicazione difficile,
pp. 130-134), oltre a un paragrafo sulla difficile e controversa cronologia di Natale in Casa Cupiello (su cui la
studiosa ragiona anche in base al suo scambio epistolare con Eduardo). Vi ha
anche posposto una dettagliata nota sulle varianti e sulle edizioni delle Cantate, uscite presso Einaudi, e ha provveduto
ad aggiornare la bibliografia, sollecitata in questo oltre che dalla consuetudine
autoriale anche dagli studi apparsi in Italia negli ultimi anni, a partire dal
2014, intorno alla celebrazione del trentennale della morte di Eduardo.
Nelle pagine scorre con molta
cura e precisione la narrazione delle varie tappe della drammaturgia
eduardiana, disposte secondo quellordinata cronologia tesa a comporre il
romanzo teatrale di cui ha parlato la stessa autrice sin dal volume Eduardo
drammaturgo (Bulzoni 1988 e 1995). Un romanzo che potrebbe anche intendersi
quale straordinaria autobiografia in forma teatrale del grande partenopeo, che –
non per caso – si è sempre detto estraneo a desideri autobiografici. Nel volume,
fresco di pixel e di inchiostro (la CUE Press edita in digitale e in cartaceo),
Anna Barsotti analizza il bilinguismo dal suo nascere, che è sì alternanza tra
dialetto e italiano, ma soprattutto alternanza tra affabulazione e afasia, tra
reale e fantastico, tra parole e silenzi, tra tradizione scenica e innovazione
e che agglutina i tempi stessi della elaborazione drammaturgica eduardiana. Una
drammaturgia attraversata in modo vistoso dallaberrante sintomatologia
prodotta dalla comunicazione difficile, chiave di volta del disagio familiare e
collettivo che il volume mette in rilievo e che insegue isolando una a una le
incarnazioni eduardiane.
Cifra distintiva che innerva il
suo essere attore “trinitario”, secondo la ben nota definizione critica di Claudio Meldolesi, il bilinguismo nella
lettura di Barsotti diventa presto multilinguismo. La lingua si contamina naturalmente
con le esigenze della scena, con la tradizione partenopea dalla quale il grande
attore-autore discendeva e alla quale apparteneva, con la modernità della
scrittura di Pirandello, con la
messa a fuoco di una drammaturgia necessitata dagli effetti sconvolgenti derivanti
dal secondo conflitto mondiale, con la sommersione della vena comica parodico-grottesca
delle origini. E se Eduardo è stato finora accostato a Brecht per la tensione epica della drammaturgia “dispari” (a
partire dal brechtismo di DonnAmalia di Napoli
milionaria, discendente dellAnna Fierling di Madre Courage), oltre che per certe sue predisposizioni e
attitudini recitative, lautrice qui riflette circa i rapporti possibili con Ionesco e con Beckett. Lassurdo e la comicità dellassurdo, indagati dai due
drammaturghi suoi coetanei, sono terreni anche eduardiani, avverte con
competenza Barsotti, e si esplicitano tramite quella comunicazione difficile, nodo centrale della contemporaneità,
alla quale lo stesso Eduardo lega il destino scenico di molti suoi personaggi.
di Teresa Megale
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