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Anna Barsotti

Eduardo De Filippo o della comunicazione difficile


Imola-Bologna, CUE Press, 2017, 160 pp., euro 29,99
ISBN 9788899737528

Studiosa mai fino in fondo appagata del proprio oggetto di studio, Anna Barsotti ritorna ancora una volta a ripensare e a riflettere intorno alla complessità e alle sottigliezze del mondo teatrale eduardiano con il volume Eduardo De Filippo o della comunicazione difficile (CUE Press, Imola-Bologna, 2017). L’occasione è stata originata dalla consegna della monografia laterziana Introduzione a Eduardo alla veloce e dinamica casa editrice di Imola: la Cue Press, nata una manciata di anni fa, che poco curandosi della veste editoriale, ha tuttavia il merito di immettere sul mercato testi e saggistica di teatro e spettacolo altrimenti introvabili, fagocitati come sono dall’editoria dello “stampa e getta”.     
 
Apparso nel 1992, nella collana «Gli scrittori» diretta da Giuseppe Petronio, il volume, che adesso si ristampa rinnovato e aggiornato, allora ebbe il merito di dimostrare l’indiscusso peso drammaturgico di uno dei principali uomini di teatro del nostro Novecento a una cultura italiana sempre sospettosa e guardinga dinanzi alle manifestazioni letterarie dell’arte teatrale. Trascorsi quasi venticinque anni, la ristampa dell’opera non poteva non risentirne. Non dunque di un mero atto di riproduzione digital-tipografico si è trattato, ma di un ripensamento della materia, con l’indicazione di un originale percorso critico. L’autrice vi ha aggiunto un breve capitolo conclusivo (Leitmotiv della comunicazione difficile, pp. 130-134), oltre a un paragrafo sulla difficile e controversa cronologia di Natale in Casa Cupiello (su cui la studiosa ragiona anche in base al suo scambio epistolare con Eduardo). Vi ha anche posposto una dettagliata nota sulle varianti e sulle edizioni delle Cantate, uscite presso Einaudi, e ha provveduto ad aggiornare la bibliografia, sollecitata in questo oltre che dalla consuetudine autoriale anche dagli studi apparsi in Italia negli ultimi anni, a partire dal 2014, intorno alla celebrazione del trentennale della morte di Eduardo.   
 
Nelle pagine scorre con molta cura e precisione la narrazione delle varie tappe della drammaturgia eduardiana, disposte secondo quell’ordinata cronologia tesa a comporre il romanzo teatrale di cui ha parlato la stessa autrice sin dal volume Eduardo drammaturgo (Bulzoni 1988 e 1995). Un romanzo che potrebbe anche intendersi quale straordinaria autobiografia in forma teatrale del grande partenopeo, che – non per caso – si è sempre detto estraneo a desideri autobiografici. Nel volume, fresco di pixel e di inchiostro (la CUE Press edita in digitale e in cartaceo), Anna Barsotti analizza il bilinguismo dal suo nascere, che è sì alternanza tra dialetto e italiano, ma soprattutto alternanza tra affabulazione e afasia, tra reale e fantastico, tra parole e silenzi, tra tradizione scenica e innovazione e che agglutina i tempi stessi della elaborazione drammaturgica eduardiana. Una drammaturgia attraversata in modo vistoso dall’aberrante sintomatologia prodotta dalla comunicazione difficile, chiave di volta del disagio familiare e collettivo che il volume mette in rilievo e che insegue isolando una a una le incarnazioni eduardiane.   
 
Cifra distintiva che innerva il suo essere attore “trinitario”, secondo la ben nota definizione critica di Claudio Meldolesi, il bilinguismo nella lettura di Barsotti diventa presto multilinguismo. La lingua si contamina naturalmente con le esigenze della scena, con la tradizione partenopea dalla quale il grande attore-autore discendeva e alla quale apparteneva, con la modernità della scrittura di Pirandello, con la messa a fuoco di una drammaturgia necessitata dagli effetti sconvolgenti derivanti dal secondo conflitto mondiale, con la sommersione della vena comica parodico-grottesca delle origini. E se Eduardo è stato finora accostato a Brecht per la tensione epica della drammaturgia “dispari” (a partire dal brechtismo di Donn’Amalia di Napoli milionaria, discendente dell’Anna Fierling di Madre Courage), oltre che per certe sue predisposizioni e attitudini recitative, l’autrice qui riflette circa i rapporti possibili con Ionesco e con Beckett. L’assurdo e la comicità dell’assurdo, indagati dai due drammaturghi suoi coetanei, sono terreni anche eduardiani, avverte con competenza Barsotti, e si esplicitano tramite quella comunicazione difficile, nodo centrale della contemporaneità, alla quale lo stesso Eduardo lega il destino scenico di molti suoi personaggi.

di Teresa Megale


La copertina

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