Al
via il prossimo 5 maggio la consueta kermesse
musicale fiorentina giunta alla sua ottantunesima edizione. Nella
linea del nuovo sovrintendente Cristiano
Chiarot, questanno la rassegna si
arricchisce della collaborazione di una nutrita rete di istituzioni
cittadine, tra cui la Fondazione Fabbrica Europa,
il Centro di Ricerca Tempo Reale e il neonato Centro Studi Luigi
Dallapiccola.
Il programma, insolitamente ricco, è articolato in cicli specifici che declinano il tema della libertà di espressione attraverso linguaggi e esperienze diversi, dal repertorio strumentale e sinfonico all'opera e alla danza. Con la serie di concerti diretti da Federico Maria Sardelli (in programma Haydn, Mozart e Beethoven) la programmazione esce perfino da Firenze trasferendosi in altri luoghi della Toscana, da Carrara al Mugello. Per poi tornare alla città e ai suoi spazi: dalla Loggia dei Lanzi, protagonisti gli Ottoni del Maggio nel concerto di apertura della rassegna (5 maggio, ore 12), alla più raccolta sala prove del Teatro di piazza Gui, coi velluti del fortepiano a celebrare Schubert e i suoi capolavori, tra cui Winterreise (23 maggio, Stefano Frizzi e Marcello Nardis) e la Sonata per arpeggione, affidata al violoncello di Silvia Chiesa e al tocco da Premio Busoni di Maurizio Baglini (27 maggio).
Libertà e vincoli nella sperimentazione in musica sono al centro del ciclo Maggio contemporaneo, mettendo in gioco Dufay con David Lang negli echi di San Miniato al Monte (17 giugno, L'homme armé/Fabio Lombardo), oppure animando il foyer di galleria del Teatro del Maggio con le partiture di Franco Donatoni e Alessandro Solbiati (7 luglio, G.A.M.O., direttore Francesco Gesualdi), o la sala orchestra coi Suoni al futuro di Alexander Chernyshkov assieme all'ensemble Maggio Elettronico (18 e 19 maggio, in collaborazione con Tempo Reale e La Biennale di Venezia).
Nel
suo Re-Mark, il coreografo tibetano Sang Jijia riflette
su corpo, spazialità e memoria facendo dialogare i ballerini coi
propri doppi multimediali, tramite registrazioni live proiettate su pietre e metalli della Stazione Leopolda (5-8 maggio).
Torna poi il suono del violoncello con le iconiche Suite bachiane:
in Mitten wir mi Leben sind/Bach6cellosuiten continua la
ricerca sulle polifonie materiche che Anne Teresa de Keersmaker conduce con la sua compagnia Rosas (2 e 3 giugno). Le poesie di Joseph Brodsky saranno danzate da Mikhail Baryshnikov in uno spettacolo creato e diretto da Alvis Hermanis (3-5
luglio). Da segnalare, inoltre, il progetto di una coreografia
partecipata curato da Virgilio Sieni, che vedrà i cittadini
trasformarsi in un «popolo inaspettato di Pulcinella in marcia»,
per far emergere «sottili nuovi atteggiamenti democratici» in una
«liturgia laica che si apre al senso del rito».
La rassegna operistica si aprirà con Cardillac di Paul Hindemith, su libretto di Ferdinand Lion da Das Fräulein von Scudieri di Hoffmann. Titolo poco noto al pubblico italiano, assieme a Mathis der Maler e Die Harmonie der Welt è uno dei lavori con cui il compositore tedesco si impegnò a narrare il rapporto tra l'artista e la società. In diciotto numeri chiusi di forgia anti-naturalistica, l'orafo Renè Cardillac si muove in un Seicento a tinte gotiche, maturando una nevrosi monomaniaca che lo rende incapace di distaccarsi dai propri manufatti, di cedere al loro consumo da parte dell'avido mondo che lo circonda e che presto lo abbandona alla sua follia.
Prigioniero,
non di sé stesso ma di una cella del SantUffizio a Saragozza, è
anche leroe eponimo dellopera di Luigi
Dallapiccola, che torna al Maggio a
quasi settantanni dalla sua prima esecuzione del 1950, nel quadro
delle più ampie celebrazioni promosse dal Centro Studi dedicato al
compositore in collaborazione col Festival e con lUniversità di
Firenze. La vicenda, tratta da La
torture par lespérance di
Auguste de Villiers de lIsle Adam,
si intreccia cronologicamente con loppressione della Seconda
guerra mondiale, che Dallapiccola visse al fianco della moglie Laura,
nata Coen Luzzatto, esorcizzandola in pagine di ostica luminosità,
di commovente fede nel potere del melos.
Fede che il Maggio propone in sapiente associazione a quella
problematica di Giuseppe
Verdi,
coi Quattro pezzi sacri
tra cui quell Ave Maria enigmatica
in cui il compositore impiega la
scrittura contrappuntistica per una incredibile sperimentazione del
linguaggio armonico, metafora del percorso tortuoso per giungere
(forse) a scorgere il volto di Dio.
Verdi
è inoltre rappresentato da altri due titoli risalenti alla fine
degli anni 40: Macbeth,
affidato alla direzione di Riccardo
Muti con le voci di Vittoria
Yeo, Francesco
Meli e Luca
Salsi, recentemente distintosi come
Gérard nell Andrea Chénier
scaligero ( La vittoria di Andrea Chénier), e La
battaglia di Legnano, la cui prima
al Teatro Argentina, nascente la Repubblica Romana, ottenne il
trionfo per i cori inneggianti allItalia del I e IV atto e ai
diffusi echi mazziniani.
Completano
la rassegna il lavoro in prima assoluta Infinita tenebra di luce, azioni liriche per voci e ensemble che Adriano Guarnieri ha liberamente tratto dalle Poesie alla notte di Rilke, e La Dafne del fiorentino Marco da Gagliano, composta nel 1608 su libretto di Ottavio Rinuccini, qui affidata alla direzione di Sardelli e alla regia del giovane Gianmaria Aliverta che ne curerà l'allestimento nella suggestiva Grotta del Buontalenti.
di Daniele Palma
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