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Choreutika. Performing and Theorising Dance in Ancient Greece

A cura di Laura Gianvittorio

Pisa-Roma, Fabrizio Serra editore, 2017, 243 pp., euro 78
ISBN 9788862279505

Il volume, a cura di Laura Gianvittorio, fa parte della prestigiosa collana «Biblioteca dei Quaderni Urbinati di Cultura Classica» che già in passato si è distinta per la particolare attenzione agli aspetti performativi della poesia greca, opportunatamente contestualizzata.

Come è noto, nell’antica Grecia la mousike, l’arte delle Muse, comprendeva poesia, letteratura, musica, teatro, canto e danza. Quest’ultima, la choreutika, aveva un ruolo importante in diversi ambiti: sociale, rituale, pedagogico e non ultimo performativo.

Stupisce allora che la danza greca sia stata poco indagata. Mi limito qui a citare Attractive Performances. Ancient Greek Dance di Frederick G. Naerebout (Amsterdam, Gieben, 1997), ancora un punto di riferimento in questo campo di studi. Nemmeno la cosiddetta “svolta performativa”, che ha spostato l’attenzione dal testo alla performance in molte discipline, inclusi i classical studies, ha contribuito allo studio della danza antica.

Il volume si propone di investigare specificatamente la choreutika secondo due direzioni (cui corrispondono altrettante parti del testo): la danza intesa come elemento performativo, nonché quale oggetto della speculazione teorica antica. Il periodo cronologico considerato va dall’età arcaica alla fine di quella classica, dal VII al IV sec. a.C.

Nella prima parte (Performing choral dance: texts and contexts) la danza è dunque indagata in quanto elemento essenziale delle arti performative greche: il teatro, la poesia corale, la musica.

In Moving in unison. The Greek chorus in performance Naerebout si concentra sul coro inteso non come concetto astratto (in questo senso le indagini sono molteplici) ma come gruppo di danzatori che si esibisce dinanzi a un pubblico in un determinato spazio. Il tentativo è quello di indagare il teatro in azione, pur nella consapevolezza che le coreografie antiche sono inesorabilmente perdute. 

Sul presupposto che molpe e choreia siano intrecciate si basano i contributi di Patrick J. Finglass e Eric Csapo. Il primo approfondisce il rapporto tra la danza e la poesia corale del citaredo Stesicoro. Il secondo, partendo dai testi, individua il movimento circolare dei cori euripidei. Apprezzabile in entrambi gli studi il ritorno alle fonti interpretate con sensibilità performativa.

La danza come compagna nelle fasi cruciali della vita (i riti di passaggio, il matrimonio, la morte) è al centro del contributo Dance of death. Evidence about a tragic dance of mourning. Laura Gianvittorio approfondisce questo aspetto, in particolare in alcuni stasimi dei Persiani e dei Sette contro Tebe di Eschilo.   

La seconda parte del volume (Elements of ancient dance theory) registra contributi non strettamente appartenenti all’ambito della Storia dello spettacolo. Sono presi in considerazione testi teorici e filosofici, soprattutto di Platone, Aristotele e Aristosseno in cui si riflette sulla poesia e sulla musica e quindi più o meno esplicitamente anche sulla danza.

Benché i greci non avessero sviluppato un sistema teorico omogeno sulla danza, è nota una quantità significativa di pensieri, termini tecnici e nozioni. Basti qui ricordare il settimo libro delle Leggi in cui Platone studia rigorosamente l’ethos della disciplina coreutica (a questo proposito si segnala Performance and Culture in Plato’s “Law”, a cura di A.E. Peponi, Cambridge, Cambridge University Press, 2012). Si aggiungano le Quaestiones convivales di Plutarco e il De saltatione di Luciano.

Il libro è originale e interdisciplinare. Ambiti di ricerca diversi (storico, letterario, religioso, filosofico, iconografico e performativo) si intrecciano tra di loro. La sinergia della ricerca contribuisce alla conoscenza della choreutika complessità. 


di Diana Perego


La copertina

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