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Francesco Carpanelli

Da Eschilo a Seneca. Legami pericolosi e scena classica. Il connubio tra sacro e profano


Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2015, 184 pp., euro 25,00
ISBN 9788862746151

«Non esiste un canto eseguito presso il telaio né una leggenda in cui si dica che tocchi ai figli di dei e mortali una vita felice» (vv. 507-509). Questi versi, tratti dalla tragedia Ione di Euripide, introducono il tema del volume: l’inconciliabilità tra dei e mortali. Un tema frequente nel teatro greco.

L’indagine del filologo Francesco Carpanelli si sviluppa su due livelli: l’influenza del divino nell’oikia, ovvero le unioni infelici tra divinità ed esseri umani e la ricezione drammatica di tali storie che nelle tragedie attiche si arricchiscono di elementi nuovi.

La ricerca è approfondita e include, oltre alle opere dei tre grandi tragediografi greci, comprese quelle frammentarie, riferimenti all’epica omerica (la storia d’amore tra Odisseo e Calipso nell’Odissea, il rapporto madre-figlio della dea Teti con il figlio Achille nell’Iliade) e alla letteratura latina (in primis l’Ovidio delle Metamorfosi).

Il volume si articola in quattro capitoli dedicati a divinità «del caos famigliare e civile» (p. 35): Dioniso, Poseidone, Eracle e Medea.

Nel primo capitolo l’autore ripercorre l’intricata storia famigliare di Dioniso attraverso una accurata rassegna di frammenti tragici e ipotesi interpretative. Sono prese in considerazione anche opere meno note quali Atamante e Dionyskos di Sofocle e Semele e Xantriai di Eschilo, drames de refus in cui la divinità entra in conflitto con l’istituzione della polis. Le Baccanti di Euripide sono messe a confronto con le Dionisiache di Nonno di Panopoli, di cui Carpanelli tenta di fare emergere «lo spirito teatrale retrostante» (p. 44) analizzandone il lessico e la tecnica stilistica.

La lontananza tra il mondo degli dei e quello degli uomini è l’oggetto del secondo capitolo. In particolare sono approfonditi due aspetti: l’infelicità di madri e dee e l’adozione difficile. Il primo tema è analizzato tramite riferimenti puntuali alle tragedie frammentarie eschilee Kares, Memnone e Psicostasia (unica tragedia in cui Zeus compare in scena seduto sul theologheion). I drammi euripidei Fetonte e Ione offrono rispettivamente l’occasione di riflettere sulla difficoltà del rapporto padre-figlio e madre-figlio.

L’hybris e la violazione dell’oikos da parte di Poseidone sono indagate nel terzo capitolo con  numerosi frammenti poco noti dei tre tragediografi: Amimone di Eschilo, Tiro di Sofocle e Bellerofonte di Euripide. 

Nell’ultimo capitolo, il rapporto oikos-thanatos è approfondito considerando le storie di Eracle e Medea: «personaggi così diversi nella loro essenza e nel loro percorso umano, ma legati, in campo drammatico, da un motivo profondo: l’impossibilità di vivere all’interno della famiglia e della casa, condannati come sono a subire la loro duplice assenza, terrena e celeste» (p. 111). Il tratto comune dei due eroi è la tendenza al solipsismo, all’isolamento dal nucleo famigliare. Vengono prese in considerazione anche le tragedie senecane: Hercules furens, Hercules Oetaeus e Medea.

Il volume si chiude significativamente con un focus su Medea, la donna che per antonomasia rappresenta l’incapacità di sottostare alle regole della famiglia. In particolare la Medea di Seneca, estrema rappresentazione del solipsismo femminile, «si coniuga ancora a distanza di secoli con un motivo che rimane radicalmente mitologico-letterario, cioè l’isolamento, nella società, delle creature che vivono un duplice status dovuto alla loro nascita» (p. 166).

Il libro, che ha inaugurato la collana «Il carro di Tespi. Testi e strumenti del teatro greco-latino» diretta dallo stesso Carpanelli, si caratterizza per rigore filologico, abbondanza e coerenza di riferimenti drammatici e letterari, capacità di indagare il senso più profondo dei miti e di sollevare gli eterni interrogativi sul significato dell’esistenza.


di Diana Perego


La copertina

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