Nellultima pubblicazione
Marsilio per l«Edizione nazionale delle Opere
di Carlo Goldoni» Andrea Fabiano
raccoglie, in ordine cronologico, i trentasei scenari approntati dal
drammaturgo per la Comédie-Italienne allestiti tra il 1761, lanno precedente al
suo arrivo a Parigi, e il 1775. Numeri esigui rispetto alla ricchissima
produzione per i teatri della Serenissima, ma sufficienti per individuare un modus operandi che, come nelle
precedenti esperienze, assegna un ruolo cardinale agli attori. Una ulteriore conferma di come sia
arrivato il momento di togliere a Goldoni
parte dei meriti attribuitigli dalla storiografia ormai un secolo fa
restituendoli ai comici sotto forma di contributi, stimoli, idee, commissioni.
Tanto che, afferma Fabiano riferendosi agli scenari parigini: «la differenza
tra autorialità ed attorialità non è la differenza tra due poli diversi, tra
due significati opposti, ma unicamente la più o meno visibile divaricazione tra
un solo significante (lautorialità) e la sua reduplicatio, la sua reduplicazione (lattorialità)» (pp. 14-15). Il ritorno a una teatralità non
mediata dalla presenza di un testo scritto in sé compiuto induce Goldoni a
rimetter mano a vecchi successi, alcuni risalenti addirittura agli anni del San
Samuele e della collaborazione col Truffaldino Antonio Sacco. Collaborazione, coautorialità, «composizione a più mani»
(p. 29) sono la formula preferita da Goldoni anche per la Comédie-Italienne,
dove gli attori assumono a loro volta, in forme e percentuali diverse, un ruolo
di autori. Sui canovacci da costoro più volte rimaneggiati e veicolati per
lEuropa lesperto commediografo interviene con migliorie, aggiunte o (più
frequentemente) tagli per adattare la commedia al gusto dei diversi spettatori. Fabiano individua nel modo di
procedere di Goldoni a Parigi una sorta di «manipolazione imitativa» (p. 36),
per cui alla riattivazione di vecchi canovacci corrisponde il coinvolgimento di
nuovi interpreti formati sui precedenti modelli. È il caso di Felice Sacchi, Arlecchino attivo nella
compagnia di Girolamo Medebach, il
cui ingaggio Goldoni caldeggia e al quale il drammaturgo affida la parte
eponima nellArlequin valet de deux
maîtres inscenato il 26 giugno 1767. Un attore giovane (Sacchi era nato nel
1735) e promettente che apprende la parte al meglio delle sue possibilità osservando
le grandi prove interpretative del Truffaldino suo omonimo. Daltronde, questa rinnovata
riflessione sul ruolo drammaturgico dei comici e sullautorialità partecipata
niente toglie alla genialità dello scrittore esperto capace di maneggiare
contemporaneamente generi differenti e caratteri diversissimi, oltre a saper
trattare gli attori assecondandone le vanità o reprimendone e canalizzandone
gli eccessivi entusiasmi. La ricca rosa di scenari che compongono questo volume
rende merito alla poliedricità di Goldoni, acquisita già negli anni di
“apprendistato” nella compagnia Imer scrivendo canovacci, opere in musica,
intermezzi, tragedie e commedie, e sviluppata dal 1750 al servizio dei maggiori
impresari di Venezia. Accanto ai vari Arlequin valet de deux maîtres, Les vingt-deux infortunes dArlequin, Il padre di famiglia, La sposa persiana, di per sé rappresentativi
di una varietà di repertorio che ancora pochi teatri in Italia potevano offrire
(e forse nessuno in Francia), si distinguono in questa raccolta alcuni testi
capaci di impressionare anche la fredda critica parigina. Si pensi a Les fils
dArlequin perdu et retrouvé, che anche grazie allinterpretazione di
Camilla-Veronese viene definito sul «Mercure de France» drame, in assenso alla poetica mezzana di Diderot; o alla trilogia di Arlecchino e Camilla dove convivono
parti cantate e parlate, in concomitanza con il primo diffondersi a Parigi
della comédie mêlée dariettes. O,
ancora, si pensi a La bague magique o
a Les cinques âges dArlequin, nelle
quali il magico-fiabesco fa irruzione sulla scena scardinando i confini
spazio-temporali in cui è perimetrata la vicenda, nonché agendo sulla dimensione psichica dei personaggi. Il volume, ben curato da Fabiano, è corredato da una puntuale Nota al testo, da un Commento e da una breve Nota sulla fortuna che registra le lodi
in versi a Goldoni espresse sull«Avant-Coureur» da parte di tale dAquin.
di Lorenzo Galletti
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