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Carlo Goldoni

Scenari per la Comédie-Italienne

A cura di Andrea Fabiano

Venezia, Marsilio, 2017, 395 pp., euro 24,00
ISBN 978-88-317-2724

Nell’ultima pubblicazione Marsilio per l’«Edizione nazionale delle Opere di Carlo Goldoni» Andrea Fabiano raccoglie, in ordine cronologico, i trentasei scenari approntati dal drammaturgo per la Comédie-Italienne allestiti tra il 1761, l’anno precedente al suo arrivo a Parigi, e il 1775. Numeri esigui rispetto alla ricchissima produzione per i teatri della Serenissima, ma sufficienti per individuare un modus operandi che, come nelle precedenti esperienze, assegna un ruolo cardinale agli attori.

Una ulteriore conferma di come sia arrivato il momento di togliere a Goldoni parte dei meriti attribuitigli dalla storiografia ormai un secolo fa restituendoli ai comici sotto forma di contributi, stimoli, idee, commissioni. Tanto che, afferma Fabiano riferendosi agli scenari parigini: «la differenza tra autorialità ed attorialità non è la differenza tra due poli diversi, tra due significati opposti, ma unicamente la più o meno visibile divaricazione tra un solo significante (l’autorialità) e la sua reduplicatio, la sua reduplicazione (l’attorialità)» (pp. 14-15).

Il ritorno a una teatralità non mediata dalla presenza di un testo scritto in sé compiuto induce Goldoni a rimetter mano a vecchi successi, alcuni risalenti addirittura agli anni del San Samuele e della collaborazione col Truffaldino Antonio Sacco. Collaborazione, coautorialità, «composizione a più mani» (p. 29) sono la formula preferita da Goldoni anche per la Comédie-Italienne, dove gli attori assumono a loro volta, in forme e percentuali diverse, un ruolo di autori. Sui canovacci da costoro più volte rimaneggiati e veicolati per l’Europa l’esperto commediografo interviene con migliorie, aggiunte o (più frequentemente) tagli per adattare la commedia al gusto dei diversi spettatori.

Fabiano individua nel modo di procedere di Goldoni a Parigi una sorta di «manipolazione imitativa» (p. 36), per cui alla riattivazione di vecchi canovacci corrisponde il coinvolgimento di nuovi interpreti formati sui precedenti modelli. È il caso di Felice Sacchi, Arlecchino attivo nella compagnia di Girolamo Medebach, il cui ingaggio Goldoni caldeggia e al quale il drammaturgo affida la parte eponima nell’Arlequin valet de deux maîtres inscenato il 26 giugno 1767. Un attore giovane (Sacchi era nato nel 1735) e promettente che apprende la parte al meglio delle sue possibilità osservando le grandi prove interpretative del Truffaldino suo omonimo.

D’altronde, questa rinnovata riflessione sul ruolo drammaturgico dei comici e sull’autorialità partecipata niente toglie alla genialità dello scrittore esperto capace di maneggiare contemporaneamente generi differenti e caratteri diversissimi, oltre a saper trattare gli attori assecondandone le vanità o reprimendone e canalizzandone gli eccessivi entusiasmi. La ricca rosa di scenari che compongono questo volume rende merito alla poliedricità di Goldoni, acquisita già negli anni di “apprendistato” nella compagnia Imer scrivendo canovacci, opere in musica, intermezzi, tragedie e commedie, e sviluppata dal 1750 al servizio dei maggiori impresari di Venezia.

Accanto ai vari Arlequin valet de deux maîtres, Les vingt-deux infortunes d’Arlequin, Il padre di famiglia, La sposa persiana, di per sé rappresentativi di una varietà di repertorio che ancora pochi teatri in Italia potevano offrire (e forse nessuno in Francia), si distinguono in questa raccolta alcuni testi capaci di impressionare anche la fredda critica parigina. Si pensi a  Les fils d’Arlequin perdu et retrouvé, che anche grazie all’interpretazione di Camilla-Veronese viene definito sul «Mercure de France» drame, in assenso alla poetica mezzana di Diderot; o alla trilogia di Arlecchino e Camilla dove convivono parti cantate e parlate, in concomitanza con il primo diffondersi a Parigi della comédie mêlée d’ariettes. O, ancora, si pensi a La bague magique o a Les cinques âges d’Arlequin, nelle quali il magico-fiabesco fa irruzione sulla scena scardinando i confini spazio-temporali in cui è perimetrata la vicenda,  nonché agendo sulla dimensione psichica dei personaggi.

Il volume, ben curato da Fabiano, è corredato da una puntuale Nota al testo, da un Commento e da una breve Nota sulla fortuna che registra le lodi in versi a Goldoni espresse sull’«Avant-Coureur» da parte di tale d’Aquin.


di Lorenzo Galletti


La copertina

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