Il volume ripropone
saggi già editi (con una eccezione), aggiornati e sistematizzati per uno studio
approfondito del corpus tragico più
significativo della letteratura latina. Mazzoli ha il merito di individuare nella
produzione di Seneca tragediografo un sistema organico complementare alla sua produzione
filosofica. In questo modo lo studioso fornisce una risposta esauriente allannosa
questione sulla difficile conciliabilità tra la prosa morale e la poesia
tragica senecane.
Gli scritti sono
suddivisi in cinque sezioni: Poetica e
ideologia (pp. 13-132), Strutture e
azione (pp. 133-217), Drammi e
personaggi (pp. 219-379); Due momenti
della fortuna antica (pp. 381-413) ed Epilogo
(e riepilogo) (pp. 415-451).
Poetica e ideologia comprende nove
analisi tematiche e retoriche delle tragedie. Si esplora il concetto di “sublime”
(cap. 1). È negli scritti di Seneca filosofo, in cui risalta la sublimità
dellanimo sereno, che viene rilevato lhumus
della sua produzione teatrale; ma nelle tragedie il sublime muta di segno
compiendosi nel nefas. Il secondo capitolo
riguarda lutilizzo della poesia come strumento di admonitio che può essere adoperato dallinstitutio filosofica a vantaggio dei proficientes, ovvero di coloro che percorrevano la strada della saggezza.
Si tratta della teoria del carmen
etico che si affaccia anche nella drammaturgia tragica del filosofo, giustificando
il suo ricorso a uno stile sentenzioso. Secondo Mazzoli, la tragedia senecana è
«unoperazione radicalmente inversa (ma non antagonistica!) alla costruzione
filosofica» (p. 45); è la pars destruens
che identifica i vizi da rimuovere, la tappa preliminare da cui prende avvio il
cammino del proficiens verso la
saggezza.
Si esamina poi la
posizione del filosofo sul mito e la storia ricorrendo alla tradizione della
scuola stoica (cap. 3). Seneca di norma condanna il mito in quanto fomentatore
di deprecabili superstizioni, rifiutando lallegoresi proposta dal
veterostoicismo. La rinuncia allermeneutica mitologica è unaporia solo
apparente che Mazzoli supera illustrando lalternativa proposta dal filosofo
definita dallo studioso “rifondazione semantica”. Alla storia è riservata
unelaborazione simile, nellottica di unattribuzione di senso morale operata
dallesegeta. Questo è uno degli argomenti attraverso cui si giunge a sanare la
più vasta aporia della problematica coesistenza di Seneca morale con Seneca
tragico.
Nel quarto capitolo
si sonda lessenza del tragico senecano focalizzandosi sulla rappresentazione
dellira. Mazzoli parla di tragoedia
contexta, forte della coesione tra gli aspetti drammaturgici ed etici. Si
analizza inoltre (cap. 5) ladynaton,
dispositivo retorico ideale per lanticipazione e la rappresentazione della catastrofe
finale delle tragedie, dipingendo immagini di chaos, furor e morte che rievocano
lecpirosi della fisica stoica. Sempre con lobiettivo di dimostrare la
complementarietà degli scritti morali e di quelli tragici, il sesto capitolo
confronta il sistema di natura descritto dalla prosa filosofica con
lantinatura dominante la poesia tragica, concepita come assenza di cosmos, di virtus nonché di mediocritas.
Il settimo è dedicato alla concezione della pace, sia nella sfera politica e
pubblica, sia in quella interiore e privata, questultima decisamente
preponderante. Lidea di pace delle opere in prosa si trasforma, nelle
tragedie, nella guerra, presente ancora una volta sia a livello politico
(guerra civile o tra popoli), sia a livello personale (guerra con sé stessi). Nellottavo
capitolo Mazzoli dimostra che lHercules
Oetaeus è unimitatio Senecae imperfetta,
giacché utilizza le categorie drammaturgiche di error e culpa in maniera
incoerente rispetto al sistema tragico edificato dal filosofo. Lultimo scritto
della prima parte illustra il concetto di sacrum
della filosofia senecana e il suo degenerare in scelus nelle tragedie che si confermano regno del chaos e di rituali nefasti.
Nella seconda parte,
articolata in quattro capitoli, si legge unindagine approfondita dei moduli
strutturali dei drammi (prologhi, epiloghi, cori, ruoli dei personaggi). Lampia
sezione centrale approfondisce ciascuna tragedia, escluso lHercules Oetaeus. Analisi strutturali,
lessicali, tematiche e metriche da cui si ricavano dati probanti per tracciare
una preziosa cronologia delle tragedie: dalla «prima maniera ad andamento
lineare ed aperto» (Troades, Oedipus, Phaedra), passando per lesperimento incompiuto ma significativo delle
Phoenissae, arrivando infine a una
maniera «più matura, a strutturazione circolare, governata dal principio della
simmetria speculare» (Agamemnon, Hercules furens, Medea, Thyestes) (p.
266).
Tra i dieci
capitoli della terza parte si segnala il contributo inedito sullAgamemnon, in cui si riconsidera il dibattito
sullarchetipo eschileo dimostrando quanto questo abbia influito su Seneca. Il
cap. 10 è dedicato allanalisi di alcuni luoghi critici puntuali (Ag. vv. 13, 457, 898), nonché alla
disamina di due “nomi parlanti” che costituisce un piccolo sondaggio sulla
densità semantica della scrittura senecana: Eurybates
(in Ag. v. 391) e Taurus (in Phaedr. vv. 168, 382, 906).
La quarta parte riguarda
due esempi di ricezione di Seneca filosofo e drammaturgo tra il IV e il VI
secolo. Si parla dellIn Rufinum di Claudio Claudiano, il cui proemio
recupera il terzo coro della Phaedra;
nonché della Consolatio philosophiae
di Boezio, dove si riscontrano
influenze della Phaedra, dellHercules furens e dellHercules Oetaeus.
La quinta e ultima
parte registra due capitoli: nel primo si torna sul leitmotiv di tutto il volume:
il termine chaos indagato nelle sue molteplici
ricorrenze, accezioni e funzioni di lessema tragico, senza trascurare il suo significato
nella dottrina stoica. Nel secondo si propone un sondaggio sullimagery teatrale senecana, per capire
come venga concepito filosoficamente quel nefas
che diventerà more tragico.
di Arianna Capirossi
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