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Alberto Basso

L’Eridano e la Dora festeggianti. La musica e gli spettacoli nella Torino di Antico Regime


Lucca, Lim, 2016, 2 voll., XXIV-X-1250 pp., euro 100,00
ISBN 9788870967999

Dopo almeno un quinquennio di movimentata gestazione esce alle stampe, nella lussuosa edizione Lim, l’opera in due volumi che Alberto Basso dedica alla produzione musicale e spettacolare dello stato dei Savoia dalle sue origini (XIII secolo) all’occupazione francese (1799). Un lavoro imponente frutto di un progetto ambizioso e di quasi mezzo secolo di infaticabile e generosa ricerca. Circa milletrecento pagine di intelligenza critica e di ricostruzione storica con un occhio privilegiato alla musica ma senza trascurare le altre forme dello spettacolo, mettendo a partito molteplici saperi e competenze in nome di quella «interdisciplinarietà» da cui «troppo spesso la musicologia tende a prendere le distanze» (p. XXIII).

La vicenda musicale della civiltà subalpina d’Antico Regime è un capitolo quantomeno trascurato dalla storiografia. A fronte di una tradizione vocale e strumentale ricchissima, la scarsa consistenza della musica sopravvissuta nel territorio sabaudo deriva dalla poca attenzione delle istituzioni e del collezionismo locali alla sua trasmissione. Prezioso, dunque, questo lavoro di ricognizione di partiture, libretti d’opera, raccolte a stampa di musiche, documenti vari condotto non solo negli archivi torinesi, ma in altre biblioteche nazionali ed europee, in particolare alla British Library di Londra e alla Bibliothèque Municipale di Lione. Indagini di prima mano che incrociano fonti plurime: lettere, atti notarili, patenti di nomina, decreti, regolamenti, libri di conti, relazioni. Ne vien fuori un affresco che spazia dalle feste di corte all’allestimento di melodrammi al Regio Teatro, dalle stagioni comiche e operistiche del Teatro del Principe di Carignano all’attività musicale nelle cappelle e presso le istituzioni religiose.

Il volume si articola in diciotto capitoli. Nel primo si ripercorre la storia della Cappella del Duomo dalle origini alto-medievali al 1713, anno del passaggio del Ducato in Regno. I successivi cinque capitoli sono riservati alla spettacolarità di corte. Pagine pregevoli, fitte di documenti, dedicate alle musiche composte per festeggiamenti nuziali; ai caroselli allestiti per battesimi principeschi o in onore delle visite di ambasciatori; alle danze, ai tornei e alle giostre realizzati in occasione dell’ingresso di grandi personalità nei più importanti centri del Ducato e nel capoluogo. Intorno ai Savoia, attivi committenti di musica e di teatro, prende vita tra Quattro e Cinquecento una costellazione di spettacoli che variano in ordine alle mode: balli, intermedi, madrigali, tragedie, tragicommedie, commedie, favole pastorali, drammi sacri. Il ballet de cour, nelle sue svariate articolazioni, è il genere elettivo d’età barocca, mentre già agli inizi del Seicento, con l’Orfeo di Striggio-Monteverdi, si affaccia il melodramma.

Ben presto a Torino come altrove l’opera prende il sopravvento, conoscendo una fervida stagione negli anni 1663-1684 movimentati dal soggiorno piemontese di Alessandro Stradella (cap. VII). Una vita spettacolare vivace che si intensifica intorno alla figura di Vittorio Amedeo II (1684-1730), munifico protettore delle arti capace di attrarre nella sua orbita insigni professionisti del teatro e della musica (capp. VIII e IX).

Nei capitoli successivi si affrontano altri temi: l’attività dei maestri della Regia Cappella negli anni 1714-1798, da Andrea Stefano Fiorè ai successori Giovanni Antonio e Francesco Severo Giaj padre e figlio (cap. X); la musica strumentale a corte (cap. XI); le vicende artistiche di Jean-Pierre Guignon, dei fratelli Canavasso e di altri musicisti torinesi a Lione e a Parigi nel Settecento (cap. XII); le stagioni del Regio Teatro dal 1740 al 1799 (cap. XIII); la spettacolarità multiforme di un teatro d’eccezione, quello del principe di Carignano, inaugurato nel 1711 e affidato alla gestione impresariale (cap. XIV).

Al «maggiore dei compositori torinesi d’ogni tempo», Gaetano Pugnani, è dedicato il quindicesimo capitolo. Nel sedicesimo ci si occupa delle “feste dinastiche” della seconda metà del Settecento: a partire dal matrimonio del futuro sovrano Vittorio Amedeo III con l’Infanta Maria Antonia Ferdinanda di Borbone-Spagna (1750) fino ad arrivare agli ultimi grandi festeggiamenti di casa Savoia, quelli nuziali di Vittorio Emanuele e Maria Teresa d’Austria (1789).

I due capitoli finali si muovono l’uno Ai margini delle grandi istituzioni, passando in rassegna le cerimonie e le musiche censite nelle numerose chiese della città o presso i cenacoli e le abitazioni private; l’altro nella cappella della Cattedrale, ripercorrendo l’attività dei maestri di musica che l’hanno diretta tra il 1714 e il 1798.

La trattazione è arricchita da ampi stralci documentali (lettere dedicatorie e avvertenze librettistiche, tabelle cronologiche, repertori e altri strumenti di lavoro) che Basso sceglie di inserire nel testo. Forse sarebbe stato più efficace organizzarli in specifici apparati per facilitarne la consultazione.

Da segnalare, impresa nell’impresa, il ponderoso corredo iconografico: settecentoventi immagini, digitalizzate su cd e fornite di puntuali didascalie, che riproducono quasi tutti i frontespizi originali delle raccolte musicali a stampa citate (e altro ancora).

Rendono fruibile questa miniera di dati e di fonti gli Indici: dei nomi, dei titoli (con l’indicazione degli autori del testo e della musica e l’anno di esecuzione), dei balli (con il riferimento al dramma per musica o al dramma giocoso in cui questi sono inseriti) e delle figure. 



di Gianluca Stefani


La copertina

cast indice del volume


 



 
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