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Daniela Calanca

Moda e immaginari sociali in età contemporanea


Milano, Bruno Mondadori, 2016, 130 pp., euro 16,00
ISBN 9788867741519

Il “Sistema della Moda” (Barthes) e le sue manifestazioni sono da sempre legate ai contesti sociali in cui si sviluppano, riflettendone gli orientamenti psicologici e le ideologie.

Da anni interessata al rapporto tra storia sociale e moda, Daniela Calanca – docente di Storia della società contemporanea dell’Università di Bologna – approfondisce le intersezioni tra la storia della moda italiana e gli “immaginari sociali” (così Charles Taylor) dall’Unità alla seconda guerra mondiale. Un’indagine sulle cosiddette “pratiche di moda” che hanno incarnato lo spirito di un’epoca in continua trasformazione, facendosi interpreti della costruzione identitaria del nostro paese.

Nel primo capitolo, si mette in luce come la moda tra Otto e Novecento sia stata condizionata dalle ideologie patriottiche e dalla “mitologia nazionale”, nell’ambito di una diffusa industrializzazione e dell’affermarsi della società di massa. Già in Mazzini e poi in Gentile la ricerca di un’identità nazionale si collegava alla definizione di una moda italiana capace di affrancarsi da quelle estere, soprattutto provenienti dalla Francia.

Nel secondo capitolo, si analizzano i punti di contatto tra scelte produttive e strategie commerciali, nonché la progressiva definizione di una moda di genere maturata in contesti associazionistici a partire dal primo decennio del Novecento.

Alla gestione legislativa dell’industria dell’abbigliamento sotto il fascismo è dedicato il terzo capitolo, mentre il quarto e ultimo delinea i significati assunti dalla moda nel ventennio. Il controllo e il sostegno della autarchica produzione tessile italiana rientrava nelle attività gestite dal regime mediante un ente centrale che, insieme a una rete di corporazioni particolari, si faceva carico di iniziative promozionali (rassegne, mostre ed esposizioni) dentro e fuori i confini nazionali. I risultati non furono all’altezza delle aspettative, come dimostrano le massicce importazioni di prodotti tessili stranieri ritenuti più vantaggiosi dai venditori e preferiti dai consumatori. 

Il settore della moda conferma una continua oscillazione della politica fascista tra un orientamento nazionalistico, con la definizione di propri caratteri distintivi, e l’apertura verso il mercato estero, che favoriva influenze e ibridazioni stilistiche. Se nel 1940 Italia e Germania stipulavano un accordo che stabiliva la collaborazione fra le rispettive industrie di abbigliamento al fine di contrastare il primato parigino, l’anno dopo, con la partecipazione delle industrie di moda italiane alla Fiera di Lipsia, si ponevano le premesse per un mercato di respiro internazionale. 

Mettendo a partito documenti originali, Calanca sottolinea le contraddizioni e le tensioni ideologiche espresse dalla moda in quel giro d’anni. Si pensi al ruolo delle riviste illustrate e ai nuovi mezzi di comunicazione (la radio, il cinema) nella divulgazione e nella circolazione delle multiformi declinazioni visive della moda, connesse agli immaginari sociali e in continua trasformazione. 

Chiudono il volume una Bibliografia aggiornata e una Appendice dedicata alle Statistiche della moda.


di Eleonora Sforzi


La Copertina

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