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Alexandre Duval

Shakespeare in Love

A cura di Barbara Innocenti

Firenze, Edizioni Clichy, 2016, 221 pp., euro 8,00
ISBN 978-88-6799-330-7

Barbara Innocenti propone un’accurata edizione (con traduzione italiana a fronte) di un testo teatrale francese, datato 1804, che ha per protagonista lo stesso Shakespeare. Lo scrittore vi è rappresentato – sulla scia di molti suoi personaggi – come uomo «barbaro, bizzarro, irregolare, folle, ma nutrito da un affetto amoroso» (p. 22).

Il libro propone per la prima volta, nella sua versione integrale, il manoscritto conservato nella Biblioteca-Archivio della Comédie Française a Parigi e appartenuto al suggeritore della prima rappresentazione. Scrive Marco Lombardi: «molto più del testo a stampa definitivo, dopo i tagli effettuali – dei quali rende conto la curatrice di questo volume – il manoscritto del suggeritore esalta il difficile ruolo […] interpretato dall’osannato attore napoleonico e ci aiuta a immaginare la voce talvolta ruggente di Talma, il suo incedere sul palcoscenico, la terribilità del suo sguardo e del suo volto» (pp. 26-27).

Nel corso del Seicento, Shakespeare era stato «sottoposto dai propri conterranei, “contagiati” dal Canone classico francese, al rigido trattamento del decoro e delle altre norme» (p. 13). Fu quindi bandito per oltre un secolo dalle traduzioni, dalla lettura e dalle scene, sebbene avesse affascinato, con il macabro e la violenza, un bambino destinato a diventare re con il nome di Luigi XIII. L’opera di Duval deve essere considerata un risarcimento letterario e teatrale ascrivibile all’onda culturale romantica.

Nota giustamente Lombardi (p. 23) come la pièce sia un compromesso tra canone classico e canone elisabettiano. È infatti rispettosa delle convenzioni (unità di tempo, di luogo e di azione) e tuttavia dominata dalla passione d’amore che in talune scene pare travolgere il protagonista mentre in altre è una fittizia “recita” dello stesso attore. Siamo quindi nel registro stilistico del “teatro nel teatro”. L’opera interessò Napoleone: l’imperatore volle più volte che fosse rappresentata in sua presenza forse sulla base della suggestione di una patologia erotica e dello spleen. «La malattia inglese, nella sua declinazione di malattia erotica, propagata da Otello, è diventata ormai una moda e insieme un atteggiamento comportamentale, almeno a teatro. Il sombre, l’oscuro, di ispirazione shakespeariana, trova i suoi effetti, con giochi di luce e ombre, sul palcoscenico francese», così ancora Lombardi (p. 25). L’interprete ideale non poteva che essere Talma, già interprete dell’Otello di Ducis: «L’attore sublime e umano a un tempo vi aveva reso l’energia africana del protagonista, l’incanto del suo amore per Héldemone (Desdemona), la sua disperazione espressa anche nei silenzi attraverso la mimica, la gestualità, i movimenti sul palcoscenico» (p. 26).



di Siro Ferrone


La copertina

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