Rappresentato la prima volta
nelle ultime sere del carnevale del 1754 e pubblicato nel secondo tomo delledizione
Pitteri nel 1757, Il festino va
iscritto a pieno titolo nella lista delle opere più significativamente programmatiche
di Carlo Goldoni. Scritto di getto
in appena cinque giorni, esso è un piccolo manifesto di poetica e un raffinato
strumento di difesa e contrattacco nella battaglia contro Pietro Chiari e i suoi agguerriti sostenitori. Vi si trovano
infatti, oltre alla condanna del cicisbeismo, che caratterizza largomento
principale, espliciti riferimenti alla vita teatrale veneziana contemporanea,
particolarmente alle recenti rappresentazioni di testi goldoniani e alla loro
fortuna (Il vecchio bizzarro, La sposa persiana, Luomo sincero, fino allo stesso Festino, alla prima recita del quale, nellultimo atto, dicono di
aver assistito tre personaggi della commedia; cfr. rispettivamente I 5 161-208,
II 12 379-438, III 13 391-396, V 5 61-62). Così, con eleganza e una discreta
dose di mestiere, Goldoni si svincola dai gangli della polemica spicciola e
contrasta i suoi avversari come meglio sa fare, incaricando i personaggi
positivi di perorare la sua difesa (qui affidata alla contessa) e conquistando
il plauso del pubblico con il lavoro.
Le argomentazioni teoriche,
disseminate nella commedia e già espresse sulla scena nel 1754, acquistano
ulteriore spessore nella stampa, messe in parallelo con la dedica al conte
lombardo Pietro Verri, in Arcadia
Midonte Priamideo. Sul ruolo di questultimo come energico sostenitore di
Goldoni si sofferma con cura Roberta
Turchi nellIntroduzione al
volume. La Prefazione al Teatro comico di Philipe Néricault Destouches (tradotto da Vittoria Ottoboni Serbelloni, 1754), il poemetto in versi
martelliani La vera commedia (1755),
i Frammenti morali, scientifici, eruditi
e poetici (1756) sono i luoghi in cui Verri porta il nome di Goldoni
«allapice della Gloria; lavora per [lui] un seggio onorato fra gli accreditati
Scrittori della Commedia, e [gli] corona la fronte col più bel frutto de
[suoi] sudori» (p. 96).
In aperta polemica con il teatro
di Chiari, nei suoi scritti il giovane Verri elogia a più riprese lopera di
Goldoni, celebrandone i meriti comunicativi e la costante attenzione alla reazione
del pubblico, la cura della lingua e del «principio della verosimiglianza» (p.
26), la riflessione sullattualità delle tematiche sociali come fondamento
della missione maieutica del teatro, tutte qualità che fanno di una commedia La vera commedia. Lappassionata crociata
di Verri contro i chiaristi, autori della raccolta modenese Della vera poesia teatrale (1754),
giunge a scomodare Orazio e Diderot: al primo il conte si appella
per sostenere linfluenza del pubblico sulle scelte a cui è chiamato il poeta,
del secondo rilancia il concetto di recitazione “naturale” già espresso nel
lemma déclamation nel quarto volume
dellEncyclopédie e destinato di lì a
poco a confluire nel Paradoxe. In tal
senso la dedica del Festino a Verri
chiude un cerchio intorno al primo quadriennio goldoniano al San Luca, segnato
in partenza dalla famosa polemica con Bettinelli-Medebach e in conclusione dalla
pubblicazione dei primi due tomi delle opere per Pitteri, tutto condito dalle
sempre più feroci “gare teatrali” con Chiari.
Il volume è impreziosito da un
ricco e puntuale commento a cura di Chiara
Biagioli, autrice anche della Nota
sulla fortuna. Dopo il debutto veneziano e prima della sua pubblicazione,
il testo, di cui Goldoni autorizzò solo la stampa per Pitteri, conobbe riprese
«in altre parti […] ed ebbe da per tutto estraordinaria fortuna» (p. 104). Si
conoscono le cinque rappresentazioni a Milano, dove lo vide Pietro Verri,
precedute probabilmente da alcune recite genovesi (secondo il giro che nel 1754
seguì la compagnia). A Torino Il festino fu recitato almeno dalla
compagnia Sacco prima del 1757. Certamente la commedia fu messa in scena alla corte
di Augusto III a Dresda, dove i
coniugi Pietro e Teresa Gandini la portarono in dote
rappresentandola nel febbraio 1756. Nonostante i molteplici riferimenti
allepoca della sua composizione e gli ammiccamenti alle gare con Chiari, la costruzione
agile permise una grande circolazione del testo anche in anni successivi, sia
nella sua forma originale che come dramma giocoso (la riscrittura fu operata da
Goldoni nel 1756 su richiesta dellinfante Filippo
di Borbone), e le sue rappresentazioni si sono moltiplicate con buon esito
fino a tempi recentissimi.
Lorenzo Galletti
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