Il
volume, a cura di Giulia Bordignon,
raccoglie i contributi degli studiosi convenuti al Seminario Pots&Plays promosso dal Centro studi classicA
dellUniversità Iuav di Venezia. I saggi approfondiscono le questioni di metodo
relative allo studio delle raffigurazioni vascolari a soggetto teatrale e
trattano specifici case studies
(Niobe, Laocoonte, Neottolemo/Diomede, Medea, Ione) in rapporto dialettico con
i fondamentali contributi di Oliver
Taplin, studioso insigne in questo ambito di ricerca.
Lo
studio delliconografia vascolare come documento del teatro materiale
(ambientazione scenica, costumi) e degli aspetti performativi (movimenti,
gestualità) è complesso e interdisciplinare. Esso coniuga filologia,
archeologia, storia dellarte antica, letteratura greca, storia del teatro
antico e in generale visual studies.
I saggi raccolti nel volume spaziano e interagiscono in questi diversi e
interrelati campi di indagine.
Il
volume è diviso in tre parti: Questioni
di metodo. Teatro e archeologia: tra
convenzione e innovazione iconografica. Visioni
testuali e versioni figurative: casi di studio. Seguono Ricognizione critica e bibliografia generale.
La
prima parte si apre con un contributo fondamentale di Taplin, About Pots&Plays, accompagnato da un
repertorio iconografico di buona qualità, in cui lo studioso inglese riassume
il suo lavoro (cfr. Pots&Plays: interactions between tragedy and Greek
vase-painting of the fourth century B.C.,
Los Angeles, J. Paul Getty Museum, 2007). Segue il saggio a più mani,
coordinato da Anna Beltrametti, Teatro
attico e iconografia vascolare: appunti per un metodo di lettura e di
interpretazione, focalizzato su alcune questioni nodali circa il
rapporto tra testo teatrale e figurazione vascolare. Si sottolinea la necessità
di un approccio storico alla materia contestualizzando i singoli documenti
vascolari.
Complesso
stabilire se le situazioni e i personaggi raffigurati sui reperti siano riconducibili
al repertorio drammaturgico o se, più genericamente, si riferiscano al
repertorio iconografico del mito di cui la versione teatrale è una variante. Il
riferimento costante è al citato studio di Taplin, in cui sono proposti
possibili signals, ovvero spie di una
connessione della pittura vascolare con la performance
teatrale. Tali indicatori sono: la presenza di elementi di attrezzeria e, più
significativamente, di scenografia teatrale; la personificazione di concetti
astratti che interagiscono con la scena rappresentata; la raffigurazione di personaggi
secondari quali la nutrice e il pedagogo; i nomi inscritti accanto alle figure,
identificabili con il “cast” (personae
dramatis). Accanto a questi signals
si propone un nuovo indicatore: lhapax
dromenon, che classifica «i casi in cui limmagine riporta un particolare
narrativo che solo un tragediografo, a quanto risulta, ha inventato per il suo
dramma. È il caso di Medea che fugge dopo linfanticidio sul carro del Sole
(invenzione drammaturgica euripidea)» (p. 39).
Ci
si chiede poi se il teatro, e in particolare la tragedia, siano fondati
principalmente sullinnovazione degli intrecci del mito, e se viceversa la
ceramica tenda a conservare la tradizione del mito. E ancora: se siano da
includere nel repertorio delle “scene teatrali” anche le raffigurazioni
pittoriche di scene non effettivamente rappresentate, ma narrate, ad esempio,
nella rhesis di un messaggero.
Unaltra
questione riguarda la gestualità e lazione. In alcune rappresentazioni
vascolari sono presenti personaggi nellatto di irrompere in scena, accompagnati
spesso da una gestualità enfatica, oppure intenti a interagire tra loro. I
“superlativi patetici” della gestualità (così Aby Warburg) sono «significativi indizi di scene che, se non sono
immediatamente teatrali, comunque sono rappresentazioni di “mito in azione”»
(p. 44). Si evidenzia, a questo proposito, la necessità di uno «strumento che
ancora non esiste» (p. 50): un catalogo iconografico dei gesti attorici. Ricordiamo
tuttavia larchivio digitale Dionysos,
promosso dal dipartimento SAGAS dellUniversità di Firenze sotto la direzione di
Renzo Guardenti, con oltre ventunomila
immagini e schede catalografiche riferibili al teatro e allo spettacolo,
dallantichità classica alla prima metà del Novecento.
Un
ulteriore nodo di interesse è quello delle “diffrazioni” tra immagine vascolare
e testo teatrale. La pittura vascolare, anche se accostabile a una precisa
scena teatrale, non è mai una “fotografia” della situazione scenica, ma è una
creazione artistica originale. Si pensi ai casi in cui lartista rappresenta sinteticamente
in una sola scena più momenti di un dramma.
Rispetto
agli studi di Taplin, nuova è poi la convinzione che anche limmaginario
collettivo degli intrecci tragici e comici possa aver influenzato i pittori: «la
versione tragica di un mito “fa mito”» (p. 55).
Il
corposo contributo si chiude con una ricognizione dei principali studi sulla
relazione teatro/pittura vascolare, a cominciare da Bild und Lied (1881) di Carl
Robert. Sono catalogati, soprattutto dal punto di vista metodologico, i
contributi che hanno segnato levoluzione della disciplina, tra cui: Greek Tragedy in the Light of Vase Paintings di John
Homer Huddilston (1898), Études sur
la tragédie grecque dans ses rapports avec la céramique grecque di Louis Séchan (1926), Illustrations of Greek Drama di Thomas Webster (1935), Rhesus between Dream and Death: On the
Relation of Image to Literature in Apulian Vase-Painting di Luca Giuliani (1996) fino al più volte menzionato Pots & Plays di Taplin.
In
Il dialogo tragico e il ruolo della
gestualità, Giovanni Cerri
sostiene che la tragedia greca è per eccellenza fabula stataria, non fabula
motoria. Attraverso riferimenti puntuali alla Poetica di Aristotele, lo studioso afferma che «il gesto
dellattore deve essere paralogico, nel senso che segue passo passo il
contenuto del λόγος dialogato e si
limita ad attuarne le indicazioni» (p. 93). Cerri individua nelle opere di Eschilo,
Sofocle e Euripide tre tipi di gestualità: una gestualità retorica paraverbale,
una gestualità operativa ipoverbale e una gestualità pratica metaverbale. Un
punto di vista discutibile.
Alessandro
Grilli
(Mito, tragedia e racconto per immagini
nella ceramica greca a soggetto mitologico [V-IV sec. a.C.]: appunti per una
semiotica comparata) sostiene che il legame che unisce tragedia e pittura
vascolare «non passa da una concreta esperienza visiva, ma dalla visualizzazione
mentale di un racconto» (p. 108). La storia mitica è la matrice che genera da
un lato la tragedia, dallaltro il racconto figurativo. Lorganizzazione dei
contenuti del mito tramite la parola privilegia percorsi analitici; al
contrario limmagine è incline allorganizzazione sintetica. I discorsi
costituiscono il nucleo dellazione tragica, mentre sono gli eventi apicali
loggetto privilegiato della narrazione per immagini. Ne deriva che quando
lazione raffigurata è priva di tratti salienti e ridotta al semplice
incontro-dialogo tra personaggi, allora non è azzardato ritenere che quellimmagine
provenga dalla scena.
Nella
seconda parte del volume, Ludovico
Rebaudo (Teatro e innovazione nelle
iconografie vascolari. Qualche riflessione sul Pittore di Konnakis) analizza
le innovazioni iconografiche dettate dalla prassi teatrale sui crateri di
diversi centri della Magna Grecia e della Sicilia, dalla seconda metà del V a tutto
il IV secolo a.C. Sui cosiddetti “vasi comici” i pittori raffigurano gli attori
in azione e mostrano allo spettatore il teatro in quanto tale. Il Pittore di
Konnakis, artigiano tarantino, rappresenta maschere e attori in costume,
esclusivamente comici.
In
Personificazioni di concetti astratti
nelle rappresentazioni teatrali e nelle raffigurazioni vascolari: alcuni esempi,
Giulia Bordignon esamina alcuni esempi di raffigurazioni vascolari, riferibili
al teatro in quanto presentano personificazioni astratte di testi tragici
pervenuti: Bia e Kratos, Thanatos, Lyssa e le Erinni.
La
terza parte registra i saggi: Il tema di
Niobe in lutto di Rebaudo, con una utile appendice in cui sono elencati i
vasi sud-italici con questa iconografia; Il
Laocoonte perduto di Sofocle: una ricostruzione per fragmenta testuali e
iconografici di Monica Centanni,
Chiara Licitra, Marilena Nuzzi, Alessandra
Pedersoli, in cui, sulla base di
fragmenta testuali e fragmenta iconografici, si ipotizza una
ricostruzione del perduto Laocoonte
di Sofocle; Neottolemo o Diomede? Sul
giovane imberbe al fianco di Odisseo nellambasciata a Lemno di Simona Garipoli; Pittura vascolare, mito e teatro: limmagine di Medea tra il VII e il
IV secolo a.C. di Silvia Galasso,
con una galleria iconografica; The
Underworld Painter and the Corinthian adventures of Medeia. An Interpretation
of the Krater in Munich, in cui Rebaudo analizza in modo dettagliato la
complessa iconografia del cratere con le avventure di Medea a Corinto; Il canestro di Ione, la κíστη di Erittonio:
mitografia, drammaturgia e iconografia di un oggetto di Fabio Lo Piparo, curatore anche della Ricognizione critica e bibliografia generale
(pp. 337-383).
Il
volume ha il pregio di proporre diverse metodologie di ricerca. Gli autori
sollevano dubbi e offrono certezze, poche ma ben documentate. Lapparato
iconografico è adeguato e accompagna sempre in modo preciso il testo.
di Diana Perego
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