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L'avventura, a. I, n. 1, gennaio-giugno 2015
International Journal of Italian Film and Media Landscapes

156 pp., euro 30
ISSN 2421 6496

È stato presentato a Firenze, all’Auditorium Stensen, il primo numero della rivista «L’avventura. International Journal of Italian Film and Media Landscapes» edita da il Mulino. Come si legge nell’editoriale, la pubblicazione vuole «colmare l’assenza nel panorama delle riviste di uno strumento di analisi del cinema italiano che sia espressione diretta dell’attività di ricerca promossa dalle università italiane e aperta al dialogo con sguardi che giungono da altri contesti e culture» (p. 3). Forte di un comitato scientifico internazionale di alto livello, la rivista propone, quindi, uno sguardo circoscritto al nostro cinema, multidisciplinare e comparativo, aperto anche a contributi non strettamente afferenti ai film studies. Del direttivo, composto da docenti di diverse università italiane, fanno parte Silvio Alovisio, Lucia Cardone (coordinamento), Mariapia Comand, Gabriele D’Autilia, Mariagrazia Fanchi, Antioco Floris, Cristina Jandelli, Luca Malavasi, Luca Mazzei, Paolo Noto, Leonardo Quaresima (responsabile), Christian Uva.

Apre il primo numero, nella sezione Forme, stili, figure, un ricordo, a cura di Sandra Lischi, di Mario Garriba, regista e stimato studioso recentemente scomparso, spesso ingiustamente dimenticato nel dibattito sul cinema italiano sperimentale degli anni Settanta. Eppure attraverso l’analisi dei suoi film (oggi quasi introvabili) è doveroso non solo rivalutare la sua figura, ma ripensare una stagione di cui i manuali di storia del cinema si sono raramente occupati.

Segue un intervento di Sandro Bernardi sul cinema di Paolo Benvenuti, regista di film storici capace di «non cadere negli stereotipi dell’immaginario» (p. 25). L’ultima pellicola realizzata dall’autore toscano, Puccini e la fanciulla, è uno straordinario esempio di storiografia cinematografica intesa come «messa in scena del documento o, se si preferisce, drammatizzazione della fonte» (p. 26, la definizione è di Michele Guerra), per un risultato che è insieme un saggio di storia imperfetta, una tragedia familiare-popolare e, soprattutto, «un piccolo poema intriso della malinconia romantica» (pp. 39-40).

La sezione Archivio, aperta all’esplorazione di fondi cinematografici e audiovisivi, ospita due saggi. Nel primo, di Marco Cosci, si mette a fuoco l’impiego della musica di Verdi nel cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta con riferimento alla rilettura verdiana del compositore di avanguardia Egisto Macchi: si ricordano in particolare La via del petrolio (1967) di Bernardo Bertolucci e La Villeggiatura (1973) di Marco Leto.

Il contributo di Paola Maganzani si sposta sui primi anni del cinema sonoro e si concentra sulla nascita delle versioni filmiche multilingui divenute presto necessarie per garantire la diffusione delle opere fuori dai confini del paese di produzione. Tale innovazione ha reso labili le nozioni di “originale” e “copia”, di “opera” e “autore”: il caso di Una Notte con Te (1932) di Emmerich W. Emo e Ferruccio Biancini è, a questo riguardo, paradigmatico.

La sezione Differenze è focalizzata sulle questioni di genere e, più in generale, sui processi di formazione e di disgregazione delle identità all’interno dell’immaginario filmico e mediatico del Paese. L’approfondimento di Giulia Fanara è dedicato alle commedie balneari negli anni del boom economico, con particolare riferimento alla rappresentazione della figura femminile. Studiando le incursioni nel genere di registi come Alberto Lattuada, Paolo Pietrangeli o Valerio Zurlini, si attesta la declinazione prevalentemente maschile dello sguardo cinematografico, poi messa in discussione con l’avvento della controcultura.

Originale anche il contributo, in lingua inglese, di Simona Wright, che analizza L’Assedio (1998) di Bernardo Bertolucci in un’ottica di postcolonial theory, con particolare risalto ancora alla figura femminile. Incrociando il concetto di “riterritorializzazione” delineato da Deleuze e Guattari e incrociandolo con gli studi sulla subalternità di Gayatri Chakravorty Spivak, l’autrice individua nel film «un’accurata illustrazione dei meccanismi di controllo del desiderio coloniale, che regna e normalizza l’alterità assorbendola all’interno delle sue pratiche, operazioni e relazioni di potere» (p. 99, mia la traduzione).

La sezione Il racconto contemporaneo registra gli studi dei fenomeni di sviluppo, interconnessione e ibridazione delle narrazioni contemporanee nel cinema, nella serialità televisiva e nei nuovi formati della rete. Dana Renga approfondisce la rappresentazione della mascolinità in Gomorra la serie (2014, in corso) e del concetto di «uomo nel contesto della mafia» (p. 118, mia la traduzione).

Camera offre invece spazio a un ambito di ricerca ancora poco battuto: l’intreccio tra fotografia, cinema e audiovisivi. In questa sezione Francesco Pitassio analizza i manifesti dei film neorealisti, incrociando la storia del cinema con quella della grafica e della pubblicità italiana: una vera e propria cultura visuale neorealista, indifferente al primato del racconto e sensibile alla peculiarità della riproduzione fotografica e allo spessore del reale.

Spettatori infine, si occupa della ricezione cinematografica, sia sul versante del consumo che su quello dell’investimento emotivo e intellettuale. A questo riguardo Massimiliano Cirulli riprende, ampliandola, la correlazione proposta da Anna Lawton fra La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo (1966) e Salvatore Giuliano di Francesco Rosi (1962).

L’impressione finale è che davvero «L’avventura» colmi un vuoto editoriale. Il minimo comun denominatore dell’italianità non pregiudica, ma anzi stimola il ripensamento di un patrimonio storico-cinematografico che ci illudiamo di conoscere bene. Ripensare tale patrimonio alla luce dei nuovi approcci e delle nuove metodologie di ricerca consente di riflettere sulla storia italiana e sulle modalità in cui essa è stata, di volta in volta, raccontata.


di Raffaele Pavoni


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