È una fortuna quando meritevoli
lavori di tesi magistrale, destinati per lo più a rimanere relegati negli
scaffali delle università italiane dietro le normative di embargo, trovano la
giusta luce editoriale mettendosi a disposizione di studiosi o di semplici
curiosi. Siamo perciò grati alla giovane Silvia
Bracca e alla casa editrice ZeL di Treviso per aver pubblicato questo studio
dedicato alle incisioni dei libretti a stampa veneziani tra il 1637 e il 1719: unutile
ricognizione iconografica destinata a rendere un po meno distante dal nostro
“occhio” – e in parte anche dal nostro “orecchio” – lancora sfuggente mondo
dellopera in musica veneziana a pagamento di età barocca. Il volume comprende una parte
saggistica divisa in quattro capitoli e unappendice con il Repertorio dei libretti. Nel primo
capitolo lautrice ripercorre gli esordi del melodramma nel circuito dei teatri
pubblici lagunari in una sintesi un po scolastica, che risente
dellimpostazione del lavoro di origine e nella quale emergono condizionamenti dettati
dai pregiudizi degli osservatori seicenteschi nei confronti della neo-nata
opera in musica (concetti come «la
dozzinalità, la produzione in serie, le tempistiche sempre più strette, i continui
contrattempi portarono il sistema del dramma in musica alla corruzione della
bellezza musicale degli albori, relegando la figura del compositore agli ultimi
gradini della scala sociale teatrale», p. 24, sono ampiamente superati dalla
storiografia). È invece apprezzabile la disanima
del secondo capitolo sui libretti dopera affrontati sotto vari aspetti: dalla
fortuna collezionistica degli opuscoletti in dodicesimo alla loro confezione
editoriale spesso «tirata alla
svelta» (p. 34), dal censimento degli stampatori e dei librai ai topoi letterari e al mito di Venezia elaborati
nelle trame. Con il terzo capitolo la
trattazione entra nel vivo. Bracca affina le sue competenze nellintrodurre il
tema delle antiporte figurate la cui tradizione è inaugurata dal libretto di Semiramide in India uscito dai torchi delleditore
Francesco Miloco nel 1648. Autore
dellantiporta è Giacomo Piccini,
uno dei più prolifici autori di illustrazioni di drammi per musica. Il profilo
suo e quello di altri incisori e “peintre graveurs” coinvolti nelleditoria
musicale veneziana sono approfonditi in singoli paragrafi mediante una
descrizione per exempla. A partire
dalla seconda metà degli anni Settanta del secolo si diradano le firme nelle
tavole incisorie e diminuisce la qualità delle illustrazioni. Si passa gradualmente
dallantiporta “allegorica” allantiporta “scenografica”, la quale riproduce in
piccolo – in modo più o meno fedele – gli allestimenti dei drammi di
riferimento (evidentemente a scopo pubblicitario). Il concetto di antiporta
“scenografica” introduce il passaggio dalla pagina alla scena (e viceversa). Nel
quarto e ultimo capitolo le illustrazioni dei libretti sono ricondotte alla
loro traduzione pratica. La breve storia della scenografia veneziana tracciata
da Bracca si sofferma su personalità ampiamente note come Giacomo Torelli, Giovanni
Burnacini e Giambattista Lambranzi,
a fianco di professionisti le cui attività ancora in parte sfuggono: Francesco Santurini detto il Baviera, i
Mauro, Tommaso Giusti, i fratelli Bezzi
e altri macchinisti e pittori di scena minori che orbitarono nel circuito
commerciale dei teatri veneziani nellultimo scorcio del secolo. La
ricognizione dellopera di tali scenografi mediante lesame minuzioso delle
antiporte – intese come documenti per ricostruire gli allestimenti scenici – è
debitrice anzitutto degli studi di Cesare
Molinari, Per Bjurström, Elena Povoledo, Ludovico Zorzi, Maria Teresa Muraro e Mercedes Viale Ferrero. Il repertorio conclusivo (pp.
249-312) registra centonovanta libretti dotati di antiporta o di frontespizio
istoriato censiti tra la collezione Corniani Algarotti della biblioteca
Braidense di Milano, i fondi Groppo e Zeno della biblioteca Marciana di
Venezia, lIstituto germanico di Roma, la sezione melodrammatica della
biblioteca Estense di Modena, la collezione Rolandi della Fondazione Giorgio
Cini e la raccolta alla University of California di Los Angeles. Una
catalogazione meritoria, tanto più per lo sforzo di ricollocazione delle
singole tavole illustrate nei libretti originari soggetti a svariate
manipolazioni nel corso del tempo da parte dei collezionisti. Segue lapparato delle note (pp.
313-389), in linea di massima accurate ed esaurienti (ma non è pensabile
parlare di scena rinascimentale e di intermezzi fiorentini senza fare
riferimento agli studi di Sara Mamone
e accennando appena al Teatro e la città di
Zorzi). In chiusura si segnalano gli Indici
dei nomi e delle opere, mentre manca, e ce ne dispiace, la bibliografia. Il
volume, riccamente illustrato, è ben confezionato, anche se una revisione in
più non avrebbe guastato (e.g. lo studioso Giazotto
che diventa sistematicamente Giazzotto; il formato dei libretti “in dodicesimi”
anziché in dodicesimo; e così via).
di Gianluca Stefani
|
|