Il secondo numero
di «Theatre Research International» per il 2015 è dedicato, come esplicita
leditoriale di Charlotte M. Canning (pp.
137-139), alle Theatres Itinerant
Routes/Roots e riunisce quattro saggi eterogenei per argomento, ambito
geografico e metodologia. La loro compresenza testimonia quanto il teatro sia
legato a doppio filo al cambiamento e al movimento di persone e di idee
attraverso itinerari spazio-temporali non sempre immediatamente riconoscibili.
Nic Leonhardt (“From
the Land of the White Elephant through the Gay Cities of Europe and America”:
Re-routing the World Tour of the Boosra Mahin Siamese Theatre Troupe (1900),
pp. 140-155), indagando la recente performance Nijinsky Siam (2010) del coreografo tedesco Pichet Klunchun, ispirata alle fotografie de La danse siamoise (1910) del ballerino russo Vaslav Nijinsky, individua la fonte indiretta dei costumi e dei
movimenti di danza tailandesi in una fortunata quanto poco conosciuta tournée della
Boosra Mahin Troupe (1900). Trenta
tappe nelle principali capitali mondiali – da Bangkok a Singapore, Parigi,
Vienna, Berlino e San Pietroburgo – che vengono rivisitate attraverso i
giornali dellepoca.
Il saggio di Yonghee Lee, Theatre for the Less Oppressed than I: Reconsidering Augusto Boals Concept
of Spect-actor (pp. 156-169), è basato su una personale esperienza di workshop
con il regista e pedagogo brasiliano Augusto
Boal, fondatore del Teatro delloppresso (TO). Tra i concetti coniati da
Boal cè anche quello di «Spect-actor», che prevede il coinvolgimento attivo
dello spettatore. Proprio su questo concetto si concentrano le riflessioni di
Lee, in unottica autoetnografica. In particolare, lautrice si interroga
sullefficacia di un processo che, nella pratica, non è in grado di accogliere
e armonizzare differenti linguaggi e identità. Ciò che viene messo in
discussione non è, dunque, il principio su cui si basa il TO quanto la sua
capacità di agire a livello sovranazionale.
Anche lintervento
di Margaret Ames, Dancing Place/Disability (pp. 170-185),
è riferito a unesperienza autobiografica legata al suo ruolo di
direttore/produttore della Cyrff Ystwyth Dance Company dellUniversità di
Aberystwyth. Una compagnia di ballerini, disabili e non, impegnata nella
riscoperta delle tradizioni rurali gallesi. Concentrandosi su Capel: The lights are on (2012), una
creazione pensata appositamente per la compagnia da Adrian Jones, Ames indaga il concetto di “immobilità” e la reciproca relazione tra spazio, dislocazione
e vulnerabilità. Un modo per analizzare, attraverso la pratica, il rapporto tra
performance e disabilità per arrivare alla definizione di una nuova teoria e
alle sue possibilità di applicazione.
Con un notevole
salto storico, lo studio di Safi Mahmoud
Mahfouz, Carnivalesque Homoeroticism
in Medieval Decadent Cairo: Ibn Dāniyāls “The Love-Stricken One and the Lost
One Who Inspired Passion” (pp. 186-200), affronta un tema sostanzialmente inedito:
quello delle parodie omoerotiche nello spettacolo medievale egiziano. Al centro
della ricerca il Teatro delle ombre di Ibn
Dāniyāl, medico e drammaturgo del XIII secolo. Giustamente ricontestualizzate,
le sue commedie vengono lette come risposta satirica alle campagne contro la
corruzione e il vizio condotte dal sultano Baybars al-Bunduqdārī dopo la
caduta del califfato islamico, nel 1258.
A conclusione, due
utili strumenti di lavoro: Book Reviews
(pp. 201-226), con le recensioni dei principali studi in lingua inglese di
argomento teatrale, e Book Received
(pp. 227-230), con le segnalazioni delle ultime pubblicazioni di area
anglosassone.
di Lorena Vallieri
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