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Bibliografia degli scritti di Giovanni Morelli

A cura di Paolo Pinamonti
con un ricordo di Mario Messinis

Firenze, Olschki, 2015, 70 pp., 20 euro
ISBN 978-88-222-6404-6

Uno degli impegni assunti dagli amici e dai colleghi di Giovanni Morelli, musicologo e docente dell’Università veneziana di Ca’ Foscari, scomparso nel 2011 (leggi qui), riguardava il recupero della bibliografia dei suoi numerosi scritti, molti dei quali inseriti in opere di vario genere e collegati a occasioni di studio, a lezioni, a colloqui. Il volume appena edito ne censisce, almeno finora, ben quattrocentotrentaquattro: così suggerisce Paolo Pinamonti nel titolo della sua premessa Giovanni Morelli da 1 a 434 (per ora), che declina i retroscena di una indagine ampia e sicuramente difficile. In appendice al volume si legge un testo caloroso del maestro Mario Messinis, Giovanni Morelli. Ricordi e pensieri, che svela alcuni tratti peculiari della sua personalità.

L’elenco bibliografico è organizzato in ordine cronologico, una disposizione anomala rispetto all’inclinazione metodologica di Morelli, disposta a favorire i contesti spazio-temporali che hanno  generato gli avvenimenti «storici» e le singolarità «private» dei protagonisti, ovvero, le loro patologie. Emerge già nelle intenzioni dell’impresa classificatoria la consapevolezza di quanto sarebbe stato improprio definire una matrice unitaria degli interessi morelliani, seppure  l’elenco non rinunci a suggerire una «ripartizione sistematica», in grado di evidenziare una probabile mappa di riferimento. Lo schema prevede, pertanto: scritti dei quali non si è potuto rilevare la destinazione; le collaborazioni con altri autori; le recensioni; i testi relativi alle curatele, alcune firmate insieme con altri studiosi; le edizioni di libretti d’opera; le proposte discografiche e multimediali; e altro ancora. Si sa, poi, che alla mano prodigiosa e generosa di Giovanni Morelli si devono apporti critici non firmati, o mimetizzati sotto nomi di figure inesistenti (talvolta inventate dallo stesso studioso), oppure perfezionamenti di saggi scritti da autori affaticati o distratti e, non ultimo, revisioni sostanziali di repertori, elenchi, cataloghi, partiture e bozze di stampa.

Un primo contributo appare nel 1966 e riguarda la preparazione, insieme al padre Angelo, della quinta edizione di Anatomia per artisti, edito dalla casa Lega di Faenza: si tratta di un volume che ha avuto e continua a avere un’ampia diffusione e che Morelli ha curato da solo a partire dalla decima edizione, nel 2001. Nello stesso anno scrive e disegna il fumetto Il fabbro amoroso (Bologna, Sampietro editore); la passione per le strisce si concretizza, l’anno successivo, nell’attenta traduzione di Così fan tutti ovvero l’idea fissa del disegnatore George Wolinski. Quello del disegno parlante, alla maniera delle bandes dessinée, è un passaggio distintivo nell’attenzione che lo studioso ha per l’immagine commentata, o meglio per un’elaborazione anarchica di una visione della realtà a tutto campo, filtrata dall’estrosità e descritta da uno speculare superamento del nonsense. Lo ha dimostrato, nel maggio 2014, la sorprendente mostra Un cielo nascosto, curata da Maria Ida Biggi insieme con Margot Galante Garrone, che ha fatto conoscere una selezione di disegni realizzati dal musicologo dal 1964 al 1968 e fino ad allora del tutto sconosciuti.

Scorrendo la lista dei riferimenti annuali si scoprono le collaborazioni di Morelli a periodici importanti, quali la «Rivista Italiana di Musicologia» (dal 1975) e «Sipario» (dal 1976 al 1979, in veste di recensore); inoltre, emergono i contatti con le istituzioni culturali nazionali e veneziane, dalla Biennale Musica (cfr., ad esempio, la cura del catalogo Mitologie. Convivenze di musica e mitologia nel 1979) al Teatro La Fenice (in veste di ideatore d’occasioni innovative) e al nascente Istituto per la musica della Fondazione Giorgio Cini, fondato da lui stesso nel 1985. Con il trascorrere degli anni i contributi morelliani s’intensificano, in concomitanza con il suo impegno universitario (sono davvero interessanti sul piano didattico le sue sintesi tematiche di storia della musica: cfr. Il teatro per musica, in Manuale di letteratura italiana, voll. III e IV, Torino, Bollati Boringhieri, 1995-1996; oppure il quadro dell’attività musicale in area lagunare nella monumentale Storia di Venezia dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana) e con l’intenso lavoro avviato nelle stanze dell’isola di San Giorgio, sede della Cini. 

Una foto di Giovanni Morelli in Campo Santa Margherita.
Una foto di Giovanni Morelli in Campo Santa Margherita

Nel 1984 lo studioso lancia l’«impressionante» progetto della «Drammaturgia Musicale Veneta», che ristampa partiture in facsimile dell’opera veneziana dal 1640 al 1800; nello stesso anno è condirettore, insieme a Mario Messinis, della collana di testi musicologici Drammaturgia della casa editrice Marsilio di Venezia. L’attività di ricerca e di sostegno investe fortemente il versante della musica contemporanea, un filone che con il passare del tempo diviene un impegno convinto che, a partire dal teatro musicale novecentesco, svela i laboratori segreti di artisti di rilievo: così accade con l’esame delle carte manoscritte di Arrigo Boito, il riordino dei materiali di Gian Francesco Malipiero, la documentazione su Alfredo Casella, la valorizzazione della musica di Nino Rota. L’infaticabile lavoro di Morelli approda alle rive della musica elettronica e si immerge nell’arte di compositori viventi, da Luigi Nono a Luciano Berio, da John Cage a Virgil Thomson, in veste di compositore delle opere di Gertrude Stein, la cui scrittura è amata da Morelli: Very well Saints. A sum of deconstructions (Firenze, Olschki, 2000) è un volume tanto sorprendente, quanto innovativo sul terreno dello svelamento dei procedimenti artistici. 

Non si possono tralasciare neppure i suoi libri-manifesto, quelli che hanno messo in crisi i suoi lettori, posti di fronte a una lingua strutturata in base al contenuto e alla rotazione totale dello sguardo critico. Il morbo di Rameau (Bologna, il Mulino, 1989) è un romanzo sulla critica musicale: nella saletta degli scacchi del Café de la Régence a Parigi, gli incontri di due «perdigiorno», Jean-François e Pierre-Louis, nipoti rispettivamente degli illustri zii Jean-Philippe Rameau e Louis Fuzelier, finiscono per avvicinarsi alla comprensione dell’essenza del «giusto silenzio», quello che fa zittire i giocatori mentre sono intenti a studiare le mosse sulla scacchiera, «un manto che accomuna due modalità […] “d’accecamento”» (scrive Morelli a p. 144).

Nel 1998 appare un altro volume dal deciso spessore teorico; si tratta de Il paradosso del farmacista. Il Metastasio nella morsa del tranquillante (Venezia, Marsilio), in cui si va oltre la materia metastasiana per attraversare con incredibile competenza le matrici segrete dell’Illuminismo. Si avverte pienamente quanto Morelli abbia una propensione filosofica e ideale per l’età dei lumi e un’adesione compiuta alla visionarietà utopistica di Denis Diderot, all’eclettismo culturale settecentesco e all’enciclopedismo utile, quello che sulla pagina si traduce in uno sguardo indagatore, nel tentativo di approdare a una diagnosi convinta, sebbene riconosciuta instabile, perché soggetta a continue metamorfosi, al pari dell’esistenza, ma necessaria per dare senso alla contemporaneità.

Non a caso, l’ultima fase documentata della scrittura interpretativa di Giovanni Morelli investe il nesso fra l’ascolto e l’immagine, dedicandosi progressivamente al procedimento d’intersecazione creativa fra la musica e il cinema, o meglio fra l’azione di alcuni registi e il loro rapporto con i musicisti, o con le «musiche già fatte», come indica lo stesso studioso in una scheda dedicata al film Passion (1982) di Jean-Luc Godard. A tale interesse si collegano, oltre a vari saggi, la creazione di due speciali e ambiziose riviste: «AAM.Tac. Arts and Artifacts in Movie / Technology, Aesthetics, Comunication. An International Journal» e «AAA.TAC. Acoustical Arts and Artifacts / Technology, Aesthetics, Comunication. An International Journal», entrambe edite dall’editore Fabrizio Serra di Pisa dal 2004. È una passione testimoniata con acume dall’ultimo suo libro, Prima la musica poi il cinema. Quasi una sonata: Bresson, Kubrick, Fellini, Gaál. Saggi (Venezia, Marsilio, 2011).

La Bibliografia degli scritti è utile anche per chi non ha potuto beneficiare del contatto diretto con Giovanni Morelli, perché tenta di delineare i confini cronologici dell’apporto di un artefice della cultura tanto inconsueto quanto proficuo per le possibilità del suo sistema di pensiero al passo con il nostro tempo. 


di Carmelo Alberti


La copertina

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di Giovanni Morelli
 
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