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Lorenzo Mango

L’officina teorica di Edward Gordon Craig

Corazzano, Titivillus Mostre Editoria, 2015, pp. 304, 18 euro


ISBN 978-88-7218-400-4

Un libro può entrare dentro un libro? Forse no, ma come i vecchi modelli delle auto vengono rilanciati da carrozzerie aggiornate e motori potenziati e come di un film datato si propone la versione restaurata e integrata, o, ancora, come le opere d’arte vanno incontro a necessario restauro, ecco che anche l’opera del pensiero (critico) va in incontro alla stessa necessità. Un libro che cerca di entrare dentro un libro può aiutare a rinverdirne il pensiero, fissandolo in precise coordinate storiche e mostrandone la precoce modernità, quella che, magari, al tempo della sua pubblicazione, la mancanza di una giusta distanza prospettica aveva impedito di attribuirgli.

Allora, al di là dell’indiscusso valore scientifico dell’operazione filologica di Lorenzo Mango sulle carte di preparazione di Edward Gordon Craig relative al breve testo pubblicato nel 1905 The art of the Theatre (di cui nel libro vengono riportati quelli che lo studioso napoletano chiama Manoscritto A e Manoscritto B), ciò che al lettore di oggi – al giovane lettore di oggi – appare significativo è lo scavo attento nelle dinamiche storiche e ambientali, nelle esperienze artistiche e personali intercorse nella carriera di uno dei teorici più affascinanti e complessi del teatro moderno. Passaggi, viaggi e residenze fondamentali per la teorizzazione di un pensiero pratico. «È come se Craig pensasse e ripensasse all’interno dello stesso pensiero» (p. 293), avverte l’autore di L’officina teorica di Edward Gordon Craig, e così facendo comincia a spiegare il titolo di questo volume: lavorio, teorizzazione, sperimentazione empirica, osservazione, pratica del teatro fuori dai recinti conosciuti della propria tradizione, instancabile irrequieta curiosità.

1905. Una premessa: la prefazione di Mango ha più il sapore di un post-scritto, di una conclusione, che di una premessa, ma, così maliziosamente posta “pre”, propone e impone (poiché l’ottica è convincente) l’approccio al testo. Considerando il 1905 come plausibile anno di inizio del Novecento – fedele alla sua abitudine di stabilire indicative coordinate cronologiche all’argomento di volta in volta trattato –, l’autore non propone un’ipotesi ma espone una tesi, sicuro di confermarla nel corpo del testo. Insieme a una serie di altri avvenimenti storico-politici, non solo dunque teatrali, il 1905 è l’anno di pubblicazione del pamphlet craighiano di cui questo studio ricostruisce la genesi: un breve testo in cui l’attore-pedagogo inglese espone la sua idea di teatro basato sul moderno concetto di regia. «È in quell’anno, infatti, che la regia – che ha avuto fino ad allora un lungo e complesso fenomeno di gestazione – acquisisce una sua identità specifica, quella che ne farà, a tutti gli effetti, l’elemento che più caratterizza la matrice linguistica del secolo», scrive l’autore (p. 10).

The art of the Theatre è un piccolo opuscolo in forma di dialogo di una cinquantina di pagine nel quale Craig denuncia il valore autoriale della regia: non solo pratica di mestiere ma vera e propria forma d’arte. Craig afferma «in sintesi l’idea che la regia sia una manifestazione artistica e che possa avere una sua propria identità teorica» (p. 11), e in questo sta già tutta la sua modernità.

Continua Mango: «Obiettivo di questo studio è entrare nelle pieghe delle pagine di The art of the Theatre per esaminarne in dettaglio le dinamiche e le enunciazioni teoriche e, al tempo stesso, approfondire tutto il lavoro di genesi che condusse a quel risultato» (p. 11). “L’officina teorica” non è altro che questo: è un ambiente mentale, è un accumulo di esperienze che hanno prodotto pensiero teorico partendo da dati pratici e oggettivi legati al lavoro di scena.

Se il 1905 è subito denunciato come anno cruciale nella vita di Craig, questo studio torna indietro, e di molto. Si fa riferimento alla formazione del giovane figlio d’arte (è figlio della famosa attrice inglese Ellen Terry e allievo prediletto di Henry Irving), si passa poi alle prime regie britanniche di fine Ottocento, fondamentale banco di prova per testare la non compatibilità dell’ambiente teatrale inglese con la personale spinta sperimentale, e si giunge al trasferimento in Germania nel 1903. A contatto con la scena tedesca comincia a delinearsi lo spazio della vera e propria “officina teorica” dell’artista alle soglie della maturità. Il testo di Mango prende quindi in esame gli articoli pubblicati in quegli anni da Craig su riviste e le diverse stesure del libro, per poi spingersi almeno fino al 1907. Si accenna quindi a un altro famoso e contraddittorio assunto legato al nostro regista-scenografo-teorico: la teorizzazione della Ubermarionette. Facendo leva su una bibliografia attenta e aggiornata, e su un serio lavoro d’archivio, l’autore propone spunti di ricerca sufficienti all’impalcatura di un secondo studio, il cui argomento fa perno sulla genesi dell’idea di supermarionetta: sperimentazione pratica poi volutamente mascherata da mistificazioni simbolico-spirituali.

Senza nulla togliere al valore scientifico della ricostruzione filologica, lo studio di Mango è particolarmente accattivante laddove delinea i contorni dell’irrequietezza e della curiosità di Craig. Si fa luce così sugli incontri e gli incroci, le interferenze e gli scontri con grandi personaggi del primo Novecento europeo, alcuni arcinoti, come Reinhardt e Hofmannsthal, Isadora Duncan e Eleonora Duse, altri decisamente meno familiari come il mecenate Kessler, il direttore Brahm o l’architetto belga Henry Van de Velde.

«Prima dei libri, le persone» commenterebbe Cesare Garboli, ed in effetti lo studio di The art of the Theatre pare essere un interessante “pre-testo”. Mango, pagina dopo pagina, non solo entra nel testo di Craig ma lo oltrepassa; più interessato, da contemporaneista, alla pratica scenica, si concentra sulle persone e sui rapporti. Sottolinea dunque la centralità che tutti questi personaggi assunsero nel teatro mentale di Craig: non più considerato un visionario ma un uomo di teatro in anticipo sui propri tempi. 



di Chiara Schepis


La copertina

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