Pubblichiamo qui di seguito la “Premessa" dell'autore.
Esistono importanti trattazioni delle poetiche teatrali in chiave
strettamente drammaturgica e pensiamo in particolare ai saggi di George Steiner (1965) oppure, su un
differente e circoscritto piano speculativo, di Peter Szondi (1962). Ce ne sono altre, ottime, più storiche e meno
letterarie, come gli esaurienti manuali di Marvin
Carlson (1988) o, in Francia, di Marie-Claude
Hubert (1998), che integrano lanalisi della pura teoria del dramma con
unosservazione più teatrologica, interpolando lesposizione del pensiero
occidentale sullo spettacolo con il cospicuo contributo che ad esso è arrivato
dal mondo della scena.
Il nostro volume – pur mantenendo il taglio teatrologico – ha
un intento diverso, proponendosi come un esame della dinamica delle principali teorie estetiche sul teatro, sui generi drammaturgici e su taluni termini di rappresentazione e
di spettacolo, costruendo così un percorso concepito non necessariamente in
ordine cronologico. Anzi, si è cercato il più possibile di evidenziare le
assonanze distanti delle tesi e dei problemi, nonché gli incastri (come i
salti) delle opposizioni o gli intrecci spesso imprevedibili delle piste, nel
tentativo dindividuare delle linee non evolutive, ma per lappunto dinamiche,
allinterno delle categorie di pensiero sul
teatro in Occidente.
Da tempo, infatti, avvertiamo linadeguatezza di una storia
del teatro come narrazione lineare e normata, mentre lo sforzo di comprensione e di analisi
dovrebbe passare oggi sia per un processo revisionistico sia attraverso un
gioco ricompositivo, che sottolineino le anomalie rispetto alle artificiose
suture tramandate dalla tradizione storiografica, attuando in parallelo
capovolgimenti di ottica e chiarificanti rimescolamenti concettuali. Solo così
sembra possibile cogliere il magma instabile della specifica materia storica,
le sue fratture interne, ma anche le occasionali e rivelatrici armonie.
Ciò detto, congedando il saggio e augurandoci di avere evitato gli
schemi che tutto risolvono, ci si pone una domanda di fondo e di peso, che
riporta a una sorta di logica interna forse leggibile nella materia trattata:
la storia del teatro, in Occidente, sino ai nostri giorni, nel suo nocciolo
speculativo, non si configurerà nellinesausta, ma sfrangiata dialettica tra una specie di variabile
romanticismo platonizzante, contraddittoriamente consapevole di tutti i rischi,
ma anche delle straordinarie e diffuse potenzialità di una scena più aperta
alla vita, e un classicismo formalizzante, di ascendenza aristotelica,
accentrato sullidea che il Teatro, in senso alto, combaci con le strutture e
gli stili dellarte di comporre il dramma?