Con il numero del 2015 la
«Rivista Italiana di Musicologia» compie cinquantanni. Lanniversario coincide
con la valutazione positiva da parte dellAgenzia Nazionale di Valutazione del
Sistema Universitario e della Ricerca, che ha recentemente inserito la «Rivista
Italiana di Musicologia» tra i periodici di classe A.
Il nuovo fascicolo è aperto da un
breve editoriale del direttore Claudio
Toscani; seguono otto contributi che coprono un arco cronologico compreso
tra il XVII e il XXI secolo, cui si aggiungono numerose recensioni e schede.
Il primo contributo, a firma di Étienne Darbellay, illustra un
manoscritto adespoto di esercizi di contrappunto nei quali si distinguono le
mani di un allievo e del suo maestro, conservato alla Biblioteca Apostolica
Vaticana (Chigi Q VIII 205-206). Darbellay
– confermando come la grafia del maestro sia di Girolamo Frescobaldi, già
identificata da Claudio Annibaldi (1998) – descrive minuziosamente la fonte,
ricostruendo il dialogo tra docente e allievo (probabilmente Leonardo
Castellani) che si esplica in correzioni e suggerimenti sulla realizzazione di contrappunti
di difficoltà progressiva su un basso dato.
Il saggio di Angela Fiore è incentrato sulla vita musicale nel ricco monastero
delle clarisse di Santa Chiara a Napoli. Lo studio, frutto di ricerche approfondite
negli archivi cittadini, illustra i provvedimenti delle autorità religiose
volti a limitare gli eccessi musicali allinterno del monastero di clausura. Si
descrivono inoltre le occasioni religiose nelle quali la musica era permessa e si
indicano quali fossero gli intrattenimenti concessi alle monache. Il saggio ha
dunque il merito di restituire la sonorità di un ambiente claustrale rilevando,
infine, la partecipazione di musicisti esterni al monastero in occasioni
festive particolari.
Alessandro
Restelli approfondisce
la figura di Pascal Taskin, costruttore settecentesco di strumenti a tastiera,
cembalaro e conservatore degli strumenti musicali della casa reale di Francia, soffermandosi
su una serie di cembali falsificati attribuiti alla dinastia fiamminga
Ruckers/Couchet. Oggetto di indagine sono cinque clavicembali custoditi a
Bruxelles, Lisbona, Edimburgo, Amburgo e Milano, attribuiti a Ruckers/Couchet e
passati per la bottega di Taskin, che potrebbe essere stato lautore (non
necessariamente con intenzioni fraudolente) della falsificazione.
Alla Napoli dellOttocento è
dedicato lo studio di Giorgio Ruberti,
incentrato sulle macrostrutture formali della canzone napoletana. Lo studioso ribadisce
come la forma in strofa e ritornello, seppure in diverse declinazioni, sia una
delle caratteristiche stilistiche più evidenti nel repertorio; è la melodia,
tuttavia, ad assurgere a elemento principale di costruzione e variazione
formale. Lautore indaga, poi, il ruolo del testo letterario nella costruzione
della macrostruttura della canzone napoletana classica e
il rapporto tra questultima e la romanza da salotto.
Giovanni
Salis indaga gli interventi musicali di
Ildebrando Pizzetti nellallestimento curato da Jacques Copeau de La rappresentazione di Santa Uliva per
la prima edizione del Maggio Musicale Fiorentino (1933). Il saggio prende in
considerazione le recensioni della stampa dellepoca, lapporto di Guido M.
Gatti e di Silvio dAmico alla costruzione dello spettacolo e analizza la
collaborazione tra il regista e il compositore attraverso la descrizione della
partitura e del manoscritto di regia, rivelando la complessità del lavoro
drammaturgico.
Il saggio di Nicolò Palazzetti concerne il rapporto tra Béla Bartók e lItalia
negli anni 40 e 50 del Novecento. Prendendo le mosse dalle reazioni provocate
dai primi concerti con musica di Bartók in Italia agli inizi del secolo, lautore
analizza il tentativo del regime fascista di usare Bartók per rivendicare la
propria autonomia artistica dal nazismo; prosegue esaminando la fortunata ricezione
delle sue composizioni nel periodo postbellico e il successivo oblio nella
seconda metà degli anni Cinquanta. Al saggio è allegata la lista delle
esecuzioni di opere di Bartók in Italia tra il 1911 e il 1950.
Angela
Carone propone
lanalisi delle Variazioni intorno
allultima Mazurka di Chopin di Roman Vlad (1964) illustrando come
linteresse per la tecnica della variazione sia stato da lui espresso sotto
forma di numerose composizioni, cicli di lezioni-concerto e trasmissioni
radiofoniche. Lautrice si sofferma sulla struttura delle Variazioni, che prendono avvio da un «magma sonoro» di figure
dodecafoniche, per sfociare in una sintesi del linguaggio pianistico del
Novecento.
Lintervento di Alessandro Turba concerne la figura di
Fedele dAmico e il suo ruolo nella critica italiana del Novecento. Passando in
rassegna i ruoli ricoperti dal musicologo sin dallinizio della carriera, con
riferimento costante agli scritti raccolti in Forma divina (Firenze, Olschki, 2012), Turba approda a
constatazioni sulla fortuna e sullattualità del suo pensiero.
Chiudono la rivista numerose
recensioni e schede descrittive di testi musicologici editi tra il 2010 e il
2014.
di Giulia Giovani
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