Nel centenario della nascita,
Parigi ricorda e festeggia il
polacco Tadeusz Kantor come acquisito
dalla propria cultura, membro di quella diaspora internazionale e apolide che larricchì
di talenti e la rese famosa nel secolo scorso. Oltre che pittore e teatrante, Kantor
fu originale pensatore e scrittore, assiduo nel registrare immagini e forme capaci
di assumere, attraverso la scrittura, anche una spiccata qualità poetica. La
raccolta Ma pauvre chambre de
limagination vale da introduzione, secondo lo stesso autore, ai suoi Écrits, di cui esce il primo dei due
volumi annunciati.
Jean-Pierre Thibaudat presenta il volume minore: «À la première
ou à la troisième personne, Kantor raconte sa relation intense avec ces génies
polonais que furent Bruno Schulz et Stanislaw Witkiewicz, brocarde la
notion de metteur en scène, avance une approche originale de lacteur et parle de
ses spectacles comme des confessions
personnelles» (p. 9), nel presente ricordo di Denis Bablet, studioso e divulgatore del pensiero di Kantor. Le
nuove pubblicazioni offrono loccasione per misurare la distanza dagli ultimi
aggiornamenti critici italiani, risalenti alla traduzione di Il teatro della morte (ciclo allora curato
dal Bablet, 1979) e al cospicuo contributo di Franco Quadri del 1984 (Saggio, Colloquio e Teatrografia). Mentre Radio3
diffondeva nellaprile di questanno il programma in cinque puntate Tadeusz Kantor, veniva annunciato un convegno
di studi a Roma.
Accompagnato dunque dalle
riflessioni inedite dellautore, mi inoltro nel volume (in formato maggiorato) degli
Scritti, dove sfilano – anche grazie
allorganizzazione a posteriori della materia, in vista di unedizione non
realizzata vivente lautore – i momenti di unevoluzione artistica sorprendente
e dove sincontrano concetti ed esperienze ripetuti e appassionatamente
precisati per approssimazioni successive. Il testo appare quasi un unicum, specchio duna vita intera consacrata
alla creazione duno spettacolo unico. Linsieme è inoltre più completo e
articolato, rispetto alla scelta del Bablet.
Nella carriera eclettica, si
susseguono, fra scarti e conferme, i tanti spettacoli che, per fasi e varianti,
confluiscono in un unico evento, continuamente incrementato e approfondito. Torna
lemozione, seppure decantata dal tempo trascorso dalla lettura iniziale, per
un nucleo immaginario, utopico e poetico, di tensione al limite. Unavventura
di trasformazione, mai però confusa per sovrapposizione e spesso sincretica di
ansie e ritrovamenti.
Le epoche diverse, che la
cronologia distingue, ma non isola, partono dal 1938-1939, fecondate dai germi
dal sodalizio intellettuale vivo a Cracovia, nato con Maria Jarema, Angelika
Kraupe, Tadeusz Brzozowski ed Ewa Siedlecka; ispirato ai simbolisti e
in reattivo confronto con le Avanguardie, a partire dallesempio di Duchamp e dalla presenza ispiratrice di
Witkiewicz. Il tutto raccolto nel fervore unitivo di istanze tenaci. Saltando subito
alla fine del libro – attratto dallo spettacolo più noto, La Classe morta – colgo echi partiti dal fondo della vicenda
creativa, per cui, mutata la consapevolezza e la profondità del punto di vista,
le impressioni confluiscono sempre nei risultati delle formule migliori, degli
spettacoli maggiori. Limmagine archetipica della «classe décole», si
rappresenta con unevidenza incancellabile, in una memoria comprensiva di
futuro, presente e passato; centro sorto e fissato nelloriginale «chambre de
limagination» che intitola lautobiografia.
La composizione del volume in
undici parti comporta la ripresa di situazioni, temi e obiettivi a volte segnati
da date condivise, ma con sviluppi di aspetti diversi e integrabili. I primi anni dellartista propongono «les
textes fondamentaux auxquels Kantor se réfère sans cesse et qui contiennent les
seules lignes constantes et intangibles de sa création: la responsabilité du
spectateur, le refus dillustrer un texte préexistant et linscription de son
théâtre dans le monde contemporain» (p. 6).
Con la fondazione del Théâtre indépendant ou clandestin
(1942-1944) si incontrano il Credo di
una fede assoluta nellautonomia del Teatro (p. 21) e i documenti inediti delle
«partiture» di Balladyna (1943) e di Le retour dUlysse (1944), annotati in
vista dellesecuzione. Poi si passa al primo soggiorno parigino ricordato in Carnet de notes (p. 72), donde emerge il
disagio (nel rifiuto) per il realismo socialista. Risalta la partecipazione
alla vita artistica di Parigi e, con lavvento del disgelo, la fondazione del
Cricot 2. Il ritorno a Cracovia, infatti, richiede allautore di precisare fini
e modi del suo teatro-di-attori: «Contrairement à lopinion superficielle qui
attribue au théâtre Cricot des valeurs essentiellements plastiques, cest un
théâtre dacteurs qui, au contact de
lavant-garde des peintres et des poètes, recherchent la possibilité dune
méthode radicalement nouvelle de jeu scénique» (p. 105) a motivazione del Gruppo
eterogeneo, ambizioso duna situazione rinnovata, duna sorta di Arte Totale
(p. 129).
A corredo, il testo riportato a scénario, di La Pieuvre, di Witkiewicz, allestito nel 1956. La Parte IV è
dedicata allArt informel, dove la storicizzazione
delle teorie e dei fenomeni saffida a testi dalla funzione espressiva e in cui
ricorre insistentemente la nozione di hasard.
Non manca la citazione dellArtaud
surrealista (p. 157), ma per rivendicare la distanza da uninterpretazione
superficiale di quellesperienza e riportarla alla sua più oscura, densa
materialità. Limpresa in corso viene esaltata quale vera «grande CONQUISTA»
(in italiano, p. 149).
In allegato, la partition di Le Petit manoir (1961) in cui i personaggi da pantomima, oggetti ricoperti
da sacchi, prefigurano gli imballaggi applicati allallestimento (scenografico,
per Kantor) di Rhinocéros di Ionesco, dello stesso anno. Si tratta
ancora di Emballages, sviluppati per ottenere
«des arrangements qui seraient artificiels, cest-à-dire qui auraient des
chances dêtre autonomes» (p. 189) per giungere al Manifeste del 1964. Lautore specifica levoluzione, dal collage allemballage, lungo il periodo in cui «lon ressent fortement le goût
de ce qui est interdit et le sens de la transgression […]. Tout cela ma permis daller au-délà de la peinture» (p. 194). Le conseguenze operative
più prossime saranno nellidea alchemica di ottenere loro (dellarte) dalla
materia più vile, la gloria dallabiezione, in analogia con lopera di Witold Gombrowicz: «Le phénomène
discuté / balance / entre / EMBALLAGES… EMBALLAGES / léternité / et / la
poubelle» (p. 101).
Il primo happening-cricotage, si svolge a Varsavia nel 1965. I testi
probanti sono redatti come descrizioni dettagliate di azioni, se pure non
vincolanti il senso, le durate, i segni concreti. Sullo sfondo delle Avanguardie storiche, si
conferma la volontà di superarle: «Dans ce moment dynamique, je répète
dynamique, nous avons outrepassé la position du surréalisme, que nous était
naguère si cher» (p. 239). Seguono (Parte VII), Rèduire à zèro, contenente Le
Fou et la Nonne (1963) e Le Théâtre
des événements, segnato dalla rappresentazione di La Poule deau (1967) e che fornisce dettami per la recitazione in Les Méthodes de jeu de lacteur (p. 329).
LÉpoque de limpossible si apre con Manifeste 1970, sullarte illegittima (p. 373) mentre sempre nella contestazione
a oltranza, Kantor delinea un «théâtre impossible», luogo dellimplosione
dellopera darte: «Non pas lœuvre, le produit du processus de création, mais
le processus lui-même» (p. 387). Nel bisogno di varcare la frontiera fra larte
e la vita, Kantor si mostra sulla scena durante lazione, ponendosi anche
spazialmente tra la vita e larte, tra i fatti in corso e la loro esposizione
formale. Sicché anche lo spettatore coinvolto divenga intermediario fra la
scena e la realtà più universale, appunto, della vita.
Il succinto capitolo finale, Vers le théâtre de la mort (evocato in apertura),
fornisce elementi sufficienti a intendere il senso a cui sorienterà in
definitiva la parabola iniziata quarantanni prima. Soltanto manca, promessa nel
prossimo libro, la sfilata in ombra e luce dei profili netti o deturpati di Où sont les neiges dantan (Roma, 1979),
di Wielopole Wielopole (Firenze, 1980)
e delle prove per Aujourdhui cest mon
anniversaire (1990).
di Gianni Poli
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