Da oggi, la bibliografia squarziniana vanta un nuovo, possente, esemplare. Pesa due chili, si chiama Squarzina e Pirandello. Dalla matrice narrativa alla realizzazione scenica, e risolve problemi: soprattutto i problemi di chiunque abbia questioni irrisolte relative agli spettacoli pirandelliani diretti da Luigi Squarzina, ma non solo.
Nel libro di Fabio Nicolosi, infatti, cè tutto, basta dare unocchiata allindice: una Parte Prima nella quale lautore analizza per filo e per segno gli undici allestimenti pirandelliani diretti da Squarzina, dal Ma non è una cosa seria del 1957 (Roma, Eliseo, Compagnia Pagnani-Villi-Ferzetti-Foà) a La vita che ti diedi del 1994 (Milano, Carcano, con Marina Malfatti e Dorotea Aslanidis); una Parte Seconda che raccoglie quasi tutti i principali saggi di Squarzina dedicati al teatro di Pirandello e alla regia; una Parte Terza che riporta le «note di regia» agli spettacoli, trascritte dai programmi di sala; una Parte Quarta con unantologia di recensioni (69 in tutto, firmate, fra gli altri, da Eligio Possenti, Maurizio Scaparro, Roberto De Monticelli, Carlo Terron, Giovanni Mosca, Cesare Garboli, Franco Quadri) e, infine, tre appendici che altro non sono se non una cornucopia dinterviste rilasciate da Squarzina allo stesso Nicolosi, suo affezionato allievo e collaboratore, e di immagini varie (foto di scena, locandine, programmi di sala).
Nel volume, inoltre, che per lautore corona un percorso di ricerca che dura da più di ventanni, sono presenti anche due contributi, uno di Giancarlo Sammartano e uno di Maria Luisa Grilli, che intendono rendere omaggio a «due luoghi» che a Squarzina erano particolarmente cari e familiari: lAccademia Nazionale dArte Drammatica, nella quale si diplomò nel 1945, e lEnciclopedia dello Spettacolo, di cui, nel 1952, fu nominato direttore della sezione dedicata al teatro drammatico.
Da parte di Nicolosi, la scelta di delimitare il proprio ambito di ricerca al rapporto fra Squarzina e Pirandello, il regista-drammaturgo-professore e il professore-drammaturgo-regista, è senzaltro una delle più felici. Perché si tratta di un rapporto, fra due caratteri molto affini, costellato dinsidie e di scoperte, di ostacoli insormontabili e di ritorni di fiamma. Un rapporto destinato a migliorare col passare del tempo, e a diventare, col tempo, sempre più solido, prolifico, profondo, sorprendente. «La magia di questo poeta» – scrive Squarzina nei suoi appunti di regia del Tutto per bene (1988) – è che «alla fine di ogni vicenda il sipario si chiude non soltanto su un capovolgimento totale delle premesse, ma con il personaggio ogni volta sospeso grottescamente sullabisso di un sé che gli è stato reso irriconoscibile dagli altri e che lui deve o respingere o fare suo, ma ignorare non può […]. In poche frasi tutto si ribalta e sembra prendere una forma autentica, definitiva, che subito si rivela ambigua fino allinsondabile del cuore». Nelle sue note di regia cè tutto un cercare di capire e di approfondire, di spossarsi nello scavare e di sorprendersi nello scoprire, tutto un procedere «faticato e sofferto, rotto, singhiozzato; “parlato”, ossia umano per eccellenza» (Silvio DAmico, 1921), che è proprio tipicamente pirandelliano.
Insomma, tanto di cappello a Nicolosi, in particolar modo per lamore verso Squarzina che trabocca da ogni pagina, per il certosino lavoro di ricerca nelle biblioteche e negli archivi, per la trascrizione di appunti di regia straordinari, per la riproposta di saggi squarziniani basilari e mai abbastanza riediti (come, ad esempio, Perché dare Pirandello al Fascismo? o Libertà e limiti della regia o ancora Nascita, apogeo e crisi della regia come istanza totalizzante) e per le interviste di prima mano, davvero preziose e anche divertenti.
di Giulia Tellini
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